di Debora Comani e Mauro Antuofermo*
Mercoledì scorso, 29 novembre, si è tenuta un’assemblea studentesca in solidarietà alla Palestina nella sede centrale dell’Unipr. L’obiettivo di questa assemblea era quello di avviare una discussione e un percorso di lotta assieme agli studenti e studentesse dell’università.
Tra i vari contributi che sono stati portati mercoledì, è stato sottolineato più volte come il massacro, nonostante la narrazione dei media, non è iniziato il 7 novembre. Al contrario, è iniziato più di 70 anni fa con l’occupazione dei territori e la Nakba, brutale espulsione di 800.000 palestinesi dal proprio luogo di residenza.
Durante la discussione è stato sottolineato il ruolo della nostra università nel conflitto; infatti, nonostante l’apparente posizione di neutralità, l’Unipr ha stipulato accordi con Israele e con le aziende belliche.
Una di queste imprese è la Leonardo, azienda del settore bellico che esporta in Israele velivoli d’addestramento con cui viene bombardata Gaza. L’assemblea si è poi data l’obiettivo di costruire un movimento studentesco all’interno dell’università che si attivi in maniera costante per mettere in luce le atrocità che continuamente subisce il popolo palestinese, anche attraverso manifestazioni come quelle già avvenute questo mese.
Dall’inizio dell’assedio a Gaza, nonostante la propaganda di guerra dei giornali, la partecipazione degli studenti nelle manifestazioni a favore del popolo palestinese è stata una costante.
È dunque importante concepire quest’assemblea come parte del percorso dell’attivazione studentesca nazionale e non come un momento fine a se stesso; nell’ottica di esercitare una reale influenza sul ruolo dell’Italia nel conflitto in Palestina.
Le ultime settimane infatti sono state caratterizzate da una forte attivazione studentesca: a parma per tre settimane di fila le strade sono state inondate da una fiumana di lavoratori, studenti, palestinesi e non; inoltre sono state frequenti le azioni davanti alle scuole, i banchetti organizzati in facoltà. Ci sono state importanti mobilitazioni in città italiane come Roma, Torino, Bologna, Milano e Firenze. Proprio a Firenze il 21 novembre, un corteo di studenti universitari riuniti in presidio sotto il rettorato dell’Università per contestare gli accordi tra l’UniFI e le aziende belliche coinvolte nella guerra in medio oriente, ha subito un attacco da parte della polizia in antisommossa. L’aggressione è stata giustificata dalla falsa accusa che il corteo fosse diretto verso una sinagoga.
In questo contesto risalta particolarmente il contrasto tra la mole di manifestanti che riempie le piazze e la magra risonanza mediatica che queste azioni hanno avuto nei principali canali di informazione, i quali le citano a stento, spesso accusandole di essere antisemite o di sostenere il terrorismo.
Denunciamo i tentativi delle istituzioni di reprimere le proteste di chi propone una narrazione lontana da quella dominante e di ignorare il fatto che a poco a poco i sostenitori di Israele si stanno riducendo alle sole figure che traggono un diretto vantaggio materiale dalla sua esistenza.
Gli studenti e i lavoratori possono rappresentare un argine alla guerra. È infatti l’università uno dei centri di legittimazione politica e sostegno materiale del massacro in atto. I nostri porti sono snodi logistici per l’invio di armi in Israele. Pertanto il nostro compito deve essere l’organizzazione della partecipazione nei luoghi di studio e di lavoro per rompere la macchina della guerra.
* Militanti del Fronte della Gioventù Comunista