William Gambetta*
Difficile per chi vive a Parma non sentir parlare delle Barricate. Se poi si frequentano gli ambienti della sinistra radicale, del movimento antifascista, delle associazioni partigiane o anche solo dei circoli popolari della città è quasi inevitabile. Dal 1997, peraltro, un monumento segna con la sua presenza un ingresso all’Oltretorrente e un busto di Guido Picelli, seppur modesto, si fa notare nell’omonima piazza. Ai suoi piedi, per una ragione o l’altra ‒ un corteo o una celebrazione ‒ vengono posati continuamente fiori, corone o biglietti.
Lungo tutto l’anno, dunque, diverse sono le iniziative, le feste o le commemorazioni che ricordano i fatti o i protagonisti dell’agosto 1922, organizzate da istituzioni, sindacati e collettivi. Per non parlare poi di quella scritta sull’argine della Parma, con quello sberleffo al ras fascista che riuscì ad attraversare l’Oceano ma non superò i ponti di un torrente in secca. Una scritta che, sebbene illegale, nessuno osa cancellare. E che appena si scolora trova nuovo conforto con vernice fresca. Sembra che la città, o meglio una sua parte, quella più attiva nella difesa dei principi democratici, ricordi le Barricate come un momento fondante della propria identità.
Eppure, spesso, la narrazione di quei giorni viene plasmata dalle esigenze di una comunità articolata e contraddittoria. Tutti celebrano le Barricate per come tornano utili. Diventano motivo di orgoglio dell’unità popolare, senza divisioni di partito o contrapposizioni di classe. Oppure apologia liberaldemocratica, contro ogni sorta di totalitarismo. O ancora esaltazione dell’antifascismo popolare. E ognuno ci vede il proprio. I funzionari sindacali suonano le fanfare al ruolo delle camere del lavoro, i leader di partito al contributo delle organizzazioni politiche, gli attivisti di movimento all’importanza dell’antagonismo sociale, gli intellettuali – più o meno onesti – tratteggiano la lucidità dei diversi leader. Last but not least, la gazzetta locale ne esalta la “parmigianità”, incasellando i giorni del 1922 subito dopo la duchessa asburgica e il compositore della Bassa, e poco prima del prosciutto stagionato e delle forme di formaggio.
Così le Barricate perdono la loro essenza storica, vengono strappate al pantano del passato, fatto di sangue e carne, e adagiate nel pantheon delle glorie cittadine. Del resto gli stessi elementi narrativi di quell’agosto ricordano la trama più famosa della letteratura classica, l’Iliade omerica, e si prestano con facilità alla rielaborazione dell’epica popolare. L’assedio di una comunità decisa a resistere, le orde di guerrieri giunte da lontano e i temibili eroi dei due schieramenti che si fronteggiano in battaglia ne sono gli elementi principali. Il risultato è per lo più una lettura rassicurante e unitaria, depurata dei suoi tratti più complessi e quindi accettabile per l’intera comunità.
Tale epica, tuttavia, non riesce a contenere un elemento determinante per la comprensione di quei giorni. Le Barricate non si possono ridurre soltanto alla mobilitazione contro un’aggressione ingiusta e nemmeno a un evento segnato dall’unità di forze sociali e politiche fino a quel momento divise. L’agosto di Parma fu anche un atto di insubordinazione collettiva e in armi a ogni imposizione e autorità, legittima o illegittima. Fu una rivolta di massa che – seppur per pochi giorni e in una situazione di emergenza – si organizzò dal basso. Fu un’esperienza collettiva di contropotere che segnò profondamente le classi lavoratrici della città. È questo l’elemento destabilizzante di una memoria che molti vorrebbero pacificata e che, nel corso del Novecento, è riemerso più volte, con forza, talvolta con rabbia. E anche oggi, a un secolo di distanza, magari inconsapevolmente, è questo tratto di insorgenza sociale che sconvolge l’impianto edulcorato della memoria pubblica e si rivela, nonostante tutto, indomabile.
* Ringraziando autore ed editore, pubblichiamo questo testo edito nella nuova Guida alle barricate. Itinerari e racconti dell’agosto 1922 a Parma di Francesco Dradi (ChiaraComunicazione, 2022)