di Alberto Bonora
Il 7 aprile scorso, nella piazzetta dell’Avèrta, in borgo del Naviglio a Parma, è stata ricordata la vita dell’anarchico Antonio Cieri, a 86 anni dalla sua scomparsa in terra di Spagna. L’iniziativa è stata organizzata da Aicvas, Centro studi movimenti, Circolo Anarchico “A. Cieri” e Usi Parma. Pubblichiamo l’intervento di Alberto Bonora della Sezione “G. Picelli” di Aicvas Parma [ndr].
«Sapete cos’è stata la guerra di Spagna? Che cosa è stata veramente? – chiede ne Gli zii di Sicilia Leonardo Sciascia. – Se non lo sapete, non capirete mai quel che sotto i vostri occhi oggi accade, non capirete mai niente del fascismo, del comunismo, della religione dell’uomo, niente di niente capirete mai: perché tutti gli errori e le speranze del mondo si sono concentrati in quella guerra; come una lente concentra i raggi del sole e dà il fuoco, così la Spagna di tutte le speranze e gli errori del mondo si accese: e di quel fuoco oggi crepita il mondo –. Io sono andato in Spagna che sapevo appena leggere e scrivere, leggere il giornale e scrivere una lettera a casa; e son tornato che mi pare di poter leggere le cose più ardue che un uomo può pensare e scrivere. E so perché il fascismo non muore, e tutte le cose che nella sua morte dovrebbero morire son sicuro di conoscere, e quel che in me e in tutti gli altri uomini dovrebbe morire perché per sempre il fascismo muoia» [1].
Uno dei momenti centrali nella storia dell’Europa è rappresentato dalla guerra civile spagnola. L’importanza di quel conflitto si è consolidata ed è aumentata nel corso degli anni: rappresentò una delle ultime grandi cause per cui molti decisero, volontariamente, di combattere e fu, al contempo, un momento decisivo nel processo che avrebbe portato, pochi mesi dopo la sua fine, alla seconda guerra mondiale. Quando, a pochi giorni dal suo scoppio, il 17 luglio del 1936, arrivarono agli insorti i primi aiuti nazisti e fascisti, divenne chiara la portata internazionale di quella guerra: «Con l’intervento di Hitler e Mussolini in aiuto dei militari ribelli (…) il quadro muta radicalmente. La Spagna diventa un punto focale dei conflitti europei di interessi e ideologie. La storia del mondo intero si sovrappone alla sua storia, ne dilata, e in qualche misura ne espropria, i significati» [2], con la guerra di Spagna “fascista” ed “antifascista” sarebbero diventate «categorie, qualifiche politiche, di estensione planetaria» [3].
Durante i tre anni successivi, sarebbero stati decine di migliaia i volontari ad accorrere da ogni parte del mondo per combattere al lato delle truppe della legittima Repubblica spagnola: quello del volontariato fu uno degli elementi più caratteristici della guerra civile spagnola, prima inseriti nelle colonne organizzate dai partiti e dai sindacati, poi le Brigate Internazionali, da allora, le loro immagini sono rimaste impresse nella storia. Non si era infatti mai vista nella storia del mondo occidentale, una così straordinaria mobilitazione di uomini per andare a battersi in una guerra lontana, in cui non erano in gioco né la difesa, né gli interessi del loro paese, ma solo motivi ideali. Per dimensioni, sia per il numero dei volontari sia per l’ampiezza dell’area geografica da cui provenivano, ciò che avvenne in Spagna tra il 1936 e il 1939 fu assai superiore a qualsiasi precedente, né ha avuto uguali in seguito [4].
Per tutti i volontari fu «l’opportunità di rivalersi sulla dittatura che li aveva costretti a una vita randagia fatta di fughe e di nascondimenti, che li aveva umiliati con il carcere e con la violenza fisica, passava adesso per le strade di Madrid e di Barcellona. Era nella penisola iberica che si profilava la possibilità concreta di battersi, armi alla mano, con l’avversario di sempre» [5].
