Picelli: falsa la tesi della pallottola “amica”

di Marco Severo

La morte di Guido Picellli per mano “amica” è «un’accusa che ricorda altre falsificazioni o esagerazioni diffuse in epoca di guerra fredda». Lo scrive Marco Puppini, storico e membro dell’Aicvas, l’Associazione italiana combattenti volontari antifascisti di Spagna, autore del recente volume Garibaldini in Spagna. Storia della XII Brigata Internazionale nella guerra di Spagna (Kappa Vu, 2019). Al momento «si può escludere – si legge nel testo – che la pallottola che uccise Picelli venisse dalle file repubblicane».

Il libro di Puppini – che sarà presentato a Parma il prossimo venerdì 3 gennaio alla Feltrinellli di via Farini, alle 18 – torna sugli antifascisti italiani che combatterono da volontari nella guerra di Spagna, fra il 1936 e il 1938. Prima della seconda guerra mondiale, infatti, prima della Resistenza e prima dei partigiani, vennero loro: uomini che mai avrebbero chinato la testa, operai, artigiani, contadini che in anticipo fiutarono il marcio nella storia del Novecento. Prima della Liberazione, prima del 25 aprile e della Repubblica italiana, dunque, vennero loro: i volontari dell’antifascismo nella guerra di Spagna.

Anno 1936. Quattromila e cinquecento italiani sono pronti, a più riprese e fino al 1938, a oltrepassare i Pirenei. Comunisti, socialisti, anarchici, idealisti. Gente nata con il vento contrario in corpo, la libertà come unico comandamento. Di questi, oltre duemila verranno inquadrati nel battaglione Garibaldi, in seno alla XII Brigata dell’Esercito popolare spagnolo, nel corso della guerra in difesa della Repubblica minacciata dai generali golpisti capeggiati di Francisco Franco. A costoro in particolare, i primi combattenti dell’antifascismo italiano a ispirarsi all’eroe dei due mondi, sono dedicate le 240 pagine di Garibaldini in Spagna. Il libro è il frutto di una lunga ricerca e dello scandaglio di numerosi archivi: da quello dell’Internazionale comunista all’Archivio generale militare di Avila, in Spagna, quest’ultimo contenente carte che riguardano molti aspetti dell’organizzazione delle Brigate internazionali, le formazioni dell’Esercito popolare composte dai cinquantamila volontari provenienti da tutto il mondo.

Marco Puppini affronta la storia della Garibaldi (prima battaglione e poi brigata) e, soprattutto, la sterminata bibliografia esistente sulla guerra di Spagna, forte delle importanti testimonianze e dei materiali inediti rinvenuti in giro per l’Italia e per l’Europa. Molte delle interpretazioni sinora considerate provvisorie, o avversate da alcuni ricercatori, escono rafforzate e finalmente accreditate dalla riflessione storica. «La possibilità di fruire della documentazione nuova o poco sinora utilizzata – scrive Puppini – non necessariamente significa capovolgimento, rovesciamento di punti di vista consolidati […] Io posso dire di avere trovato conferma delle letture proposte da protagonisti e storici che hanno visto quelle vicende con gli occhi delle organizzazioni della sinistra socialista e comunista italiana. Le tesi che tanta storiografia di destra avrebbe voluto trovare nella documentazione del Comintern, tesi che presentavano le Brigate Internazionali come mero strumento della politica sovietica […], escono a mio parere smentite dai nuovi documenti».

Non sostenibile, come detto, secondo Puppini, anche la celeberrima – a Parma – e inossidabile teoria complottista dell’uccisione di Guido Picelli, comandante degli Arditi del popolo durante le Barricate del 1922, il quale sarebbe caduto in Spagna, nei pressi di Mirabueno il 4 gennaio 1937, non perché colpito dal fuoco di una mitraglia franchista ma, al contrario, perché centrato da una pallottola traditrice sparata dalla pistola di un presunto sicario dell’Unione sovietica. «Al momento, pertanto, si può escludere – afferma l’autore del libro – che la pallottola che uccise Picelli venisse dalle file repubblicane, un’accusa che ricorda altre falsificazioni o esagerazioni diffuse in epoca di guerra fredda».