Loro. Intervista impossibile a Guido Picelli

di Vera Marchesi

Dicono che nessuno li aveva mai visti così, in azione, nei giorni che hanno deciso della loro vita. Invitano a venire a teatro per conoscerli da vicino, dicono che sui libri non c’è scritto tutto. Affermano inoltre di aver trovato quest’Italia del 2020 piuttosto distratta e sfiduciata, Parma sempre uguale, salottiera e velleitaria.

Sono loro, i ragazzi degli anni Trenta: i terribili, i ribelli, i poeti e i sognatori. Sono tornati. Guido Picelli, Antonio Cieri, Fortunato Nevicati e tutti gli altri popolani antifascisti di Parma e provincia che in Spagna combatterono il fascismo di Francisco Franco (e di Benito Mussolini e Adolf Hitler), di nuovo parlano, si animano, lottano. Tornano insieme, per un’ora circa, sul palco di “Loro. Vincenti per tutta la vita”, uno spettacolo per burattini e attori tratto dal libro di Marco Severo Vincenti per tutta la vita. Antifascisti parmensi nella guerra di Spagna (Bfs, 2017).

L’idea di Alberto Bonora, presidente di Aicvas Parma – “L’Anpi” della guerra di Spagna -, si è fatta narrazione teatrale grazie alla regia di Patrizio Dall’Argine del Teatro medico ipnotico, in collaborazione con il Centro studi movimenti. La prima dello spettacolo è in calendario presso Europa Teatri sabato 4 gennaio alle 21,15, con replica domenica 5 gennaio, alle ore 16,30.

In esclusiva “Voladora” è riuscita a intervistare proprio Guido Picelli, uno dei protagonisti della rappresentazione, vecchio comandante d’Oltretorrente e di Spagna, comunista inquieto, combattente per una vita. Parla lui a nome di tutti.

Guido Picelli, innanzitutto grazie per aver accettato l’intervista…

Di niente, era un po’ che volevo dire un paio di cosette…

Perdoni la franchezza, Picelli, ma i sovversivi parmensi degli anni Venti e Trenta sono stati raccontati da diversi saggi e persino da un romanzo. C’era proprio bisogno di uno spettacolo teatrale?

Ma, dico, stiamo scherzando!? Si è guardato intorno? Vivete tempi pericolosi, anni di deriva della coscienza storica, la distanza dai grandi drammi del Novecento vi rende inclini all’oblio e il sonno della ragione rischia di generare nuovi mostri del pensiero, se già non li ha generati…

Quindi?

Quindi l’ha ghe mel! C’era bisogno eccome di uno spettacolo teatrale! La memoria è un esercizio costante, non solo un rituale commemorativo.

D’accordo, ma perché proprio il teatro?

George Orwell in Omaggio alla Catalogna afferma che «è difficile essere certi di qualcosa, se non di quello che si è visto con i propri occhi».

Non cominciamo con le citazioni…

Quello che voglio dire è che il teatro, e in questo caso il teatro per burattini e attori,  è un’esperienza emozionale potente e incisiva, che trascende la dimensione intellettuale, parla ad un pubblico vasto e lo fa con la musica, le luci, i silenzi, la fisicità dei personaggi e, mi perdoni, ma io di teatro m’intendo abbastanza…

Qualcuno dirà che si tratta di una trovata poco ortodossa, che la riflessione storica è un’altra cosa

Ma infatti! Le pare che io e tutti gli altri compagni venuti in Spagna fossimo personaggi ortodossi?

Cosa fa, la butta sull’ironia?

Mo senta, diciamolo chiaramente, è davvero ora che la storia esca dall’accademia, dalle aule scolastiche e dal calendario delle festività civili. Mi pare che in Italia tutti, troppi, parlino di storia senza avere un’effettiva consapevolezza della storiografia. Nel caso del nostro spettacolo la libertà del linguaggio dei burattini, unita al rigore della ricerca storica, ci consente di fare divulgazione in maniera responsabile e innovativa.

A chi vi rivolgete?