Oggi un importante elemento in questo processo è rappresentato dalla ritrovata centralità dei singoli attori di quel volontariato; gli studiosi hanno cominciato a farsi delle domande: chi erano? Perché scelsero di partire per la Spagna? Come vissero, a livello personale, quell’esperienza? Quale fu l’impatto della lotta in Spagna sugli itinerari dei militanti politici? Ci si è resi definitivamente conto di quanto fossero distanti le motivazioni, e i percorsi personali, che portarono un anarchico italiano a partire per la penisola iberica rispetto a quelle, ad esempio, di un afroamericano statunitense.
Tutti loro erano però consapevoli che quello spagnolo sarebbe stato un conflitto destinato a travalicare, almeno a livello simbolico, il limite geografico dei Pirenei; vide così la luce, sin dai primissimi giorni, un vasto movimento internazionale di solidarietà, tanto morale quanto materiale, che non conosceva precedenti nella storia contemporanea. Si trattò di un fenomeno spontaneo ed individuale: spontaneo perché non rispose a nessuna parola d’ordine, individuale perché, almeno nelle primissime fasi, non venne promosso da organizzazioni politiche o sindacali. Avrebbe in seguito ricordato Aldo Morandi, all’epoca ancora militante del PCdI, come «il Partito Comunista Russo, che era alla guida del Comintern, aveva posto il veto a tali arruolamenti. Chi andava in Spagna lo faceva spontaneamente e senza l’appoggio delle organizzazioni di partito» [6].
Nel giro di poche settimane, la somma di queste iniziative personali si tramutò in un movimento collettivo: da qui sarebbe poi nata una vera e propria rete di volontariato internazionale. Coloro che effettivamente partirono alla volta della Spagna non furono quindi che una piccola minoranza di tutti coloro che si mobilitarono in tutto il mondo.
Erano passati appena dieci giorni dalla sconfitta dell’insurrezione militare che Berneri si adoperò per la formazione di una colonna italiana; cercò così di non disperdere il potenziale costituito dai numerosi italiani che in quei giorni stavano attraversando la frontiera con la Francia. Il 30 luglio, apparve un appello su La Vanguardia: «ATTENZIONE ITALIANI! Si avvisano gli italiani che appartengono al gruppo anarchico formatosi in questi giorni che domani 31, alle sette di sera, saranno convocati per una riunione che si terrà presso la Casa CNT-FAI di via Layetana» [7].
In quella riunione venne fondato, un primo nucleo della futura Sezione Italiana, il Gruppo Malatesta. La Sezione Italiana della Colonna Ascaso fu una delle prime colonne composte solamente da stranieri ad organizzarsi[8]. La sera del 19 agosto 1936 il gruppo partì da Barcellona alla volta del fronte aragonese. I promotori di quell’esperienza furono due figure di primo piano dell’esilio antifascista italiano: il libertario Camillo Berneri ed il fondatore e leader di Giustizia e Libertà, Carlo Rosselli. Due importanti famiglie politiche, quella giellista e quella anarchica, si trovarono così a condividere il primo intervento dell’antifascismo italiano in Spagna. L’accordo finale con Rosselli, vide l’inquadramento degli italiani all’interno delle milizie confederali della CNT-FAI; nello specifico furono inseriti nel gruppo internazionale della Colonna Francisco Ascaso, attiva sul fronte aragonese e partita da Barcellona il 18 agosto. Sarebbe quindi stata «la bandiera rosso-nera della CNT-FAI a caratterizzare pubblicamente la Sezione Italiana» [9].
L’Atto Costitutivo della Sezione recitava: «L’adesione alla Colonna non è di gruppi politici, ma di uomini tutti gli antifascisti, senza eccezione di tendenza, sono ammessi alla Colonna. Secondo le disposizioni attuali del Comando delle Milizie, l’organizzazione della Colonna sarà fatta in collegamento con le Milizie della CNT e della FAI. Resta però inteso che la Colonna come tale manterrà il suo carattere di formazione unitaria antifascista al di sopra delle distinzioni di partito» [10].
