A Fidenza Potere al popolo organizza una serata per dar voce alla Palestina

di Potere al Popolo – Fidenza

Venerdì 17 ottobre, all’ex Macello di Fidenza, si è tenuta una serata intensa e emozionante organizzata da Potere al Popolo Fidenza: “Un giorno in Palestina. Orizzonti narrativi per decolonizzare la mente”, voci coraggiose per denunciare il sistematico stato di apartheid a cui sono sottoposti i territori occupati palestinesi.

La serata si è aperta con un aperitivo a base di piatti palestinesi, cucinati da Assia e Samantha con l’aiuto delle loro mamme. Un atto semplice come la condivisione del cibo che si trasforma in un atto di resistenza e memoria della terra e propria identità culturale. Israele ha anche trasformato il cibo e l’acqua potabile in un’arma di guerra stabilendo le quantità in base al minimo necessario per gli standard di età e di genere “secondo un livello definito minimo umanitario” che considera il miele e i biscotti troppo calorici per i bambini.

Le foto di viaggio di Daniela Monteverdi hanno fatto da cornice alla serata. Foto della Cisgiordania e dei campi profughi palestinesi. Luoghi la cui geografia è dominata da un’architettura della segregazione: il “muro”, filo spinato e check point – dove il solo indossare un braccialetto con la bandiera palestinese ti può costare di rimanere trattenuto per tre ore da una giovane soldata israeliana.

Poi è arrivato il momento della tavola rotonda. Quattro voci hanno raccontato le loro storie, diversi punti di vista ma con un unico denominatore: l’oppressione di un popolo intero e il tentativo di cancellare completamente la sua storia e il suo legame con il territorio. E per i partecipanti, un’occasione rara per immergersi nella “banalità del male” di una quotidianità dominata dall’etnocentrismo sionista.

Daniela Monteverdi ha aperto la discussione parlando delle fotografie e della sua esperienza di viaggio in Cisgiordania nel 2016. Poi la parola è passata a Safwat Kahlout, giornalista palestinese che collabora con diverse prestigiose testate, tra cui Al Jazeera. La testimonianza di Safwat è stata puntuale e quasi analitica – senza lasciare dubbi sul ruolo dei governi e dei media occidentali nel creare una narrazione favorevole all’occupazione sionista prima e al genocidio poi. Safwat ha più volte rimarcato come lo stato di guerra permanente su cui si fonda la società israeliana sia il vero ostacolo al processo di liberazione dei territori palestinesi occupati.

Majed Al-Shorbaji ha portato il pubblico dentro la barbarie di un genocidio. Rimasto intrappolato a Gaza dopo l’8 ottobre 2023, è sopravvissuto con la famiglia sotto le bombe israeliane al nord di Gaza. Poi la fuga e la fame al sud – dove il fratello ha rischiato la vita per portare a casa un sacco di farina. Finalmente, la speranza per una famiglia intera ma una speranza legata all’esilio forzato dalla propria terra. Rimangono le cicatrici della violenza inudita sulle sue parole.

Mimmo Colaninno ha chiuso la tavola rotonda con una testimonianza importante: l’amore e la voglia di tornare in Palestina. Mimmo ha raccontato il dolore e la frustrazione di vivere sulla propria pelle la violenza dell’apartheid sionista e il senso di impotenza che spesso ne deriva. Ma ha anche rivendicato il ruolo di attivista per i diritti della comunità palestinese: prendere posizione, farsi carico e rompere il silenzio.

Come Potere al Popolo, crediamo nel senso profondo di fare politica dal basso: creare spazi reali di parola, relazione, trasformazione. Ringraziamo tutte le persone che hanno avuto il coraggio di raccontarsi. E chi ha avuto il coraggio – e il rispetto – di ascoltare.

Perché crediamo che “un giorno in Palestina” ci si possa incontrare, dialogare, riconoscerci nella nostra umanità. E da lì, finalmente, cominciare a ricostruire.