di Comunità Palestinese di Parma e solidali

Lettera aperta al Festival Open, agli Ospiti del Festival Open, al Comune di Parma e all’Università di Parma per l’esclusione di Ehud Olmert dal Festival di Open.
“La nostra resistenza non è solo per la libertà di una terra, ma per la libertà di essere umani”, testamento della giornalista Anas al-Sharif.
Ci sono momenti, nel corso della storia, dove non c’è più spazio per l’ambiguità. Oggi, con un genocidio in corso sull’altra sponda del Mediterraneo, perpetrato con il supporto politico ed economico del nostro governo, è uno di quei momenti.
Oggi, con un genocidio in corso a cui assistiamo in diretta, è ora che anche il giornalismo italiano, le istituzioni e i rappresentanti della società civile facciano la loro parte, condannando il genocidio, l’assedio e l’occupazione.
Per questo siamo sgomenti nell’apprendere che al festival di Open, ospitato nella nostra città tra il 19 e il 21 settembre e patrocinato dal Comune di Parma e dall’Università di Parma, sarà riservato spazio ad Ehud Olmert.
Per chi non è attento a ciò che succede in Palestina da 77 anni questo nome potrebbe suonare solo vagamente familiare. Altri potrebbero conoscerlo per le frequenti apparizioni, nell’ultimo periodo, nei talk show televisivi dove difende l’operato dell’IDF, limita le sue critiche a Netanyahu e al governo di Israele e si definisce in pace con il suo operato.
Operato macchiato di sangue. Ricordiamo, sotto la sua diretta supervisione, la guerra del Libano che ha provocato oltre 1.200 vittime civili e il massacro di Qana del 2006 (a distanza di 10 anni dalla precedente strage) che ha ucciso decine di persone, tra cui 37 bambini e l’operazione “Piombo fuso” che tra il dicembre 2008 e il gennaio 2009 ha portato alla morte di oltre 1.400 palestinesi e al ferimento di molte migliaia con un impatto devastante, distruggendo case, scuole, ospedali e sedi ONU, causando gravi sofferenze, raccontate dal giornalista e attivista Vittorio Arrigoni.
Già allora l’ONU e diverse ONG come Amnesty e Human Right Watch documentarono violazioni dei diritti umani e l’utilizzo di armi proibite come il fosforo bianco, mentre Olmert la definiva “operazione di difesa”.
Che il signor Olmert, oggi, abbia spazio in un festival di giornalismo non è solo sbagliato, è un affronto gravissimo ai palestinesi, al mondo del giornalismo tutto, che piange il più alto numero di vittime tra i lavoratori dell’informazione nella storia dei conflitti, ed è un messaggio sbagliato a chi, in tutto il mondo, lotta per i diritti umani, la giustizia, la verità.
L’assassinio di Shireen Abu Akleh, giornalista di Al Jazeera, è solo l’ultimo di una lunga lista di attacchi alle voci libere che denunciano il genocidio in corso.
È ora di smettere di ignorare questi crimini. Il giornalismo italiano ha una responsabilità morale: quella di raccontare la verità, senza censure, e invitare ad un festival per parlare “della crisi di Gaza e delle vie possibili per costruire un altro Medio Oriente, anche a partire dalla sua visione di pace” chi ha ucciso, massacrato e bombardato impunemente, è inaccettabile.
“Faranno il deserto e lo chiameranno pace. Il silenzio del mondo civile è molto più assordante delle esplosioni che ricoprono la città come un sudario di terrore e morte”, scriveva nel suo instancabile racconto di quei giorni Vittorio Arrigoni.
Pretendiamo che lo spazio ingiustamente occupato da Olmert venga dato ai palestinesi, perché il Festival Open non diventi un palcoscenico per chi ha contribuito al massacro del popolo palestinese ma piuttosto un’occasione per celebrare coloro che, con coraggio e determinazione, difendono la libertà di parola e i diritti fondamentali di tutti e che la domanda su quali siano le vie possibili per costruire un altro “Medio Oriente” venga rivolta a un popolo che, da due anni sotto assedio, sotto le bombe, vittima di fame usata come arma di guerra, continua a resistere a un genocidio.
Ci rivolgiamo anche agli ospiti, perché prendano una posizione netta e al Comune di Parma e all’Università, perché ritirino il patrocinio e si uniscano nel richiedere l’esclusione di Olmert.
“Rimanere immobili in silenzio significa sostenere il genocidio in corso. Urlate la vostra indignazione, in ogni capitale del mondo «civile», in ogni città, in ogni piazza, sovrastate le nostre urla di dolore e terrore. C’è una parte di umanità che sta morendo in pietoso ascolto. Restiamo umani”, Vittorio Arrigoni.