La Colonna italiana che la sera del 19 agosto uscì dalla caserma di Pedralbes sfilando «per le strade di Barcellona fra due ali di popolo plaudente»[11], sarà nel tempo composta da circa 600 volontari. In larga maggioranza si trattava di anarchici ma il dato riguardante la composizione politica del gruppo era più complessa. Al momento dell’arruolamento i volontari erano infatti invitati a segnalare quale fosse la propria fede politica, risultavano così[12]:
Anarchici | 352 |
Antifascisti | 52 |
Comunisti | 89 |
Giustizia e Libertà | 42 |
LIDU [13] | 4 |
Repubblicani | 18 |
Sindacalisti | 1 |
Socialisti | 40 |
Trotskisti | 3 |
Nella Sezione Italiana si segnala la presenza di almeno 19 ex Arditi del popolo; non sono pochi se si considera che da quella esperienza erano passati ben quindici anni. Il più famoso tra di loro era l’anarchico Antonio Cieri, promotore degli arditi di Ancona e tra i protagonisti delle Barricate di Parma nell’agosto ’22 [14].
Antonio Cieri, che entrò in Spagna già nell’agosto del ’36, lasciò i figli alla famiglia Berneri; sua moglie era infatti morta pochi mesi prima. «Cieri aveva una difficile situazione familiare», avrebbe ricordato Carlo Rosselli dell’anarchico abruzzese che pubblicò su Giustizia e Libertà, «sua moglie, che adorava, gli era morta appena un anno fa, lasciando due bambini. Ma Cieri non poté resistere all’appello. Diviso tra i due sentimenti, quello della lotta antifascista e quello della famiglia, appena l’azione cessava correva a Parigi a riabbracciare i figlioli, pernottando, se occorreva, in prigione, per insufficienza di carte da mostrare alla frontiera. Poi, sistemati i bambini e gli affari, ripartiva»[15].
Il 5 ottobre del 1936 «è arrivata una “squadraccia” di una trentina di italiani», riferì un informatore dell’Ovra, «tra cui una donna, comandata dall’architetto Cieri, anarchico, ardito di guerra. Sono stati inviati al fronte di Huesca»[16]. In realtà il gruppo era arrivato sul fronte esattamente un mese prima, il 30 settembre: «nelle prime ore del pomeriggio, sotto la guida di Cieri, anarchico ben noto per l’eroica difesa di Parma – riferì Umberto Calosso – è giunto al fronte di Huesca il terzo scaglione di volontari italiani: 66 uomini» [17].
Di questo gruppo si conosce oggi ben poco. Negli anni successivi alla conclusione della guerra civile spagnola, la sua memoria si è andata progressivamente indebolendo: la creazione del mito sulle Brigate Internazionali favorì l’emarginazione di qualsiasi esperienza che non potesse essere direttamente collegata ad esse. Quella della Sezione Italiana si prestò così ad essere una “memoria minore”, una memoria coltivata essenzialmente all’interno del ristretto ambito del movimento libertario ma oggi pienamente inserita nelle ricerche organizzate da Aicvas [18].
Riflettere su questa colonna ha significato riflettere soprattutto sulle vite dei suoi membri; in primis, ci si è domandati che cosa portò due gruppi politici tanto diversi tra loro, come quello giellista e quello libertario, ad intraprendere un’esperienza comune. Ripercorrere i percorsi individuali di questi primi volontari ci ha consentito di ricostruire un quadro molto variegato del mondo da cui questi provenivano, quello dell’esilio antifascista; ne è emersa, un’emigrazione antifascista dove le diverse appartenenze politiche non pregiudicarono affatto i rapporti e gli scambi tra gli esuli. Ma questo viaggio a ritroso non si è fermato qui, siamo dovuti andare ancora più indietro, sin quasi all’origine della “Guerra Civile Europea”, fino all’Italia del primo dopoguerra, a quell’Italia dello squadrismo e dell’avvento al potere del fascismo. Le violenze, i traumi, subiti durante i primi anni ’20, si sarebbero rivelati fondamentali per i primi volontari italiani; la memoria di quelle esperienze fu alla base tanto della scelta antifascista quanto di molte precoci partenze per la Spagna. Come si vedrà, molti di coloro che nell’estate del ’36 decisero di lasciare, di punto in bianco, il lavoro e la famiglia lo fecero con la mente rivolta proprio a quei primi anni ’20.
