da Unione Sindacale Italiana – Parma
Il 28 marzo è stata firmata la preintesa del CCNL Coop sociali da parte delle Associazioni cooperative e i sindacati confederali. Come si prevedeva, dopo quasi sette anni di scadenza del contratto, il risultato è stato alquanto scarso, nonostante la retorica con cui invece oggi lo stanno celebrando come grande vittoria.
La storiella della crisi (che pagano solo i lavoratori) l’abbiamo
sentita già troppe volte, da parte di coop-imprese, sempre più grandi e con utili spesso da multinazionali, che di “sociale” hanno soprattutto l’utenza di cui si occupano, data anche la continua e inarrestabile dismissione di servizi che il neoliberismo e la classe politica ha imposto come dogma, facendo finta di non vedere che la soluzione si è dimostrata inefficace e perdente, provocando disagi un po’ dappertutto. D’altronde, però, cosa pretendere da enti che da anni hanno fatto dello scambio di servizi tra cooperazione- sindacato- politica, un ambito di collaborazione privilegiato, con vari passaggi di casacca da un contesto all’altro?
Ebbene: gli aumenti contrattuali sono risibili; la minore precarietà che strombazzano, non la vediamo, essendo rimasti tutti gli strumenti di flessibilità che garantiscono le coop; il rafforzamento della contrattazione di secondo livello (e vedremo chi ci parteciperà…) sarà possibile solo laddove presenti e determinati, altrove sarà solo un pretesto per nessuna miglioria reale; le scandalose notti passive, che proprio CGILCISLUIL avevano già avallato (non dimentichiamolo, perché si parte da lì) di fatto restano, demandate alla contrattazione di secondo livello, ma vanno eliminate senza indugio.
Come USI-CIT invitiamo tutti i nostri iscritti ed iscritte, tutti i lavoratori e le lavoratrici, a: contestare direttamente i risultati del rinnovo, se mai ci saranno assemblee di confronto; autorganizzare ovunque possibile RSA USI (previste dalla legge, in assenza delle blindate e antidemocratiche RSU) con le quali partecipare alla contrattazione di secondo livello in ogni ambito possibile; evitare la beffa del versamento di un contributo “volontario” ai non iscritti ai sindacati confederali; pretendere il rispetto dei diritti di noi lavoratori di fronte all’arroganza datoriale che scambia i nostri diritti come fossero privilegi o concessioni, spesso con atteggiamenti minacciosi.