Guido Picelli, santo da venerare o uomo affaticato nel fango della storia

di William Gambetta

Giovedì 8 giugno 2023, alle ore 18, al Barrique di Piazzale Picelli (Parma), Aicvas e Centro studi movimenti hanno organizzato la presentazione dell’ultimo libro di Franco Ferrari intitolato Indagine su Picelli (Youcanprint, 2023) e dedicato agli ultimi anni di vita dell’«eroe delle Barricate». Insieme all’autore dialogheranno lo storico Fiorenzo Sicuri, a cui si deve una fondamentale biografia di Picelli edita alcuni anni fa (Il guerriero della rivoluzione, 2010), Alberto Bonora, presidente di Aicvas Parma, e lo storico William Gambetta, curatore di una raccolta di testi di Picelli (La mia divisa. Scritti e discorsi politici, 2021). Di seguito pubblichiamo una recensione di Gambetta al libro di Ferrari [ndr].

Nell’ultimo anno sono stati pubblicati due libri su Guido Picelli, a conferma dell’interesse che questa figura ha suscitato non solo in relazione alla storia del movimento operaio parmense ma anche a quella dell’antifascismo italiano, e non solo. Del resto le giornate dell’agosto 1922 di Parma – con la sua rivolta popolare e la resistenza vittoriosa su una spedizione di migliaia di squadristi giunti da diverse province della Valle padana – diedero fin dall’inizio fama e persino un’aura leggendaria a questo dirigente del sovversivismo operaio. Tuttavia il fatto che la personalità di Picelli sia degna di attenzione e studio non significa automaticamente che le opere che lo riguardino siano altrettanto meritevoli. Sui due volumi usciti, infatti, le nostre considerazioni sono molto diverse.

Il primo, quello del regista Giancarlo Bocchi, Chi ha ucciso Guido Picelli? (IMP, 2023, 155 pp.), è a mio avviso un testo agiografico che ha molto della letteratura e poco della storiografia. Di tutt’altra fattura il secondo di Franco Ferrari, studioso di storia politica e collaboratore di diversi periodici, Indagine su Picelli (Youcanprint, 2023, 236 pp.), si cimenta nella scrupolosa raccolta e analisi di documenti sugli ultimi anni di vita del dirigente comunista.

Tra i due volumi esiste un legame. Ferrari infatti ha iniziato le sue ricerche sulla base delle tesi avanzate da Bocchi in vari articoli pubblicati negli ultimi anni (e ora in questo libro). Picelli, secondo Bocchi, può essere definito «comunista libertario» (p. 51), distante dai più importanti dirigenti del Pci e del Comintern degli anni trenta, e per questo malvisto sia da alcuni vertici dello stalinismo che dall’NKVD, la polizia politica segreta dell’Unione sovietica. Non solo. Secondo Bocchi molte delle fonti documentarie e delle testimonianze che hanno raccontato la morte di Picelli in battaglia devono essere messe in discussione per riproporre l’ipotesi di un’altra morte (per “fuoco amico”?). Quale sia precisamente, lo ammettiamo, non lo abbiamo capito. Nel senso che lo stesso autore ci segnala una serie di “anomalie” che lui ha notato, o meglio di domande sospettose (il libro ne è pieno, quasi fosse una trasmissione alla Voyager sulla presenza extraterrestre al tempo degli egizi) ma non arriva mai a dire esplicitamente che Picelli è stato ucciso da uomini dello stalinismo. Anzi, con nostro stupore, l’autore scrive:

«La vicenda della morte di Picelli farà ancora discutere, ma di una cosa sono certo: non fu ucciso da un comunista, perché né i franchisti né gli stalinisti possono essere considerati tali. Qualunque nome avesse la pallottola che colpì alle spalle Guido Picelli, sicuramente proveniva dall’arma di un seguace di un totalitarismo sanguinario» (p. 15).

Insomma, la domanda del titolo del libro (Chi ha ucciso Guido Picelli?) secondo lo stesso autore non trova risposta e il mistero dovrebbe continuare… Questo volume, in ogni caso, non è solo deludente per le conclusioni cui giunge – e nemmeno, cosa altrettanto grave, per l’uso del tutto personale (e quindi difficilmente verificabile) dei riferimenti archivisti (molti documenti, ad esempio, si trovano in ASB, che immaginiamo sia Archivio Storico Bocchi), ma lo è soprattutto per l’impostazione di fondo del lavoro. Il libro ha un’ipotesi iniziale e sulla base di questa utilizza le fonti che le sembrano utili, non tenendo in considerazione o delegittimando tutte le altre. Un procedimento rovesciato rispetto a qualsiasi metodologia scientifica, compresa quella storiografica, dove è l’analisi critica e il confronto tra fonti diverse (anche contraddittorie) che confermano o smentiscono, in parte o in toto, l’ipotesi iniziale. E infatti Bocchi non ha parole gentili per gli storici che non sposano le sue tesi, “accademici” o “locali” (ma cos’è uno “storico locale”?!), “incapaci” o “ideologici”, “neo-stalinisti” o “post-stalinisti”… Giudizi che azzerano ogni possibilità di confronto tra risultati differenti fondato su fonti verificabili.