Questo primo volontariato merita di essere finalmente investigato: recentemente – leggendo il libro Voluntarios por la revolución. La milicia internacional del POUM en la guerra civil española di Andy Durgan, scrittore inglese che vive a Barcellona – ho trovato il riferimento a un nuovo volontario parmense (il 60°), Giuseppe Morini di Pellegrino Parmense, comunista bordighista, che non accettò la militarizzazione delle milizie e rientrò in Francia, partecipando poi alla resistenza francese e alla liberazione di Parigi [19].
La storia della Colonna italiana si concluse con la militarizzazione delle milizie. Pochi giorni prima dell’epilogo ci fu l’ultima battaglia. Cercando di dimostrare come quella di abbandonare la lotta fosse un’imposizione e non una scelta del gruppo, gli anarchici cercarono di sfondare le linee franchiste a El Carrascal, ma dovettero «ripiegare con molte perdite: 9 morti, 43 feriti, 20 dispersi» [20].
«Questa è stata una lotta – ha scritto un testimone sul quotidiano della Colonna Ascaso, “Más Allá” – di quelle che rimarranno indelebilmente impresse nelle nostre menti. Nelle prime ore del mattino, 14 aerei fascisti irrompono sulle nostre postazioni. Acqua e freddo; perforano i corpi dei nostri miliziani. Bombe degli aerei che cadono a destra e a sinistra. I caccia, a bassa quota, mitragliano le nostre trincee. Colpi di mortaio qua e là… Sembra che la natura si fosse accordata con la tecnica nera della guerra per danzare la macabra danza della morte su El Carrascal» [21].
Tra i caduti di quell’ultima battaglia ci fu anche l’anarchico abruzzese e parmigiano di adozione Antonio Cieri. Già ardito, sposato e padre di due figli, quel 7 aprile a El Carrascal era il vice comandante della colonna. Al suo funerale, il 17 a Barcellona, parteciparono migliaia di cittadini e «tutte le rappresentanze delle varie organizzazioni antifasciste internazionali esistenti in Spagna» [22]. Su “Guerra di Classe” del primo maggio apparve un appassionante resoconto di quella giornata: «Disseminato di una selva di bandiere rosso-nere, fra una marea di fiori rossi, sfilò sabato 17 corr., per le vie di Barcellona, la salma di un eroe: il compagno Antonio Cieri, cittadino del mondo. Quanti accorsero a rendere omaggio al combattente audace non possiamo precisarlo. Possiamo dire soltanto che a vista d’occhio fu impossibile circoscrivere l’immensità del corteo» [23]. Nello stesso combattimento morirono altri volontari italiani: tutti erano anarchici [24].
Il 10 aprile Berneri ricevette una lettera dal fronte di Huesca: «Il nostro movimento ha subito un duro e atroce colpo. In proporzione numerica la nostra colonna fu quella che ebbe la percentuale maggiore di sacrificati. Essa fu la più audace, la più entusiasta pur essendo la più consapevole del grande sacrificio che ad essa era chiesto»[25].
Venerdì 16 aprile 1937, sul quotidiano “Solidaridad Obrera”, portavoce della CNT a Barcellona, Domingo Ascaso, comandante della Colonna Ascaso (Francisco), ricordava così Antonio Cieri: «Caduto nel fronte di Aragona, (…) quello che fu il nostro amato compagno del Gruppo Los de Ayer y los de Hoy (…) che come tanti altri valenti italiani, venne in Spagna sommandosi al proletariato rivoluzionario, opponendosi sul campo di battaglia alla iena fascista internazionale. Cieri fu sempre un valoroso militante anarchico. Dal 1920 partecipò anche (…) nel movimento di Parma, organizzando e animando gli Arditi del popolo (che in quei giorni era la organizzazione rivoluzionaria per eccellenza), come membro, allo stesso tempo, del Comitato Centrale degli Arditi del popolo di Roma. (…) Nel mese di settembre del 1936 arrivò a prestare la sua collaborazione al movimento rivoluzionario spagnolo. (…) Non ostante fosse il comandante del Battaglione italiano, questo incarico non gli impediva di essere il primo ad affrontare tutti i rischi e così morì lasciando a tutti noi l’esempio da seguire per continuare la sua lotta e poter trionfare sopra il comune nemico. (…) Che la terra ti sia lieve e i tuoi figli incontreranno un altro padre in quello che fu il tuo compagno di lotta e di idee» (Camillo Berneri NdA)[26].
