di Marco Severo
Pietro Vignali e Priamo Bocchi sono diventati consiglieri regionali. Dai e dai ce l’hanno fatta. Parma manda a Bologna due figure della politica locale alle quali, tutto sommato, siamo affezionati come si può essere affezionati a una maschera della commedia dell’arte, a due personaggi del GialappaShow, alle scarpette di Sant’Ilario.
L’esperienza politica dell’ex sindaco Vignali (Forza Italia), interrotta nel 2011 dalle inchieste giudiziarie, e le chiappe esibite anni fa in Consiglio comunale da Bocchi (Fratelli d’Italia), non hanno affatto penalizzato i due candidati agli occhi dei loro elettori: oltre diecimila se sommati insieme, tra città e provincia.
“Vignali l’è sempor ‘nbel ragass!” dopotutto.
Di conseguenza, l’ex sindaco Belli capelli e l’esponente di Fondelli d’Italia si apprestano ad ascendere agli scranni della Regione circonfusi dall’aura del riscatto che arride ai resilienti e ai gregari della storia.
Alle elezioni regionali del 17 e del 18 novembre scorsi soltanto il Pd ha ottenuto un risultato migliore, grazie ai candidati eletti Andrea Massari, Barbara Lori e Matteo Daffadà, bravissimi benché forse un poco omogeneizzati per i gusti di una parte di Parma o, comunque, sprovvisti di quel profumo di tradizione, di bollito e salsa Ortolina che intride, viceversa, il mantello dei nostri due eroi: mister “Parma first” e “Law&Order” boy.
Dopo un quindicennio d’insalatina da supermercato sciacquabudella, infatti, torna la Parma stagionata 36 mesi, capitale delle eccellenze, delle eminenze e delle loro flatulenze. “Parma mi ama ancora” ha proclamato il Vignali reloaded forte di un risultato che finalmente lo eleva cardinale dopo anni di cilicio. “Dopo 30 anni la destra parmense esprime un consigliere regionale” si è invece spremuto Bocchi a margine dello spoglio elettorale.
La città che imbracciò per prima la pseudo-rivoluzione del Movimento Cinque Stelle scongela due esemplari di quel vecchio stile ducale che ancora coltiva il gusto per l’acconciatura cotonata e l’abbonamento al sun center, l’ottima dentiera e il corso di pilates alternato alla sagra dell’anolino, lo zampone e i tacchi a spillo, il Labrador da portare a spasso col pericolo degli spacciatori, la bici con postura arrogante e sellino a forma di pisello, la “convension” di partito nell’hotel col controsoffitto in cartongesso, la lapide per i caduti di Salò, i vigili sceriffo e l’aeroporto di Parma più bello di quello di Bologna, l’articoletto sulla stampa paracula da vantare su Facebook, la violetta di Parma che aleggia in centro sopra la puzza di merda del contado (alias Food Valley).
Nell’apoteosi di cori e trombe dell’Aida, insomma, Vignali e Bocchi porteranno grosso modo il claim su un certo “modo di vivere” nelle sfere alte della politica locale (pur restando in carica, tranquilli tutti, come consiglieri comunali a Parma). Si tornerà all’antico, si risentirà da Bologna la boccuccia arricciata a cuoricino di Vignali far valere la solita giaculatoria sulle “ezzelense del territorio” come fosse una cosa nuova, liscia e bella come le sue sciarpone annodate a fiocco seconde, per pregio, solo a quelle di Antonio Caprarica.
L’arrembante avanzata sua e di Bocchi è un misto di crepuscolarismo delle vecchie cose buone di una volta e di futurismo da social network che, da dire, non ha molte cose oltre alle strade sporche e alla sicurezza del quartiere San Leonardo. Risentirli sarà come schiudere il cassetto delle reliquie delle scuole medie e scoprire che anche noi all’epoca indossavamo il cappello “Boy” e la bandana al polso: una fitta alla pancia di disagio e di patetico. Come quel vagare nello stomaco di un torciglione di nausea alla domenica pomeriggio, col reflusso del bollito e dell’Ortolina unito al pensiero di ciò che ci aspetta l’indomani. Quando non resta altro da fare, in effetti, che guardarsi l’ultima puntata della Gialappa’s.
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