Il risultato del libro è dunque il racconto di un eroe senza macchia e senza paura, una figura immacolata, bella e straordinaria, lontana da ogni ideologismo deleterio e straordinariamente vicina a un eroe immaginario. Insomma il Picelli di questo volume è un uomo etereo, lontano dal fango, dal sangue e dal sudore della storia umana. Un Picelli più simile a una delle tante narrazioni santificanti che non alle terrene e tragiche vicende della politica internazionale degli anni venti e trenta del Novecento.

Come dicevamo, proprio da alcuni scritti di Bocchi prendono le mosse le ricerche di Ferrari. E i suoi risultati sono completamente diversi. In Indagine su Picelli l’autore raccoglie tre lunghi saggi già pubblicati on-line e un nuovo studio sull’ultima giornata della vita del dirigente comunista in Spagna, sulla collina di El Matoral, nei pressi di Mirabueno.

Partiamo da quest’ultimo lavoro. Il testo è estremamente prezioso perché, minuzioso, vaglia tutte le testimonianze dirette e indirette, così come i documenti coevi e successivi che raccontano la morte di Picelli, mettendo in evidenza i punti di contatto e le discordanze di quei racconti: dal comunicato ufficiale dell’uccisione stilato da Giuseppe Di Vittorio fino alle testimonianze di vertici e combattenti delle Brigate internazionali, con ruoli e personalità differenti, come Antonio Roasio, Randolfo Pacciardi, Anacleto Boccalatte, Giacomo Calandrone, Luigi Longo, Giorgio Braccialarghe e molti altri. L’autore inoltre analizza i comunicati delle diverse forze militari e politiche del fronte antifascista spagnolo pubblicati sulla stampa spagnola e francese di quelle settimane e le relazioni interne al Comintern sul comportamento di Picelli al fronte. Le sue conclusioni sono banalmente semplici («almeno fino a che non dovessero emergere solide prove contrarie»): la spiegazione più ragionevole e banale è che Picelli «sia morto per colpa di un nemico» al fronte (pp. 48-49).

Un simile lavoro di scavo Ferrari lo compie anche su altre questioni: il rapporto di Picelli con il Partito comunista e il Comintern e quello, più travagliato, con l’NKVD a Mosca. O ancora, altra questione che ha fatto scrivere molto su presunti “misteri”, il suo accostamento (ma già questo termine può risultare fuorviante) a Parigi con il Poum, il Partito operaio di unificazione marxista, di Andreu Nin, e le spiegazioni possibili di questo suo comportamento da parte dei dirigenti comunisti. Anche in questo caso, secondo l’autore, andrebbero escluse ipotesi di «qualche forma di persecuzione o emarginazione» politica di Picelli, una volta recuperato alla disciplina di partito, nel suo ruolo militare all’interno delle Brigate internazionali.

Ferrari, insomma, affronta le vicende più tormentate degli ultimi anni della vita politica e militare di Picelli, tra il 1932 e il 1936, e svolge questa analisi con precisione maniacale, vagliando anche le ipotesi proposte da Bocchi, ma giunge a conclusioni opposte. A mio avviso la ragione di questi diversi risultati è semplice, a differenza del regista l’autore di Indagine su Picelli cerca di collocare la vita del dirigente comunista parmigiano nel difficile e tragico contesto del comunismo novecentesco degli anni trenta, mostrandone le contraddizioni e complessità. Solo così, infatti, è possibile vedere l’immagine affaticata di un uomo reale, seppur coraggioso, seppur idealista, seppur “puro”, nel corso fangoso della storia.

Il libro di Ferrari, infine, ha un altro grande merito: la pubblicazione di una corposa mole documentaria, in gran parte inedita o solo parzialmente edita. Si tratta di un’appendice di 84 relazioni, articoli e rapporti, molti dei quali provenienti dall’Archivio del Comintern di Mosca o da periodici editi in Spagna e Francia, tra i quali anche alcuni articoli di Picelli fino ad oggi sconosciuti. Una raccolta di fonti che da sola vale il volume, così che ciascun lettore possa autonomamente approfondire la vita di questo straordinario dirigente comunista, cresciuto nei borghi di Parma e morto combattendo in terra di Spagna.