Patrimoniale: confessione impossibile di un super ricco

di Francesco Antuofermo

Cara Voladora, sono uno di quei pochi super ricchi ai quali viene chiesto uno sforzo per superare insieme questo momento grigio di pandemia. Confesso che alla sola idea ho provato un senso di nausea, di déjà-vu. Ancora una volta i tanti vetero-comunisti che si annidano sotto le vesti di pseudo democratici, cercano di portarci via parte di quella ricchezza conquistata in secoli di duro sacrificio e di scontri sindacali. Non hanno ancora capito che la ricchezza è un dono divino che ci spetta in quanto prescelti da nostro Signore. E quindi insistono, attaccano, si improvvisano minatori: cercano di scavare buche profonde con il chiaro obiettivo di sfaldare, erodere alle radici, di dissolvere i nostri patrimoni.

Ecco, ho pronunciato la parola fatidica: patrimonio. Non a caso la ruspa con la quale si accingono ora a minacciarlo, si chiama proprio Patrimoniale. Oggi voglio dimostrare qui, proprio in questo covo di sovversivi, che in realtà quanti parlano di patrimoniale sparano numeri a casaccio. Descrivono introiti giganteschi che possono esistere solo nella propria fantasia, di certo non nella realtà.

Si calcola che nel nostro Paese ci siano venti milioni di nuclei familiari. Quanti sarebbero i super ricchi in grado di pagare una patrimoniale efficace, ma non tanto pesante da suscitare una nostra rivolta sociale?”[1]. Ve lo dico subito: non siamo molti. “Al massimo quattro milioni”. Del resto lo dite sempre anche voi che pochi grandi capitalisti possiedono oltre il 70% della ricchezza italiana.  “Siamo quindi solo il 20% del totale” delle famiglie che compongono la popolazione. Perché volete accanirvi contro questa piccola minoranza?  Desiderate forse che anche noi entriamo a far parte di “quel restante 80% che vive di pensioni e di stipendi non particolarmente elevati” o peggio, di espedienti, all’interno di quella giungla di pseudo, chiamiamole così, occupazioni che sono l’anticamera dell’inferno della precarietà e della povertà?

Proviamo a fare due conti. “Di questo 20% voglio supporre che almeno la metà (10%) quelli meno ricchi, paghi una tassa di tremila euro come previsto dall’emendamento alla manovra economica. Stiamo parlando di circa due milioni di famiglie e quindi il gettito sarebbe di sei miliardi. Poi immaginiamo che un altro 5% quelli con una ricchezza più consolidata, si accollino diecimila euro a testa. Si tratta cioè di circa un milione di famiglie che complessivamente verserebbero nelle casse dello stato ben 10 miliardi! Altri 800 mila (il 4% dei paperoni) potrebbero versare ventimila euro a testa. In totale si arriverebbe a 16 miliardi. Infine arriviamo alla punta dell’iceberg dei ricchissimi: appena duecentomila famiglie cui sarebbe imposto di dare al fisco la cifra pazzesca di centomila euro una tantum ricavando così altri venti miliardi per le casse dello stato. Il gettito complessivo finale sarebbe di 52 miliardi”.

Certo, una cifra ragguardevole, sulla quale nessuno penso ci potrebbe sputare sopra. Ma voi siete sicuri di essere poi capaci di spendere questa cifra? E poi, di quanto si ridurrebbe il debito pubblico italiano con questo salasso ai danni della mia classe sociale? Pensate, in questo modo andremmo a “ridurre il debito italiano solo del 2%”. Si, avete capito bene. Una cifra penosa, una piccola scalfittura nella montagna consolidata del debito pubblico che opprime l’altro 80% della popolazione. Una somma che fornisce un’ottima giustificazione ai governi che si succedono di volta in volta alla gestione del paese per conto nostro, all’aumento costante della pressione fiscale.

Vogliamo sognare? Supponiamo allora di raddoppiare l’imposta” per i super ricchi. In questo caso il salasso nei nostri confronti sarebbe insostenibile oltre che intollerabile e il sacrificio porterebbe “il taglio del debito intorno al 4%”. Si tratta di un valore assolutamente non significativo” che nulla garantirebbe in termini di benefici rispetto ai problemi che vogliamo affrontare.

