Ocme, azienda costretta ad aprire le trattative. Pap: “La lotta sindacale paga”

da Potere al Popolo Parma

Il primo lunedì di zona rossa a Parma, in via del Popolo capitano cose strane. Decine di persone con un trolley vuoto davanti allo stabilimento. Sono gli operai della OCME, azienda metalmeccanica parmense, da qualche anno rilevata dal gruppo riminese AETNA. Sono trasfertisti che stanno protestando a causa della decisione unilaterale dell’azienda di tagliare le indennità di vitto e alloggio rispettivamente del 25 e del 30 per cento.

Una cosa non da poco, se si considera che parliamo di lavoratori impiegati fino a dieci ore al giorno, week-end compresi, per assemblare e fare manutenzione su macchinari esportati in tutto il mondo. OCME, infatti, non è un’azienda in crisi, ma un gruppo che deve la stragrande maggioranza del proprio fatturato all’esportazione, una fabbrica che non si è mai fermata, anzi. Eppure, nonostante il lavoro duro e in condizioni particolari come quelle di una pandemia mondiale, gli operai si vedono “premiati” con un gesto unilaterale da parte dell’azienda che risparmia sul cibo e l’albergo per le loro trasferte. Ma la reazione da parte dei lavoratori e delle RSU non si fa attendere: indicono 8 ore di sciopero il 15 marzo, oltre al blocco degli straordinari ad oltranza sia in sede che in trasferta.

Non è facile nemmeno organizzarsi, nell’emergenza sanitaria, ma l’adesione allo sciopero è stata tale che l’azienda è stata costretta a tornare sui suoi passi, aprendo una trattativa. Una volta tanto ci piace sottolineare una vicenda che parla di lavoro, non solo per tristi racconti di vertenze al ribasso, fabbriche chiuse o accordi capestro con lo spettro del licenziamento. Le fabbriche, le tanto decantate eccellenze, sono il frutto del sudore e dell’impegno di migliaia di operai a cui nessuno ha regalato nulla ma che hanno conquistato questi diritti con la lotta.

E si può fare anche in tempo di pandemia, in modo creativo e, com’è evidente, efficace.

Una storia che raccontiamo volentieri.