Così, dopo quasi otto mesi, si esaurì l’esperienza della Sezione Italiana sul fronte aragonese, trasformandosi insieme al resto della Colonna Ascaso, nella 28° Divisione dell’Esercito della Repubblica [27]. Oggi a Barcellona al Fossar de la Pedrera, AICVAS, insieme alle associazioni antifasciste e della memoria catalane, ha posizionato un monumento in ricordo di Guido Picelli, Antonio Cieri e degli altri parmensi che combatterono il fascismo in Spagna [28]. Così come per Picelli a Mirabueno è stata posata una targa [29], ci impegniamo a posare, con il vostro aiuto, anche a Chimillas, una targa per Antonio Cieri.
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[1] L. Sciascia, Gli zii di Sicilia, Adelphi, Milano 2013.
[2] Gabriele Ranzato, L’eclissi della democrazia. La guerra civile spagnola e le sue origini, 1931-1939, Bollati Boringhieri, Torino 2004. Si veda anche: Angel Viñas, La soledad de la República. El abandono de las democracias y el viraje hacia la Unión Soviética, Critica, Barcellona 2006.
[3] G. Ranzato, Ripensare la guerra di Spagna, in Enzo Collotti (a cura di), Fascismo e antifascismo. Rimozioni, revisioni, negazioni, Laterza, Roma-Bari 2000.
[4] Per informazioni sulla partecipazione dei volontari internazionali alla Guerra di Spagna, numerosi sono i testi consultabili. Si veda Fernando Rodríguez De la Torre, Bibliografía de las Brigadas Internacionales y de la partecipación de extranjeros a favor de la República (1936 – 1939), Istituto Albacetenses “ Don Juan Manuel”, Deputacíon de Albacete 2006. Per la partecipazione italiana e in particolare quella dei volontari parmensi cfr. AICVAS – Associazione italiana combattenti volontari antifascisti di Spagna, Oggi in Spagna domani in Italia. Banca dati delle biografie dei volontari italiani antifascisti, https://www.antifascistispagna.it/?page_id=763; Marco Severo, Vincenti per tutta la vita. Antifascisti parmensi nella Guerra di Spagna, BFS, Pisa 2017; Marco Puppini, Garibaldini in Spagna. Storia della XII Brigata internazionale nella Guerra di Spagna, Kappa Vu, Udine 2019; Dizionario Biografico degli Anarchici Italiani, 2 voll., BFS, Pisa 2003/2004; Andy Durgan, Voluntarios por la revolución. La milicia internacional del POUM en la Guerra Civil Española, Laertes 2022.
[5] Marco Severo, Vincenti per tutta la vita. Antifascisti parmensi nella Guerra di Spagna, BFS, Pisa 2017.
[6] Riccardo Formica alias Aldo Morandi, In nome della libertà: diario della guerra di Spagna, 1936-1939, Mursia, Milano 2002.
[7] “La Vanguardia”, Barcellona 30 luglio 1936.
[8] Per maggiori informazioni sulla Colonna italiana in Spagna cfr. Enrico Acciai. Viaggio attraverso l’antifascismo. Volontariato internazionale e guerra civile spagnola: la Sezione Italiana della Colonna Ascaso, Università degli studi della Tuscia 2004. Che ho letto integralmente e che ringrazio e da cui ho tratto la maggior parte delle informazioni che mi hanno permesso di preparare l’intervento in occasione dell’86° anniversario della morte di Antonio Cieri. Parma 7 aprile 2023.
[9] Claudio Venza, Tra rivoluzione e guerra. Libertari italiani nella Spagna degli anni Trenta, in Aa.Vv., La resistenza sconosciuta. Gli anarchici e la lotta contro il fascismo, Zero in Condotta, Milano 2005.
