Il borseggiatore

di Francesco Antuofermo

Non per mettere in piazza i fatti miei ma devo raccontarvi questa storia. L’altro giorno è arrivata la bolletta del gas di Iren il cui importo mi ha lasciato di sasso: ben 1240 euro di addebito. Se al gas aggiungo poi la bolletta della luce e quella dell’acqua, ne risulta che ho dovuto versare nelle capienti casse della multiutility gran parte del reddito familiare percepito nel mese. Un vero salasso.

Ho provato a sentire amici e conoscenti e mi sono accorto che purtroppo siamo in tanti sulla stessa barca: questa volta però al mal comune non corrisponde neanche un briciolo di felicità. Anzi, il malcontento si è subito trasformato in rabbia e indignazione. Ma se da un solo utente la multiutility di Parma preleva 1240 euro di gas, quanto utile realizza quest’azienda che resta comunque pur sempre a carattere semipubblico? Sono quindi andato a vedere il suo bilancio la cui lettura ha assunto un carattere sorprendente.

Sembra che quello appena trascorso, sia stato per Iren un altro anno d’oro. La brillantezza è confermata anche dalla conquista del Premio Oscar di bilancio 2023, il riconoscimento che premia le aziende più virtuose nei confronti del mercato e dei propri stakeholders, ossia, secondo la definizione del termine che appare su Investopedia, “quella parte di soggetti che hanno un interesse in un’azienda, come i suoi investitori, i dipendenti, i clienti e i fornitori”. Quindi in quanto cliente, sarei anch’io uno dei tanti “stakeholders” che dovrebbe essere felice dell’andamento economico della multiutility.

Ma in realtà, a parte la virtuosità, ciò che ha inciso nella conquista del premio, sono soprattutto i dati di bilancio che ad una prima lettura sembrano tutti entusiasmanti. Ce lo conferma Luca Dal Fabbro, presidente del Gruppo, che ha dichiarato: “Approviamo oggi importanti risultati con l’EBITDA in crescita del 14% e un aumento dell’utile netto del 13%”. Che tradotto in termini assoluti significa un profitto pari a 255 milioni di euro, in crescita del 12,8% rispetto a 226 milioni di euro al 31 dicembre 2022! Una cifra che fa esplodere di soddisfazione il presidente del Gruppo che in un impeto di euforia si lancia persino in disgressioni di economia filosofica e ambientale: “Iren diventa il partner affidabile nella transizione energetica e nella creazione di valore per il territorio e per le comunità nonché per i propri azionisti: i risultati appena approvati ci consentono di proporre un dividendo in forte crescita dell’8% e pari a 11,88 €/azione, con un pay-out del 60%”.

E qui casca l’asino. Capisco subito che pur facendo parte in quanto cliente degli “stakeholders” dell’azienda, non figuro nell’elenco dei destinatari dei brillanti risultati del conto economico. Gli utenti non beneficeranno dell’aumento dell’utile netto: sono solo vacche da mungere. La mia bolletta da 1240 euro si è trasformata in quell’importante ristorno a beneficio degli azionisti del gruppo che festeggiano stappando bottiglie e bevendo fiumi di champagne. Solo loro potranno beneficiarne, ricevendo un dividendo di 11,88 € per ogni azione posseduta.

Sono andato quindi a controllare la bolletta per capire quale strategia ha portato alla creazione di così tanto valore per il territorio e mi sono accorto che la tariffa applicata nel mio contratto da Iren nel 2023 è stata di euro 2.04 al m3. Ho quindi chiesto ad un esperto di Facile Punto It, che mi ha guardato con aria compassionevole. In sostanza il prezzo stabilito all’inizio dell’anno si è rivelato sproporzionato rispetto all’andamento reale del costo dell’energia; e mentre alcuni gestori avevano provveduto ad adeguare le tariffe ai prezzi medi di euro 0.50 al m3, Iren ha lasciato tutto invariato incassando così importanti extraprofitti da destinare alla creazione di valore per i suoi voraci azionisti.

Ho così capito che ormai, come avviene per l’RCA degli autoveicoli, anche per l’energia ogni anno occorre fare il giro dei gestori alla ricerca del miglior trattamento e del prezzo più conveniente. Ma questa consapevolezza non ha evitato l’esplosione di una rabbia latente che covava dall’arrivo della bolletta: ho deciso quindi dopo vent’anni di fedele appartenenza agli “stakeholders” di Iren, di cambiare gestore.

Non l’avessi mai fatto. Sono passate poche settimane e il loro call center ha cominciato a tempestarmi di telefonate: dovevo tornare immediatamente sui miei passi. L’azienda mi offriva un contratto nuovo con l’energia al costo di soli 0.09 euro al m3 oltre a 120 euro di bonus una tantum sulla prossima bolletta. Un’occasione d’oro a loro dire. Ma io terrò duro. Non tornerò dai vampiri dell’energia: avrebbero potuto praticare lo sconto direttamente in bolletta prima della mia disdetta tenuto conto del calo del costo dell’energia, ma non l’hanno fatto. Hanno preferito incassare in silenzio per rendere entusiasmanti le dichiarazioni di bilancio del presidente Dal Fabbro e permettergli la retorica della “creazione di valore per il territorio e per gli azionisti”.

Ma non è tutto. Da questa vicenda ho ricavato una importante verità: i profitti di Iren si riflettono nelle nostre perdite. Tutto quello che per loro è positivo, si traduce per gli utenti in un abbassamento del tenore di vita. La mission della multiutility, che dovrebbe essere la promozione di azioni a tutela degli utenti, è invece completamente sbilanciata verso la creazione di valore per gli azionisti.

Ma questi ditteri dell’energia sono in antitesi anche con ogni ragionevole buon senso della convivenza civile. Se calano i consumi di energia per via di migliori condizioni meteorologiche, circostanza che dovrebbe essere positiva per la comunità, per Iren significa vendere meno energia e quindi realizzare minori profitti; se le famiglie si adoperano per migliorare il risparmio energetico, l’azienda fa meno utili; se cala il prezzo dell’energia, anziché tagliare le tariffe, Iren si ingegna per speculare sulle tariffe; se le famiglie diventano virtuose nella raccolta differenziata, loro anziché proclamare la propria soddisfazione, piangono perché incassano meno dalla tariffa puntuale cui è soggetta la raccolta del rifiuto residuo; se diminuisce il rifiuto residuo gli azionisti, tra i quali figura anche il nostro Comune, invece di lodare i cittadini piangono perché tale virtuosità implica meno combustibile per l’inceneritore e questo significa riduzione dei guadagni.

In altre parole, tutto quello che rappresenta un fattore positivo per la comunità si traduce per Iren in un calo dei ricavi e in un danno per gli azionisti. Quindi, caro Del Fabbro, non venircela a raccontare. La vostra mission non è il bene comune. Il centro della vostra azione è il profitto. La stessa cosa che accade nella sanità quando la salute del paziente anziché essere la priorità diventa il mezzo per arricchire i boiardi del settore. No caro Dal Fabbro. La tua azienda non crea valore. Semplicemente lo preleva dalle nostre tasche, con una fastidiosa e subdola destrezza, peggio di un volgare borseggiatore.