Di cosa stiamo parlando quindi? Perché desiderate impedirci di collezionare Lamborghini in garage, o di rastrellare il patrimonio immobiliare per garantirci un futuro dignitoso attraverso la rendita fondiaria, in nome di un misero 4% di riduzione del Debito Pubblico? Già, gli immobili. È vero, si potrebbe pensare di intervenire sugli immobili, quelli da noi posseduti a scopo speculativo. Ma sarebbe anche questa una “pessima idea”. In realtà “oggi si vende pochissimo. Una tassa straordinaria sul mattone avrebbe come unico risultato quello di deprimere ancora di più i valori”. Davvero volete che tutti coloro che hanno fatto immensi sacrifici per acquistare la prima casa vedano precipitare il valore della propria abitazione? Fatelo pure se ci tenete. Per noi sarebbe una ghiotta occasione per arraffare altre quote di mattone e consolidare il nostro patrimonio immobiliare.

Ecco perché sostengo che la patrimoniale sia un’imposta non solo inutile – poiché, come abbiamo visto, presenta un effetto irrisorio sul debito – ma anche dannosa perché deprime l’economia”. Siamo noi, infatti, coloro che apportano i capitali necessari che garantiscono gli investimenti per le imprese. Siamo noi la classe fondamentale a cui spetta il gravoso e pesante compito di distillare plusvalore dalla pelle dei lavoratori per poi distribuirlo, in diverse proporzioni certo, a tutto il resto della società. Lo hanno capito perfino quei settori di piccola borghesia accampata all’ombra dei Cinque stelle. Hanno blaterato per anni per imporci il reddito di cittadinanza, questa sì una spesa inutile e dannosa, agitandoci sotto il naso la bandiera di paladini degli indigenti. Ora per fortuna i nostri sforzi si sono concretizzati e sono passati dalla nostra parte opponendosi in modo deciso ad ogni forma di patrimoniale. Daremo sicuramente un premio anche all’ex Savonarola Luigino Di Maio, che alla lunga si è convinto che la patrimoniale sarebbe “un’altra tassa per colpire imprese e lavoratori”.

Niente di strano, lo sapete bene anche voi. Viviamo nel mondo della fenomenologia, del riflesso. Lo potete verificare ogni giorno attraverso ad esempio la bufala dei salari. In apparenza, infatti, attraverso il salario vi facciamo credere che noi remuneriamo tutto il lavoro che ci fornite. In realtà noi vi paghiamo solo i mezzi che vi servono per ripresentarvi ogni giorno al lavoro in condizioni decenti. In altre parole, vi onoriamo solo il costo della forza lavoro mentre tutto il resto della giornata lavorativa serve a noi per arricchirci e al resto della società per far fronte alle sue spese. È così da oltre due secoli. Lo stesso ragionamento vale per la tassa patrimoniale: è solo apparenza. Noi non abbiamo mai pagato tasse, non sappiamo neanche cosa siano. Quello che ci chiedete, in realtà, è di rinunciare ad una quota della ricchezza che vi abbiamo estorto. Ma davvero pensate che lo faremo in modo spontaneo e pacifico?

Pensateci bene. Senza di noi, tutta l’armonia di questo modo di produzione verrebbe meno e i poveri potrebbero alzare la testa, invadere le nostre proprietà, redistribuire la nostra ricchezza. Una catastrofe. Non ci voglio neanche pensare. Ora è meglio che vada a festeggiare. Naturalmente a base di fiumi di champagne. Voi invece abbandonate questi inutili e futili propositi e continuate pure ad avvelenarvi con birra e coca cola.

 

[1] I testi in corsivo sono liberamente tratti da un’intervista a Ernesto Preatoni a cura de “Il Sole 24 ore”, pubblicata il 26 ottobre 2018 con il titolo “Contro l’imposta patrimoniale: inutile e dannosa”. (Preatoni è un capitalista schietto, impegnato nella finanza e fondatore di Domina Hotel e Comproprietà Alberghiere, società attiva nel settore dell’attività alberghiera e della multiproprietà. Un vero paperone).