da Potere al Popolo – Parma
La vicenda delle operatrici museali della Magnani Rocca, messe alla porta dopo anni di sfruttamento, si è conclusa in tribunale: l’arroganza del potere stavolta è venuta meno e la Fondazione ha ceduto alla vertenza sindacale, con il completo (e cospicuo) risarcimento delle sue ex collaboratrici.
Perché parliamo di arroganza del potere? Basta guardare la composizione del Consiglio d’amministrazione della Fondazione in cui troviamo, tra gli altri, non solo il sindaco di Parma e quello di Traversetolo, ma anche il Rettore dell’Università, il Presidente di Crédit Agricole Italia, rappresentanti del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, il Prefetto di Parma e addirittura il Vescovo. Non manca più nessuno, pare: in pratica è il gotha del potere economico e politico locale.
Ebbene, come si è comportata la Fondazione, questo gioiello della cultura parmense usato come i signori del Medioevo usavano l’arte, in quanto simbolo e metro dell’autorità? Alla richiesta di stabilizzazione del loro contratto e un adeguamento della retribuzione, dopo circa dieci anni di inquadramento come uscieri (!), l’amministrazione della Magnani Rocca aveva risposto buttando fuori le operatrici “ribelli” [leggi l’intervista alle lavoratrici della Magnani Rocca del settembre 2018, ndr]. Come possiamo definirla se non arroganza?
Questo è il modo di fare cultura in quella che sarà la Capitale della Cultura 2020, ti costringono a lottare per i tuoi diritti. Ora, come Potere al Popolo, esultiamo insieme alle operatrici museali che hanno vinto la loro battaglia. E possiamo solo sperare che la vicenda sia da esempio per tutti quelli che si trovano a lavorare nelle stesse condizioni: se ci uniamo possiamo vincere.