di Marco Severo
Adesso tutti a dire che la “GazZitta di Parma” non ha valorizzato in prima pagina la manifestazione in difesa delle donne, il giorno dopo il 25 novembre mondiale. Adesso tutti a lamentare che la “GazZitta di Parma” concede più risalto alle paratie “sulla Parma” che a settemila persone andate in piazza con i colori, la rabbia e la vita. Ma che ne sanno, tutti? Comodo eh, andare in piazza a fare casino e il giorno dopo recarsi – trallallero trallalà – all’edicola (se non l’hanno spiantata nella notte) per rivedersi in prima pagina sul giornale più antico d’Italia!
Ma che ne sapete, eh? Voi ad esempio lo sapete che ieri, in redazione, c’erano colleghi che volevano titolare: “Fi’ che lavoro! Arrivate le paratie ve’”? C’è voluta tutta l’opposizione dei giovani, precari da 47 anni, per fargli cambiare idea, ai colleghi. Per alcuni minuti ha tenuto banco persino l’ipotesi di titolare “Parma capitale delle paratie”.
Quindi, voglio dire, tenetevi buona la prima pagina di oggi. Abbiamo anche pubblicato una grande foto di Partipilo (e scusate per il pilo) che fa il segno delle femministe dopo il gol del Parma. Fateci caso a queste cose, prima di criticare. (D’accordo sì, Parti* fa il segno del cuore e non quello delle femministe. Ma va bene uguale).
Un altro anziano redattore, per dire, s’è molto indispettito poiché aveva un pezzo sullo Dsèvod che aspettava “in ghiacciaia”, come diciamo noi, e gliel’abbiamo fatto saltare di nuovo. Il redattore è uscito sbattendo la porta e urlando “glielo spiegate voi a quella culona di mia suocera!”. Abbiamo infine dovuto moderare i furori di un cronista colto da repentino accesso isterico perché “tutta quella gente in piazza mi ha fatto arrivare tardi in questura, figa!”, come ha detto il cronista medesimo. Quando il cronista è arrivato in questura, l’amico poliziotto aveva già detto il numero di ovuli che il pusher aveva cacato.
E poi, anche voi anime belle! Neanche un fungaiolo colto da malore su settemila persone? Un ladro acrobata, una pista da allungare, uno stadio da costruire, chessò. Uno striscione “food valley alè oh oh”. Fatevi furbi la prossima volta. Il massimo sarebbe che qualcuno o qualcuna morisse. Ecco, un bell’omicidio ci vorrebbe. Altro che slogan per la vita! Allora vedreste che prime pagine trallallero trallallà!
Inutile poi che facciate tutti quei raffronti con gli altri giornali, e che diciate “eh però ‘la Repubblica’ e il ‘Corriere’ e persino ‘Il Resto del Carlino’ hanno pubblicato in prima pagina grandi foto delle manifestanti”. È inutile fare questi raffronti perché gli altri giornali non hanno le massaie di Colorno che aspettano le paratie. Noi sì, e le massaie di Colorno che aspettano le paratie comprano ancora la “GazZitta di Parma”, mentre voi la “GazZitta di Parma” ve la passate su Whatsapp e chii bagaii lì.
Il nostro direttore aspettava da giorni le paratie, aveva le massaie alle calcagna, diceva “ma quando arrivano ‘ste paratie?”. Proprio non ci stava dentro. Ogni tanto telefonava e diceva “che per caso sono arrivate le paratie?”. Quando sentiva il citofono sobbalzava e diceva “le paratie le paratie”. E invece niente. Lui, per carità, la voleva anche pubblicare la fotona della manifestazione in prima pagina. Solo che il rider delle paratie è arrivato proprio ieri, che sfiga, in contemporanea con le donne che scendevano in piazza. E ormai l’inerzia era quella, sapete, le paratie erano diventate uno stato d’animo, un orizzonte ideale per l’intera redazione. Anche noi in ultimo abbiamo votato per il soppalco di prima pagina, così si chiama, in pratica una finta apertura, sulla manifestazione. Un modo per mettersi l’anima in pace e dedicare il vero titolo all’epifania della paratia. Perché le paratie quando arrivano arrivano.
Piuttosto, un po’ tutti in redazione siamo stati colti di sorpresa, di nuovo, dal vostro recondito e imperituro affetto per la “GazZitta di Parma”. Questo vostro rinnovarci fiducia e correre trallallero trallallà in edicola (ma non era diventata un distributore di detersivi?) per vedervi raccontati dal giornale più antico d’Italia ci lascia colmi di imbarazzata riconoscenza. Cos’è questo vostro riporre fiducia nel vecchio patriarca che vi tiene in un angolo da una vita? Questo vostro dipendere dalla mano di chi, al massimo, vi ha elargito fin qui un’interessata carezza? Cos’è questa sindrome di Stoccolma di provincia, di inscindibile cordone ombelicale che sempre vi riporta alla casa paterna per misurare voi stessi e le vostre autentiche capacità, come per un complesso infantile che irresistibilmente vi rifà pronti a bussare alla porta di sempre?
Su quella porta, lo sapete anche voi, si potrà al più incrociare un vecchio redattore che smania per pubblicare lo Dsévod e la food valley.