[10] Camillo Bernardí, Epistolario inedito, a cura di Paola Feri e Luigi Di Lembo, Archivio famiglia Bernari, Pistoia 1984, vol. II.
[11] Giorgio Sacchetti, Senza Frontiere. Pensiero e azione dell’anarchico Umberto Mazzocchi (1900 – 1986), Zero in condotta 2006.
[12] Aa.Vv., La Spagna nel nostro cuore, 1936-1939. Tre anni di storia da non dimenticare, AICVAS, Roma 1996; Aa.Vv., Dizionario Biografico degli Anarchici Italiani, 2 voll., BFS, Pisa 2003/2004.
[13] Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo (LIDU) è la più antica associazione italiana impegnata nella diffusione della conoscenza e l’applicazione dei diritti fondamentali dell’uomo. Istituita nel 1919 su iniziativa di Ernesto Nathan.
[14] Questo l’elenco: Libero Bodini, Giuseppe Burgio, Emilio Canzi, Silvio Casella, Antonio Cieri, Italo del Proposto, Luigi Fascicoda, Virgilio Gozzoli, Ilario Margarita, Umberto Marzocchi, Adelino Paini, Adolfo Pintucci, Vindice Rabitti, Giuseppe Raffaelli, Paolo Roncali, Ludovico Rossi, Marcello Santini, Anacleto Sartori, Egisto Serni e Gelindo Zanasi. Cfr- Eros Francescangeli, Arditi del Popolo. Argo Secondari e la prima organizzazione antifascista (1917-1922), Odradek, Roma 2000.
[15] “Giustizia e Libertà”, 16 aprile 1937, Parigi.
[16] ACS, DPP, FM pacco 50, fascicolo 1. Relazione informatore C20/67, 30/10/1936.
[17] “Giustizia e Libertà”, 9 ottobre 1936, Parigi.
[18] Cfr. http://www.aicvas.org/
[19] A. Durgan, Voluntarios por la revolución. La milicia internacional del POUM en la Guerra Civil Española, Laertes 2022.
[20] Luigi di Lembo, Guerra di classe e lotta umana. L’anarchismo in Italia dal Biennio rosso alla Guerra di Spagna (1919-1939), BFS, Pisa 2001.
[21] “Más Allá”, 16 aprile 1937, Barcellona.
[22] ACS, CPC b. 1339, f. 16673 Cieri Antonio. Nota della direzione generale della PS, 17/04/1937.
[23] “Guerra di Classe”, 1 maggio 1937, Barcellona, cfr. https://usi-cit.org/guerra-di-classe-barcelona-1936-1937/
[24] ACS, CPC b. 1339, f. 16673 Cieri Antonio. Appunto Divisione Affari Generali e Riservati, 22/04/1937.
[25] C. Bernardí, Epistolario inedito, cit.
[26] “Solidariedad Obrera”, 16 aprile 1937, Barcellona.
[27] Michael Alpert, El ejército popular de la República 1936-1939, Crítica contrastes, Barcellona 2007.
[28] Il ringraziamento per l’installazione del monumento va a Carles Vallejo Calderon, presidente de L’Associació Catalana de Persones Ex-preses Polítiques del Franquisme (cfr. https://expresospoliticsdelfranquisme.com/) e a Eduard Amouroux segretario della Amical de las Brigadas Internacionales de Catalunya (ABIC) (cfr. https://amicalbrigadesinternacionals.wordpress.com/). Il monumento è stato realizzato e donato ad AICVAS dalla scultrice catalana Ana Marin Gálvez (https://esculturatactil.com/Picelli2.html/).
[29] La targa di Mirabueno è stata realizzata e installata grazie a: Pedro e Xulio Garcia Bilbao del Foro por la memoria de Guadalajara – (https://memoriaguadalajara.es/); Almudena Cros della AABI – Asociación Amigos de las Brigadas Internacionales – (https://www.brigadasinternacionales.org/); e José González, nel 2013 Sindaco del Comune di Mirabueno.