Se la salute smette di essere un diritto e diventa merce

da Potere al Popolo Parma

Marzo 2021: è la prima data utile per una visita cardiologica che una nostra concittadina ottantenne si è sentita proporre dall’Ausl. E non è certo il solo episodio che dimostri i livelli assistenziali in caduta libera nel nostro territorio: si pensi, tra gli altri esempi, ai cittadini di Borgotaro che da tempo portano avanti la lotta per la riapertura del punto nascite locale. Lunghezza delle liste d’attesa in continua crescita, diseguaglianza di accesso ai servizi, l’introduzione del welfare aziendale, che rompe l’universalismo del diritto alla salute e lo vincola al contratto di lavoro: sono problemi comuni a tutto il territorio nazionale, a dimostrazione del fatto che se il Sud piange, il Nord dell’autonomia differenziata non ride.

La fotografia, impietosa, dello stato della sanità pubblica in Italia viene dal rapporto Crea: la media della spesa sanitaria nei paesi dell’Europa occidentale supera di oltre il 31% quella italiana, mentre auella privata cresce in Italia ad un ritmo decisamente maggiore rispetto alla media Ue. Il tutto a grave danno dell’equità: nel 2018, 4,5 milioni di famiglie hanno dovuto limitare le spese sanitarie per motivi economici e più di 1 milione hanno rinunciato del tutto. Questo disagio colpisce complessivamente il 5,5% delle famiglie, con picchi dell’8% al Sud. Il divario è destinato purtroppo a crescere, con l’autonomia differenziata e le maggiorazioni sui ticket per i residenti di altre regioni che scelgono di curarsi in Emilia-Romagna. Una situazione insostenibile, frutto di quell’aziendalizzazione sanitaria che valuta gli esiti delle prestazioni solo in base a criteri economici, trasformando i cittadini/pazienti in clienti. Una situazione che Potere al Popolo non smetterà di combattere, perché la salute è un diritto di tutti, non una merce ad esclusivo appannaggio di chi se la può permettere.