di Francesco Antuofermo
“Terrorismo: l’uso di violenza illegittima, finalizzata a incutere terrore nei membri di una collettività organizzata e a destabilizzare o restaurarne l’ordine”. Comunque la si giri, il terrorismo ha sempre un mandante ed un esecutore materiale.
Il 19 dicembre 2016 in un mercatino di Natale di Berlino, un tir si è lanciato a folle velocità sulle persone intente a fare gli acquisti prima di Natale. L’atto terroristico ha provocato 12 morti e 56 feriti tra gli avventori. L’attacco è avvenuto intorno alle 20.15 a Breitscheidplatz, nei pressi della Kurfuerstendamm, vicino alla chiesa intitolata al Kaiser Guglielmo, nella zona più commerciale della parte occidentale della città, molto frequentata anche da turisti, nei pressi dei grandi magazzini KaDeWe e del centro commerciale Europa Center.
Venerdì 18 giugno 2021 a Biandrate, provincia di Novara, all’ingresso del centro distribuzione Lidl, Alessio Spaziano, un camionista di 26 anni, ha appena scaricato le proprie merci nei magazzini della Lidl e vuole rimettersi in viaggio. Ma proprio quel giorno è in corso un picchetto organizzato dal sindacato Si Cobas contro le condizioni di sfruttamento dei lavoratori della logistica. Ad un certo punto, probabilmente stufo di aspettare la fine del picchetto, decide di forzare il blocco lanciando il proprio tir contro i manifestanti travolgendone un paio e uccidendo Adil Belakhdim, dopo averlo schiacciato sotto le ruote e trascinato sull’asfalto per una trentina di metri. Adil Belakhdim aveva 37 anni. Era operaio di una cooperativa addetta alla movimentazione di merci. Era anche un sindacalista attivo, coordinatore della sezione di Novara del Sindacato Intercategoriale Cobas. Adil lascia nella disperazione oltre alla moglie di Molfetta, anche due bambini piccoli.
Secondo alcune fonti il terrorista alla guida al momento dello schianto nel mercatino di Berlino sarebbe stato di nazionalità pachistana, afgana o cecena, un rifugiato comunque, entrato in Germania da poco. L’attentato richiama atri episodi simili come quello avvenuto a Nizza in Francia e rivendicato dall’Isis, il famigerato Stato Islamico. Il terrorista che invece ha lanciato il TIR contro gli operai che manifestavano per le bestiali condizioni che vengono imposte nel settore della logistica ma non solo, è italiano, della provincia di Caserta. Un ragazzo d’oro, secondo le testimonianze dei vicini di casa, padre anche lui di due figli, con una compagna che lo stava aspettando a casa e una vita tutta da definire.
Il terrorista di Berlino che si è lanciato in un’ultima corsa verso l’assurdo avrà sicuramente avuto le sue motivazioni. Così come è indubbio che qualcuno lo abbia istigato e mandato a morte secondo un disegno preciso. Sicuramente è necessario analizzare l’atto per capire sia le motivazioni del mandante che quelle dell’autore materiale del gesto, ma tale studio non rientra tra gli obiettivi di questo scritto. Anche il terrorista casertano avrà avuto le sue motivazioni che in quel momento gli saranno sembrate imprescindibili. Ma in questo caso, ha agito da solo per un impulso di follia o alle sue spalle esiste qualcuno che lo ha istigato? Qui, l’analisi diventa necessaria: Il livello di scontro sociale accelerato dalla giungla della pandemia ha fatto un salto considerevole. Il conflitto tra i chi possiede la ricchezza e chi no, ha raggiunto un punto di non ritorno.
Cosa ha spinto un giovane padre con due bambini piccoli a compiere un gesto così folle? Stiamo parlando di una persona abituata a viaggiare con un camion. Un autista di tir sa benissimo che il suo mezzo può diventare uno strumento di morte. Una disattenzione, un colpo di sonno, l’imprudenza di un sorpasso azzardato, possono portare in pochi secondi a distruggere tutto quello per cui si lavora durante le infinite ore seduto alla guida del camion. Proprio per questo sulla strada sa che deve agire con estrema prudenza ed è soggetto a innumerevoli controlli sia sul suo stato di salute fisico e mentale che sul suo mezzo.
