Resistere per esistere nella Valle del Giordano

di Daniela Monteverdi

Venerdì 18 novembre, all’auditorium di Casa Mattero Bagnaresi, l’incontro con Luisa Morgantini (fondatrice di Assopace Palestina) e con Rashed Khudeiri, palestinese della Valle del Giordano, ha avuto un pubblico numeroso e partecipe. Rashed, con una serenità sorprendente e una precisione scientifica ma appassionata, ci ha raccontato le innumerevoli e insostenibili angherie alle quali sono sottoposti i palestinesi suoi conterranei della parte ovest (West bank) dei territori occupati da Israele, al confine con la Giordania: sottrazione delle risorse idriche, abbattimento di case, confisca del bestiame, interruzione delle comunicazioni, negazione dell’assistenza medica…

È incredibile come questo popolo possa sopravvivere alle continue provocazioni, alle azioni persecutorie, alle violenze volte a scacciarlo dalle proprie terre riducendolo alla sete, alla fame e alla miseria, negandogli di avere un tetto e un’occupazione dignitosa. Ma la forza di questa popolazione è la resistenza non violenta. L’associazione della quale Rashed fa parte si chiama, non a caso, Resistere per Esistere. Un solo esempio, ma eclatante: quando andai al villaggio di Rashed, nel 1996, ci disse che la casa di Abu Sakr, attivista di JVS (Jordan Valley solidarity), era già stata abbattuta e ricostruita 8 volte.

Ieri sera la sua slide diceva che ad oggi sono 32! A volte la casa viene abbattuta nel giorno stesso in cui è stata ricostruita. Ormai, infatti, la loro abilità fa sì che riescano a costruire un piccolo edificio in 24 ore, come il centro civico nel quale si ritrovano e accolgono gli amici.

È impossibile sintetizzare le tante informazioni, ben supportate da dati ufficiali, che Rashed ci ha fornito. Ma tra queste il dato degli insediamenti (che si moltiplicano illegalmente e man mano vengono legalizzati) dovrebbe parlare da sé: i coloni in Cisgiordania sono ormai più di 10.000 e occupano l’83% del territorio e il 95% delle risorse idriche.

Ebbene, proprio questa mattina il presidente Trump ha annunciato che per gli Stati Uniti le colonie israeliane nei Territori Occupati (con la Guerra dei Sei Giorni nel 1967) non sono più illegali, contro tutte le risoluzioni degli organismi internazionali (dei quali lui, come sappiamo, si fa un baffo). Questo avviene dopo che Gerusalemme è stata dichiarata capitale unica dello Stato di Israele, dopo che Israele è diventato stato confessionale ebraico e dopo che le alture del Golan (al confine con la Siria) sono stati dichiarati territorio dello stato Israele (sempre per diritto divino, ovviamente). Fortunatamente, per una volta almeno, l’Europa è rimasta ferma sulle precedenti risoluzioni internazionali.

Rashed Khudeiri parlava arabo ed è stato tradotto in consecutiva da Abed Kisswany, medico residente a Parma da tanti anni, che ci ha anche raccontato alcune sue esperienze personali ed ha aggiunto informazioni sulla diaspora palestinese.

Luisa Morgantini (una lunga storia da sindacalista, da vice-presidente del Parlamento Europeo, da militante per i diritti umani prima in America latina poi in Palestina e ormai palestinese di adozione) ha voluto tra l’altro ribadire che l’accusa di antisemitismo rivolta a coloro che, come Assopace, occupandosi e battendosi per i diritti umani ovunque questi siano violati, cercano di portare all’attenzione pubblica la terribile oppressione alla quale è sottoposto il popolo palestinese, non solo è immeritata e gratuita, ma è spesso in malafede da parte di chi non vuole affrontare seriamente il problema di uno stato che si dichiara (si vuole far credere) democratico, ma lo è solo per una parte dei suoi cittadini e per il resto pratica una severissima apartheid quando non uno spietato tentativo di espulsione dalla propria terra degli abitanti arabi e, a Gaza, la ghettizzazione di un paio di milioni di palestinesi. Si tratta di giustizia e deve valere per tutti.