di Marco Severo
Insegno in un liceo made in Italy e, devo ammettere, mi trovo bene. Ci voleva, un liceo made in Italy in Italia. Spiace che la sinistra non lo comprenda e che preferisca polemizzare sulla “scuola della Costituzione sotto attacco” omettendo, altresì, di valorizzare le eccellenze del territorio. Di tanto in tanto Fabio Fazio potrebbe anche recarsi in visita al Vinitaly, per dire. Forse che il prosecco non è fondato anch’esso sul lavoro? Bene ha fatto, pertanto, il governo Meloni che proprio durante la kermesse veneta annunziò la gestazione del nuovo frizzante percorso di studi.
Il liceo made in Italy è prima di tutto, in pleonastico automatismo, made in Italy. E quando al banco frigo ci si rigira due cotolette tra le mani, una da bovini allevati in Italia e l’altra da bovini allevati in Francia, forse che non tornano alla mente i calci di rigore del 1998? E allora! È venuto il tempo di archiviare la retorica globalista e il nichilismo remissivo che la sinistra benpensante ha sempre indossato, in definitiva, come vesti sacrificali! Non abbiamo forse perduto la Gioconda e la Savoia a forza di fare i boy scout?
Nel liceo made in Italy, dicevamo, si sta bene, anche se non c’è Aluisi Tosolini. C’è un bel gruppo affiatato e noi professori precari siamo quasi tutti stabilmente precari. Ogni anno ci licenziano ma poi ci richiamano. Talora veniamo sottoposti a un concorsone: ci bocciano e, in virtù di ciò, ci riassumono. Quindi ad agosto ci rilicenziano. Finché a settembre oppure a ottobre, a fronte delle consuete cattedre scoperte, ci ripiazzano al via. Siamo professori on demand, dove ci mettono stiamo, placidi con brio, parenti stretti dei gattini portafortuna sul lunotto posteriore delle Fiat Multipla.
I colleghi anziani ci accolgono con simpatia. Ad esempio la professoressa Tarallo, vicaria del preside nonché coordinatrice dei prof, della macchinetta del caffè, della fotocopiatrice, dell’intero secondo piano quando è assente la bidella anarchica e, attenzione, delle prove Invalsi, mi ha ricevuto subito con viva cordialità. Il primo giorno mi ha rivolto un caloroso sorriso quindi ha esternato: “Ti ho fatto proprio un orario di merda, sai? Ma che vuoi farci? Gli ultimi arrivati…”.
La prof Tarallo è anche lei made in Italy, per l’esattezza made in Bitonto.
Al mattino, sbrigata la prassi del cinegiornale e dell’inno di Mameli, la prof Tarallo passa in rassegna le classi tutte rammentandoci la mission della scuola: innalzare lo standard del Rav e in primis delle prove Invalsi. Siamo infatti un po’ bassini con lo standard dei risultati Invalsi: il report dello scorso anno ha evidenziato alcune flessioni sul grafico delle prestazioni. Così va a finire che al liceo made in Italy (by Bitonto) non si iscrive più nessuno. E ciò innescherebbe un grave effetto domino su tutta la filiera del made in Italy. Giovanni Rana, ad esempio, ha già scritto al preside minacciando di interrompere i laboratori di assaggio dei ravioli al tartufo comparati con gli analoghi ravioli made in Ohio.
La Tarallo ha distribuito un foglio di calcolo con le percentuali dell’andamento delle classi. Il punteggio di ciascun alunno va moltiplicato per le competenze europee, diviso per il numero degli alunni e sommato per quattro alla seconda. Bisogna eseguire le operazioni con scrupolo algebrico, perché sennò la Tarallo si incazza.
Un giovane collega ha avuto l’ardire di obiettare circa l’astrusità del sistema docimologico. “Non dovremmo insegnare ai ragazzi il pensiero critico, invece di assegnare numeri?”. Al che il professor Coppa ha bruciato sul tempo la Tarallo e digrignando i denti ha replicato: “Là fuori c’è un modo schifoso”. Pausa. “Il nostro compito è adeguare i nostri ragazzi al sistema!”.
Quando la Tarallo si incazza non è tanto il fatto di dover rifare i calcoli delle valutazioni. No. Il problema è che la Tarallo si incupisce e, a seguire, al pomeriggio si attacca a Whatsapp con interminabili vocali corredati da ordini temibili e diversamente ortografici: “Ascoltate la audio tuti capito e?”.
Giusto una settimana fa è scoppiato un putiferio. Il preside, “di default” come dicono qui, ha invitato a scuola per una masterclass nientemeno che Toto Cutugno. Al fine di allestire un’adeguata accoglienza per il grande cantautore tricolore, il dirigente ha proposto alle classi prime di imparare “Sono un italiano”. Solo che la Tarallo è una gran fan di Mino Reitano e s’è messa di traverso sostenendo viceversa “Italia di terra bella uguale non ce n’è”. Whattsapp si è scissa: di qua i legionari di Toto Cutugno e di là le cheerleader di Mino Reitano, le quali ad onor del vero non hanno tutti i torni nel sostenere che Cutugno non soddisfi a pieno i requisiti delle Indicazioni nazionali per il curriculo orizzontale e verticale. A Sanremo, infatti, è sempre arrivato secondo.
Ora l’ultima parola spetterà al collegio docenti riunito in seduta plenaria, dove si vocifera che le maestre delle elementari faranno ostruzionismo proponendo in alternativa il nome di Scialpi.
Si tratta tuttavia di piccoli incidenti di percorso. Non si faccia illusioni la solita sinistra, il liceo made in Italy funziona benissimo.
Una prova? Anche nel liceo made in Italy si fa la raccolta differenziata. Per noi, anzi, la differenziata è dirimente. Più insegniamo ai nostri ragazzi a separare il laccio delle Nike Air Jordan dalla pelle della tomaia più quelli, pur di ripetere il divertente processo, torneranno presto al Barilla Center per un nuovo paio di Jordan. (La psicologa dello sportello d’ascolto, in linea con l’interdisciplinarietà, ci ha parlato dell’importanza negli adolescenti del lobo frontale del cervello, responsabile dello stimolo alla reiterazione di un’azione piacevole).
Insomma, al liceo made in Italy non esistono più i vecchi complessi di inferiorità nei riguardi dell’eruditismo della solita sinistra. Un sifone ben fatto da un aspirante idraulico ha la stessa dignità, se non una onorabilità maggiore, di un video di Barbero sugli Ostrogoti. Greta Thunberg non ha nulla da insegnare ad un ortodontista mosso da autentica vocazione per la correzione di un morso incrociato. Se “free” il gender fluid allora “free” anche Poltrone e Sofà.
Noi siamo il liceo made in Italy e teniamo molto al nostro secolare saper fare, che va da Michelangelo a Cannavacciuolo, e che oggi più che mai occorre sbandierare e tutelare! C’è anche l’Inter in finale di Champions!
Adesso scusate ma devo andare, stanno raccogliendo cinque euro per la Tarallo che va in pensione. Ogni anno, noi prof stabilmente precari paghiamo con devozione i cinque euro per i vari Taralli pensionandi. A momenti, con la colletta dei regali ci paghiamo la nostra, di pensione.
Ad ogni modo, non divaghiamo: si pensava stavolta di comprare alla coordinatrice una borsetta Gucci. Tanto, il preside ha detto che va bene anche quella dei cinesi.