Il Po è in secca: cementificare ancora non è la soluzione. Potere al popolo risponde a Coldiretti

da Potere al popolo – Parma

Che all’inizio di febbraio si vada al lavoro di buon mattino con 10° è senz’altro un’anomalia. A prima vista potrebbe pure risultare piacevole: a nessuno piace sbrinare il parabrezza battendo i denti. Allargando un po’ lo sguardo, però, vengono a galla problemi molto seri.

La notizia di ieri è tutt’altro che rassicurante: la riserva idrica raccolta nei grandi laghi, negli invasi artificiali e nel manto nevoso è in continua diminuzione e a oggi risulta inferiore del 51% rispetto alla media dell’ultimo quindicennio. Gli effetti sul Po sono pesanti: il fiume è in magra con una diminuzione del 25% sulle portate mensili di gennaio.

Forse è arrivato il momento di mettere in fila qualche riflessione:

1) L’attuale modello di sviluppo procede producendo disastri che rischiano di avere contraccolpi molto gravi per le classi popolari (per esempio, la riduzione della resa agricola potrebbe causare un aumento dei prezzi dei beni di prima necessità).

2) In un articolo su parma.repubblica.it leggiamo che la Coldiretti, per rimediare a questa situazione, propone di realizzare una ulteriore rete di invasi: nasce spontaneo il dubbio che l’urgenza di agire venga indirizzata a sostegno di grandi opere come la diga di Armorano, caldeggiata dall’Unione Parmense degli Industriali come prioritaria.

3) La cementificazione e l’impermeabilizzazione dei suoli sono strettamente correlate a questa vicenda (così come lo sono le cause profonde del riscaldamento globale).

Quali conseguenze trarre da questo scenario?

1) Il modello di sviluppo basato sui disastri si è dimostrato incapace di riparare ai danni che ormai quotidianamente produce.

2) Ripensare l’agricoltura locale è condizione necessaria per affrontare simultaneamente le criticità ambientali (cambiamento climatico) e quelle sociali (forti diseguaglianze nella distribuzione dei costi della crisi).

3) Solo un’ecologia popolare che presenti alle classi dirigenti il conto da pagare per la transizione alla sostenibilità saprà impedire l’ennesima politica di greenwashing a favore delle grandi opere.