Pap chiama al presidio davanti al Maggiore: “Li chiamano eroi ma continuano a tagliare”

da Potere al Popolo Parma
Sabato 5 dicembre saremo davanti all’entrata di via Gramsci dell’Ospedale Maggiore di Parma, come Potere al Popolo e insieme ad Art Lab, per manifestare il nostro sostegno a tutto il personale impiegato nella sanità pubblica, chiamato a sacrificarsi in questi mesi di emergenza, e a chiedere che sia fatta semplicemente la cosa più razionale possibile, cioè invertire la rotta: fermare i tagli e investire per una sanità gratuita e universale per tutte/i. Le risorse per farlo ci sono, basta considerare i guadagni realizzati dalle grandi aziende proprio durante la crisi che stiamo vivendo.

Dopo 10 mesi di pandemia siamo arrivati a oltre 55mila morti. Nella sola Lombardia ci sono stati quattro volte più morti che nell’intera Cina. Un dato che restituisce in pieno l’inesistenza di una strategia di controllo del virus. In Italia, come nel resto dell’Occidente, si è scelto di “convivere con il virus”, di accettare un alto numero di contagiati, malati, morti, pur di non fermare i settori produttivi più potenti. Soprattutto, si è scelto di non rafforzare una sanità pubblica dissanguata da decenni di tagli, mancate assunzioni, stipendi ridicoli che incentivano la fuga all’estero, contratti trimestrali ai nuovi operatori che vengono chiamati a rischiare salute e vita. Per non parlare del lavoro “volontario”, cioè a titolo gratuito, che si è chiesto ai medici specializzandi.
Tutto il personale che lavora all’interno degli ospedali, ma non solo, vive un ricatto inaccettabile: da una parte è sfruttato fino all’osso e messo in condizioni di lavorare sempre sotto organico, dall’altra non può protestare, scioperare, fermare il proprio servizio, perché significherebbe privare di cure necessarie pazienti incolpevoli, in situazioni cliniche in alcuni casi gravissime. Così, facendo leva sul senso di colpa di chi ha dedicato la propria vita alla cura dell’altro, si continua sulla strada della privatizzazione che passa proprio (guarda caso) dai tagli a tutto il comparto sanitario pubblico, per dare spazio ai servizi privati. E il gioco è fatto: il peso degli ospedali ricade interamente su professionisti sottopagati e con un monte orario da fabbrica dell’Ottocento, rendendo così sempre più scarso il servizio e, di conseguenza, costringendo i pazienti a rivolgersi al privato.
In questo modo, si fa un enorme favore alle imprese che sulla salute guadagnano una barca di soldi, alle aziende che speculano sulla vita delle persone. Poi arriva la pandemia, l’emergenza mondiale, e chi è chiamato a metterci una pezza? Il personale di ospedali e RSA, infermieri, medici e OSS, che stanno cercando di fare l’impossibile, a rischio della propria salute, per cercare di salvare vite umane. Stanno pagando personalmente per tutto quello che non è stato fatto non solo quest’estate, ma negli ultimi 30 anni sciagurati di privatizzazioni selvagge, in cui la salute è diventata una merce come tante. E oggi, durante la seconda ondata, ecco che quelli che chiamavano in modo ipocrita eroi, sono condannati al sacrificio della propria vita sull’altare del profitto di pochi, carne da tampone buona per lacrime di coccodrillo.
Il disastro che viviamo ormai da quasi un anno l’ha reso evidente: l’unica soluzione è investire nella sanità pubblica, perché sia gratuita e universale per tutte/i. E non credete a chi vi dice che i soldi non ci sono, provate a chiedere a chi in questi mesi di crisi ha aumentato i propri guadagni. Per questi signori la nostra disperazione è stato un affare con incrementi percentuali a doppia cifra. Che si sacrifichino loro adesso: dobbiamo pretendere una billionaire tax sui grandi patrimoni, perché stavolta la crisi la devono pagare i ricchi!