Tutti a dire della rabbia del fiume in piena…

di Comunità palestinese di Parma, Potere al Popolo, Marx 21, Fronte comunista, FGC, Artlab, Ecologia Politica Parma e Studenti contro il carovita

“Tutti a dire della rabbia del fiume in piena e nessuno della violenza degli argini che lo costringono”. Il 7 ottobre ci siamo svegliati e ci siamo ricordati della Palestina. Con una semplificazione estrema l’occupazione, il colonialismo, la pulizia etnica e l’apartheid attuati indiscriminatamente e quotidianamente da Israele sono stati cancellati e così i nostri politici fanno a gara di solidarietà per dimostrarsi vicini a Israele, condannare la Resistenza palestinese e schierarsi dalla parte giusta.

La storia della resistenza in Palestina è storia di resistenza armata ma anche di proteste non violente, di boicottaggi, di scioperi della fame, di resistenza civile e di appelli alla comunità internazionale per fare rispettare le norme internazionali vigenti. Ma le norme e il diritto internazionale non valgono per Israele che è il soggetto che in assoluto è stato oggetto di più risoluzioni e condanne da parte dell’ONU.
Esistono centinaia di risoluzioni ONU mai applicate, la cui sola esistenza dimostra l’incontrovertibile natura coloniale, razzista e anacronistica di Israele.
Che fare quindi? Bisogna innanzitutto cambiare paradigma e fare uno sforzo per andare oltre ai titoli di giornale e alla propaganda martellante per capire.
Bisogna informarsi, rifiutare slogan e interpretazioni errate di chi negli ultimi 75 anni ha chiuso gli occhi sui crimini di Israele.
Dov’erano questi paladini della giustizia negli ultimi 75 anni?
Dov’erano I governi e gli stati, il “mondo civile” mentre Israele alzava muri e tirava filo spinato attorno a 2,5 milioni di persone nella Striscia?
Dov’é il mondo civile mentre Israele, quotidianamente, arresta, tortura, detiene illegalmente, affama, priva il popolo palestinese di qualsiasi diritto?
In questa immensa semplificazione del nostro mondo, in cui stampa, giornali e propaganda dividono il mondo in buoni e cattivi per tentare di mantenere legittimo un sistema ormai completamente svuotato di senso e di umanità noi sappiamo bene da che parte stare, sempre dalla parte degli oppressi.
In fondo una cosa semplice c’è e cioè il fatto che ci sono un oppresso e un oppressore, un occupato e un occupante.
E l’oppressore, l’occupante è legittimato e protetto dall’Occidente perché Israele, ci dicono, è l’unica democrazia in Medio Oriente.
Si può definire democrazia un paese che ha creato un apposito sistema di norme e leggi per segregare e opprimere la popolazione palestinese?
Si può definire democrazia un paese che nega qualsiasi diritto economico e sociale al popolo palestinese?
Si può definire democrazia un paese che, fregandosene degli accordi internazionali, continua la sua opera di colonizzazione?
Solo ponendo fine all’occupazione coloniale della Palestina, solo rispettando il diritto internazionale e il diritto, riconosciuto e legittimo, all’autodeterminazione del popolo palestinese, sarà possibile avviare un duraturo processo di pace.
Per questo siamo vicini alla comunità e al popolo palestinese e chiediamo:
-la fine dell’occupazione
-la fine dei bombardamenti su Gaza
-il rispetto del diritto internazionale
L’ultimo giorno di occupazione sarà il primo giorno di pace.
Palestina Libera!