A tutti, ! In particolare ai non esperti. Ci piacerebbe che venissero a vederci i più piccoli con i loro genitori, i ragazzi e le ragazze delle scuole medie e delle scuole superiori. Nessuno ci ha mai visti così, direttamente all’opera. È un’occasione unica. Magari poi, guardandoci, gli spettatori sentiranno il bisogno di approfondire la conoscenza dei ribelli parmigiani, di coloro cioè che nella prima metà del Novecento, di fronte all’avanzata dei totalitarismi fascisti, non chinarono la testa.

Ma pensa davvero che la guerra di Spagna, sorta di appendice biografica per alcuni antifascisti, interessi ancora a qualcuno?

Mo che razza di domanda! Cinquantamila volontari venuti da tutto il mondo, tra cui cinquemila italiani e, fra questi, circa cinquanta parmensi che dal 1936 in Spagna difesero la Repubblica minacciata dai militari traditori e dal fascismo di Mussolini e dal nazismo di Hitler rappresentano un fatto enorme, una vicenda strepitosa, un esempio di solidarietà internazionale – un europeismo ante litteram – che non è stato mai più eguagliato in seguito! Altro che “appendice” delle biografie antifasciste. Ci risiamo, il passato è “passato” solo se lo riduciamo a mera questione cronologica.

Ci spieghi il titolo dello spettacolo. Perché “Loro”?

Senza svelare troppo il copione, posso dire che “loro” in spagnolo vuol dire “pappagallo”. Un pappagallo, allegoria della memoria storica perché capace di ripetere parole, è presente sulla scena all’inizio e alla fine della rappresentazione. È un elemento importantissimo nella narrazione, a lui è affidata una funzione metateatrale, per una riflessione sulla memoria che coinvolge necessariamente il pubblico.

Lo spettacolo presenta una scrittura per così dire al contrario: più la narrazione si fa drammatica più lo spettacolo assolve al suo compito, cioè più i personaggi precipitano verso la sconfitta, insieme alla Repubblica spagnola, più diventano vincenti, come recita il sottotitolo dell’opera. Come possiamo spiegare questo paradosso?

È il fulcro dell’opera, il nocciolo che brucia al centro della drammaturgia e infiamma gli animi dei vincenti per tutta la vita, sconfitti da un esercito ma riabilitati in breve dalla storia del Novecento. Loro che, prima di tutti, prima della seconda guerra mondiale, prima della Resistenza e del 25 aprile in Italia, fiutarono da che parte stava il marcio nella Storia.

Cosa possono dire i ribelli degli anni Trenta agli uomini e alle donne del 2020?

Devo dire che mi sembrate tutti impauriti, distratti, sfiduciati. Anche noi siamo stati presi a calci dal nostro secolo, noi minoranza derelitta, massa sfruttata, individui in pena e dal futuro sconosciuto. Però credo che, diversamente da voi, non abbiamo avuto paura. La solidarietà e la fede ci ha fatti uomini.

Come le sembra Parma, oggi?

Cosa vuole che le dica? Il solito salottino per signore e signori dabbene, tutto in ordine niente a posto. Velleità e presunzione sono un suono di fondo che distoglie dalla voce della verità. Però vedo che fortunatamente un Oltretorrente ancora esiste…

Per concludere, Picelli, ci liberi dal famoso dubbio sulle circostanze della sua caduta in Spagna, a Mirabueno. Ma davvero gli stalinisti le stavano addosso e non vedevano l’ora di accopparla? No, sa com’è, tra gli storici si bisticcia un po’ su quella benedetta pallottola che la colpì alle spalle…

Mo che lavoro! Continuate a dare corda a queste meschinerie… Ma a chi vuole che interessi… no, davvero, chi vuole che si appassioni alla faccenda della pallottola vagante, al presunto sicario stalinista eccetera eccetera? A parte il fatto che non lo so, cioè non so chi abbia sparato e da dove – eravamo in battaglia -, ma davvero pensate di raccontare la guerra di Spagna e gli antifascisti in questi termini? Cambiate mestiere, allora! Dei terribili ragazzi degli anni Trenta non interessa la morte, ma la vita.