da Centro studi movimenti
Il 12 febbraio scorso, al Palazzo del Governatore, è stata inaugurata la mostra I Capannoni a Parma. Storie di persone e di città, curata da Centro Studi Movimenti e dall’Università di Parma, con il contributo del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, della Regione Emilia-Romagna e del Comune di Parma nell’ambito delle attività di Parma Capitale della Cultura 2020+21. In queste sei settimane di apertura, la mostra ha registrato un’affluenza di oltre 10.000 visitatori, segno di un interesse straordinario, confermato anche dall’adesione di molte scuole che hanno già prenotato visite guidate per le loro classi (quasi 60, per un totale di circa 1.500 studenti e studentesse).
A varcare la sua soglia sono state persone molto diverse: anziani che, in diversi casi, sono nati o hanno vissuto nei Capannoni, o che lì avevano amici e conoscenti, persone che ne hanno sempre sentito parlare senza conoscerne a fondo la storia, ma anche giovani e giovanissimi che non conoscevano per nulla quella storia di miseria e marginalità. E poi i nuovi parmigiani, persone arrivate da altri luoghi negli ultimi decenni con la curiosità di scoprire il passato della città che li ha adottati. E turisti naturalmente, attirati non solo dalla Parma ricca e ducale.
Leggendo i commenti che i visitatori, ogni giorno, lasciano sul libro di sala, all’uscita, si riscontra non solo uno straordinario interesse ma anche la sensazione che questa mostra abbia riempito un vuoto, raccontando un pezzo di città ‒ quella popolare ‒ che raramente ha trovato spazio nelle narrazioni storiche e celebrative degli ultimi decenni.
“A giudicare dai numerosissimi commenti lasciati in mostra – dice Paolo Giandebiaggi, architetto e docente dell’Università di Parma e curatore della mostra – i parmigiani hanno capito che gli aspetti architettonici ed urbanistici, documentati tra l’altro scientificamente, non sono argomenti riguardanti solo i tecnici e gli specialisti, ma sono soprattutto influenti sulla vita delle persone, trasferiscono emozioni, mutano i modi dell’abitare e condizionano i comportamenti per molto tempo, e quindi riguardano tutti”.
Gli fa eco l’altra curatrice dell’esposizione, Margherita Becchetti, ricercatrice del Centro studi movimenti: “Questa mostra ha valorizzato la storia dei ceti più umili della città e, con essa, la memoria di quanti si sentono figli di quel passato travagliato e difficile. In altre parole, la mostra ha messo in evidenza come l’anima più profonda di Parma affondi ancora le sue radici nel mondo delle classi popolari”.
Aperta dal martedì al venerdì (dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 19) e il sabato e la domenica (dalle 9 alle 19, con orario continuato) e con ingresso gratuito (ma contingentato nel rispetto delle norme anti-Covid) – la mostra proseguirà fino a domenica 25 aprile.
Su richiesta, i curatori organizzano visite guidate per gruppi il sabato e la domenica al costo di 7€ a persona (4€ fino a 14 anni). Per info e prenotazioni occorre scrivere a centrostudimovimenti@gmail.com