di Filippo Ziveri
Le condizioni di indigenza di una persona sono davvero una sua responsabilità? A molti può sembrare un domanda di scarsa utilità quando non addirittura fastidiosa, abituati come siamo a individuare nelle mancanze personali le ragioni dell’inattività lavorativa o del pessimo lavoro: formazione insufficiente, scarsa imprenditorialità, motivazione inadeguata che sfocia in pigrizia. Insomma, il problema è il lavoratore e non il lavoro disponibile, su questo non sembrano esserci dubbi. Eppure ha molto senso porci questa domanda, soprattutto a partire dal 6 marzo scorso, data di apertura delle richieste per il Reddito di Cittadinanza.
È sotto gli occhi di tutti quanto sia urgente l’introduzione di un sostegno alla povertà nel nostro Paese, prostrato da una crisi economica di cui non si vede la fine e dalle politiche di austerity imposte dall’Unione Europea. Il Reddito di Cittadinanza non è però una risposta efficace in questo senso, anzi esperienze simili nel contesto europeo hanno anzi già mostrato una serie di conseguenze economiche e sociali abbastanza drammatiche. La ricetta italiana ha senza dubbio delle particolarità, frutto delle anime che compongono il Governo di coalizione giallo-verde: è facile ad esempio attribuire i forti impedimenti messi in atto per la popolazione immigrata soprattutto alla componente leghista, mentre le consolidate – e discutibili – esperienze europee sembrano aver ispirato in egual modo entrambi i partiti.
Una ricetta originale ma non troppo, insomma, che riesce a peggiorare istituti che altrove si sono rivelate vere e proprie trappole della povertà, con conseguenze negative sull’intero mondo del lavoro. Già il nome è abbastanza fuorviante, perché la “cittadinanza” che viene sbandierata dal Movimento 5 Stelle mal si sposa con gli alti requisiti che bisogna soddisfare per accedere al sostegno, ovvero con la sua condizionabilità. Il Reddito di Cittadinanza è inoltre una misura erogata al nucleo familiare, cioè familistica, con le conseguenti difficoltà per le donne che volessero uscire dalla condizione di subalternità nei confronti del coniuge.
L’ispirazione principale del Reddito di Cittadinanza sono le riforme del mercato del lavoro tedesco che vanno sotto il nome di piano Hartz. Con esse si è assistito al passaggio dal concetto di occupazione a quello di occupabilità, dal diritto al lavoro al diritto ad essere “occupabili”, ovvero competitivi sul mercato. L’occupabilità è il pilastro di una nuova forma di stato sociale alla base della strategia dell’Unione Europea per l’occupazione, la cosiddetta flessicurezza, in cui flessibilità e sicurezza non vengono viste come opposte, bensì come complementari.
Nonostante il durissimo braccio di ferro tra Governo e Commissione Europea per sfuggire dai vincoli economici imposti dai trattati e rispettare il pareggio di bilancio, quella del Reddito di Cittadinanza si rivela tra l’altro una ricetta molto povera di ingredienti, che difficilmente potrà venire incontro a tutta la platea di coloro che si trovano in condizioni di povertà assoluta.
A questo punto bisogna quindi tornare alla domanda iniziale e interrogarci sulla natura della povertà nel nostro Paese. Se è vero che un sostegno alle situazioni di difficoltà economica è necessario, di sicuro non può presentarsi con le caratteristiche di questo “Reddito di Cittadinanza”. C’è evidentemente bisogno di ribaltare la visione che è alla base di questo provvedimento, investendo in welfare invece che smantellandolo, promuovendo lavoro stabile e ben retribuito per dare dignità a sé e alla propria famiglia, infine attuando una riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario nell’ottica di una sempre più vicina disoccupazione tecnologica causata dagli effetti dell’automazione e dell’Industria 4.0.
Come sindacato abbiamo accettato molto volentieri l’invito di Potere al Popolo Parma a partecipare all’iniziativa “Reddito di Cittadinanza: sudditanza o liberazione?”. Quindi, approfondiremo i temi citati Mercoledi 10 aprile 2019 alle ore 18, nella sala civica di via Argonne 4, con Emanuele Leonardi, autore insieme a Federico Chicchi del “Manifesto per il reddito di base” (Laterza).