Aero-cargo: la “faccia tosta” della Sogeap

di Francesco Antuofermo

È stata pubblicata sul sito del Ministero dell’Ambiente la valutazione di impatto ambientale(Via) riferita al progetto di sviluppo 2018-2023 dell’aeroporto di Parma. Si tratta di un ampio studio, di centinaia di pagine, proposto dalla Sogeap, cioè la società che ha in gestione l’aeroporto Verdi. Il documento propone un’analisi degli effetti che si avrebbero sull’ambiente e sulla nostra città qualora si realizzasse il progetto di trasformazione dell’aeroporto Giuseppe Verdi a Baganzola da scalo passeggeri in un hub adibito al trasporto delle merci. I cittadini e tutte le associazioni possono consultare il piano e fare le proprie osservazioni entro il 16 dicembre 2018. Lo studio è un atto preliminare per ottenere il via libera all’investimento da parte del Ministero dell’Ambiente.

Da una prima lettura del documento si deduce che tutte le criticità avanzate contro il progetto dalle associazioni ambientaliste e dai gruppi di opposizione alla trasformazione sarebbero prive di fondamento. Partiamo dal primo punto. Lo studio, ammette il netto calo di passeggeri “passati da 196.816 nel 2013 con 7.270 movimenti, a 161 mila con 5 mila movimenti del 2017”. Ma questo, secondo loro, “non dovrebbe pregiudicare le potenzialità di sviluppo dell’area geografica interessata dal nostro scalo. La domanda potenziale di traffico passeggeri nel giro economico di riferimento fra Reggio Emilia, La Spezia, Modena, Lodi, Piacenza, Cremona, Mantova e Parma, si aggirerebbe infatti, intorno a due milioni di passeggeri all’anno”.

Il secondo punto riguarda la domanda di aeroporto cargo. Sempre secondo lo studio, “nell’area di Parma si concentrano il 74,5% delle esportazioni italiane, il 59% del Pil e i sei principali distretti industriali specializzati per una media di 71,7 imprese ogni mille abitanti”. Un potenziale enorme. Si conclude quindi con soddisfazione: “Rispetto a tale condizione appare evidente come la posizione geografica dell’aeroporto sia ideale per la movimentazione di merci”. Considerati questi elementi, le previsioni di traffico definite dal gestore aeroportuale attuale non possono che essere ottimistiche: “circa 200 mila passeggeri/anno entro il 2023, 22 mila tonnellate/anno di merce e 3.500 operazioni di volo”. A questi si aggiunge “un traffico annuale di aviazione generale quantificato in circa 3 mila passeggeri e 5.900 movimenti”. Un vero boom che non considera le condizioni catastrofiche attuali dell’aeroporto che vedono i bilanci in profondo rosso da anni e un utilizzo pressoché nullo visto che solo i passeggeri che vanno e vengono da Cagliari hanno il privilegio di transitarvi.

Poi la pista di atterraggio. L’analisi della Sogeap afferma che “la limitatezza della pista di volo, inadatta all’operatività di aeromobili merci quali Airbus A330-200 o Boeing 777-200, rappresenta un limite che andrebbe superato allungando la pista verso nord”.  Ma a nord, si sa, c’è Fiere di Parma da una parte e il Parma Urban District (Mall) in fase di costruzione dall’altra, che ha visto proprio in questi giorni il blocco dei lavori da parte della Guardia di Finanza. Un vero rebus: allungare la pista verso nord implica contravvenire alle regole di sicurezza aeroportuale mettendo a rischio i visitatori di questi centri in caso di incidente aereo. Un problema che non viene neanche preso in considerazione.

Come se non bastasse, in un altro punto si afferma che l’intervento sulla pista dell’aeroporto e la sua trasformazione in cargo avrebbero solo effetti positivi sulla sostenibilità ambientale. “È vero, dice la stima, che verranno sottratti 29,5 ettari di seminativi e oltre 1,5 ettari di superfici naturali ricomprese all’interno del perimetro recintato dell’aeroporto, ma questo sarà più che compensato dalla riduzione del tempo di trasferimento delle merci dal nostro scalo che è più centrale rispetto a quelli usati attualmente e dai benefici economici corrispondenti”. Anche i danni all’ambiente e alla qualità dell’aria, “risultano trascurabili” per gli estensori del documento, e così pure gli effetti sull’inquinamento atmosferico generato dall’infrastruttura aeroportuale, in un’area dove la regione ha prima imposto e poi revocato il blocco del traffico dei veicoli fino a euro 4 per il superamento dei limiti delle polveri sottili.

Infine, gli effetti sulla popolazione. Dall’analisi delle tabelle fornite dal progetto, si desume che “sia per quanto concerne lo scenario attuale che quello futuro, i valori di rischio cancerogeno e tossicologico siano molto al di sotto dei valori limite imposti dalla Agenzia Us Epa”. In altre parole: il rischio c’è ma solo per poche persone, ed è comunque un fattore trascurabile, che “non inficia sullo stato della salute umana legata all’inquinamento atmosferico e acustico” che sarà generato da questa trasformazione.

A volte certi modi di argomentare riflettono in modo impeccabile la realtà che ci circonda. È il caso del termine “faccia tosta” o “faccia di bronzo”. Il modo di dire deriva dal fatto che una faccia tosta rimane sempre inespressiva, qualunque cosa gli accada intorno.  Come le statue del Parco Ducale o di quella di Garibaldi nella piazza centrale della città, la cui espressione rimane sempre immutata nel tempo. Ma per noi il termine va oltre. La faccia tosta, o di bronzo che sia, nasconde la capacità di travisare la realtà, di rendere positivo tutto quello che in realtà è potenzialmente negativo per la collettività. Nascondere dietro i sorrisi la fregatura, il classico pungiglione nel deretano. Come quelle persone che non conoscono vergogna e che pur di ottenere i finanziamenti promessi dalla regione per l’aeroporto cargo e garantiti dal Comune, non tralasciano di proporre ogni sorta di analisi per giustificare investimenti dimostratisi finora senza sbocco. Insomma, bisogna avere proprio una bella faccia tosta per far aleggiare presunti vantaggi economici –naturalmente appannaggio di pochi – come interesse collettivo della città intera. In barba al buon senso, ai limiti di legge, ai rischi ambientali e alla salute delle persone.