di Marco Severo
Ad un certo punto un insegnante può anche sentirsi in colpa, in effetti. Se fa il calcolo di tutte le lezioni che ha condotto senza contraddittorio, nel chiuso della sua aula, a dire certe cose, senza che Fratelli d’Italia potesse intervenire, finisce per vergognarsi sinceramente. A volte ci ha anche pensato, in verità. Mentre spiegava agli alunni la Resistenza, ad esempio, è capitato che dicesse a se stesso: “Qui però ci vorrebbe il contraddittorio di Fratelli d’Italia!”. Spesso è tornato a casa turbato, tremando ha scrutato al tiggì le espressioni facciali dei Fratelli d’Italia persuaso di scorgervi segni di furore e riprovazione. “Ecco, vuoi vedere che mi hanno sgamato?!”.
L’insegnante dubbioso si è sentito perciò colto con le mani nella marmellata quando nei giorni scorsi ha letto il post che Priamo Bocchi, ex coordinatore provinciale del partito tricolore [del quale si è parlato ultimamente; ndr], ha pubblicato sulla pagina facebook del sindaco di Parma Pizzarotti: “Sono basito e indignato: avete delegato la commemorazione dei martiri delle foibe al Centro Studi e Movimenti [sic] con una lezione senza contraddittorio di uno storico militante marxista ammiratore di Tito […]”.
Prima o poi sarebbe venuta alla luce, questa storia delle lezioni senza contraddittorio. Tutto il tempo ad atteggiarsi impunemente a fervidi insegnanti, a riproporre gli articoli della costituzione “nata dalla Resistenza”, l’antifascismo sempre sulle labbra; neanche un’occasione persa per rammentare agli alunni che nella storia il male esiste e che sarebbe buona prassi riconoscerlo e additarlo inequivocabilmente; qualche autentico eccesso, anche, come il racconto di certi episodi trascurati dai libri di testo, uno per tutti il bombardamento delle città spagnole e l’uccisione di decine di civili da parte dell’italianissima aviazione legionaria fascista durante la Guerra di Spagna. Per tacere dei laboratori di Storia del Novecento affidati proprio al Centro studi movimenti. Insomma una continua e brillante performance in solitaria, incredibilmente chiamata scuola.
Come si poteva pensare di farla franca? Come si credeva di sfuggire all’italica sorveglianza del partito della Meloni, già artefice sul nostro territorio di una sacrosanta battaglia “scolastica”, un anno fa, insieme alla Lega, con l’operazione anti-pesciolini? Adesso che l’attacco allo storico Eric Gobetti e al Centro studi movimenti è stato sferrato, e che i giornali hanno raccontato, e che i post su facebook si sono susseguiti, resta sul campo proprio la questione del contraddittorio durante le lezioni. Se n’è parlato poco. In fondo l’intera polemica sul webinar per le scuole che Comune e Centro studi movimenti hanno promosso sulle foibe sbiadisce al suono melodioso e risolutore della sola parola che davvero “accende i cuori dalle Alpi all’Oceano indiano”: contraddittorio!
La rilancia Priamo Bocchi, e l’insegnante impenitente, abituato a evoluire sfrenatamente durante le sue ore in aula, è chiamato a fare ammenda e finalmente a contenersi. Con molta ingenuità i prof avevano sin qui ignorato il sacro metro di ogni dibattito televisivo, l’unità di misura delle idee in formato talk show, la religione universale del contraddittorio con i suoi sacerdoti da prima serata belli sbarbati e stirati. Il botta e risposta come bilancino che tiene in equilibrio la coscienza di un’intera nazione. Bruno Vespa futuro modello d’istruzione. Che d’ora in avanti non si dia più lettura di una sola pagina di storia senza il coinvolgimento di Fratelli d’Italia. “Pronto Fratelli, voi che ne dite se oggi parlo un po’ bene di Giuseppe Garibaldi?”
Si proponga al nuovo ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi di introdurre nelle aule scolastiche la figura del contraddittore, qualcuno pronto a scattare in piedi e dire “sì va bene la Resistenza, prof, ma allora le violenze dei partigiani?!”. (Applauso del pubblico).
Mettiamo mano anche ai manuali, le case editrici inseriscano “l’angolo Fratelli d’Italia”, la pagina “(per chi suona) l’altra campana”. Imbrigliamo a modo la scuola, il dibattito, la cultura, dentro il necessario reticolo di sorveglianza e cronometraggio delle opinioni. Si pensi ad un paradigma agonistico della didattica, vinca chi la spara più grossa, la ricerca scientifica sia finalmente un talent show che fa audience. E, anche, fa guadagnare qualche punto percentuale alle prossime (e)lezioni.