“Se proviamo a immaginare l’Italia come un enorme corpo vivente – si legge in una inchiesta sul settore – allora le sue strade e autostrade ne sono le vene e loro, e i camionisti, provvedono ad alimentare l’organismo con tutto ciò di cui ha bisogno per vivere”. Lungo la rete autostradale migliaia di veicoli come tanti globuli rossi, trasportano ogni giorno la ricchezza faticosamente estorta all’interno delle fabbriche per portarla nei punti di consumo. Dalla produzione alla distribuzione la logica è la stessa: massimizzare i profitti e contenere i costi al minimo. Con questo presupposto non è difficile immaginare le condizioni di vita dei lavoratori del settore.
Ogni camionista è tenuto per legge e per una questione di sicurezza a effettuare delle pause. Le soste possono avvenire in autogrill lungo il tragitto, sia per mangiare, che per andare in bagno, lavarsi, riposare o sgranchirsi le gambe. Le ore di guida e quelle di sosta sono registrate sul cronotachigrafo, che non può essere manomesso ed è soggetto a verifiche della polizia stradale. Tendenzialmente, se si guida per lunghi tragitti non è possibile rientrare a casa la notte per sfruttare le ore di pausa. Anche gli eventuali rallentamenti del traffico possono incidere sulla velocità di consegna della merce, tenendo conto del massimo di ore di guida consecutive consentito. I sorpassi sono vietati quasi ovunque ed i limiti di velocità specifici del mezzo vanno rispettati.
Ma se tutte queste regole rendono solo più complicato il loro lavoro, quello che realmente distrugge i conducenti dei tir è la loro vita quotidiana. Sono in viaggio per settimane e abitano nelle strette cabine di guida. Provate a chiedere direttamente a loro come ci si sente a vivere nell’autocarro. «Vada nella sua stanza da bagno e lavori lì tutto il giorno – potrebbero rispondervi −. Passi lì anche il suo tempo libero e ci dorma. Il cibo lo prepara su un fornellino a gas davanti alla porta del bagno. Ripeta l’esercizio per diverse settimane: ecco come ci si sente».
Così come per gli operai durante la distillazione della ricchezza, in cui lavoro necessario e pluslavoro sono strettamente interconnessi, nella fase di rotazione del capitale (ossia nella fase intermedia che precorre quella dove il plusvalore si realizza) diventa fondamentale il rapporto tra tempo di guida e tempo di riposo. Un cronotachigrafo registra questo rapporto con una precisione al minuto. Ma sono innumerevoli i trucchi escogitati dai capitalisti del trasporto per spingere gli autisti a incrementare le ore di guida a scapito di quelle di riposo. Quello che ne viene fuori è che i camionisti sono costretti a infrangere la legge guidando a volte per quindici ore di fila o anche di più. Le paghe sono strettamente legate al numero di chilometri percorsi e dalle consegne effettuate. Si parte da un minimo di 1.200 euro, fino ad arrivare ai 2.500 euro se si è riusciti a percorrere almeno 52.000 chilometri al mese, ossia 10.000 in più dell’intera circonferenza della terra. Non sappiamo se Alessio Spaziano fosse interamente vittima di questo meccanismo coercitivo, ma possiamo comunque cercare di capire le sue motivazioni, perché questa comprensione ci serve per individuare cosa sta sotto: è necessaria per scoprire chi è il suo mandante.
Il mandante del suo atto terroristico ha nome e cognome. Si tratta dei giganti del settore che hanno monetizzato la pandemia che ha aumentato esponenzialmente gli acquisti online e, di conseguenza, la richiesta di trasportare merci. Si tratta di Amazon, DHL e FedEx, i Cerbero del settore della logistica messi a guardia della sacra valorizzazione del capitale. E lo sono i padroni, il governo e la Confindustria come è ben scritto sullo striscione nella foto. Il mandante è un modo di produzione che vive sulla contraddizione che vuole gli uomini divisi tra chi produce la ricchezza e chi se ne appropria. Un sistema che costringe i primi a sottostare a tutte le regole infernali messe in atto da chi gli ha espropriato i mezzi di produzione. Un meccanismo in putrefazione che ha sempre fame, dove la povertà degli uni è espressione diretta di questa contraddizione insanabile e che ha bisogno di nutrirsi anche della morte violenta di Adil Belakhdim pur di mantenersi vivo.