dal Centro studi movimenti
Per l’8 marzo 2020 il Centro studi movimenti ha ideato Pillole femministe, una campagna di manifesti che, da venerdì 7 marzo, circoleranno per due settimane sui bus cittadini e che ricorderanno alcune delle conquiste più significative ottenute grazie all’impegno di diverse generazioni di donne. Obiettivo di quest’azione comunicativa è invitare la città a ritrovare il significato originario della Giornata internazionale della donna.
Negli ultimi decenni, infatti, per molte persone l’8 marzo è diventato poco più di una festa in cui ricevere mimose o andare a cena con le amiche e sembra aver perso il senso originario che, per prime, gli riconobbero Clara Zetkin e le altre donne che parteciparono alla Seconda conferenza internazionale delle donne socialiste nel 1910. Per loro, infatti, questa giornata sarebbe dovuta essere un’occasione di lotta e rivendicazione di diritti politici, equa giustizia, parità nel lavoro, rispetto nelle relazioni, autonomia e indipendenza dalle voci e autorità maschili, cancellazione di leggi misogine e discriminanti.
E, per diversi decenni, soprattutto dal secondo dopoguerra in poi, l’8 marzo è stato proprio questo, così come il motivo per avvicinare le donne alla politica, per consentire loro di riconoscersi in una soggettività collettiva e non più singola. Per le femministe degli anni Settanta, i colorati e festosi cortei dell’8 marzo rivendicavano la maternità come libera scelta, l’accesso ai contraccettivi e all’educazione sessuale, il diritto ad abortire, la condanna per qualsiasi forma di violenza all’interno della famiglia e fuori.
Poi il vuoto di questi decenni, in cui non solo il significato di lotta per i diritti delle donne sembra essersi perso, ma il femminismo è stato spesso demonizzato come un’assurda e ingiustificata guerra delle donne contro gli uomini. Con l’ultima ondata del movimento femminista, quella conosciuta internazionalmente come Non una di meno, si sono tuttavia riviste manifestazioni, piazze, cortei e iniziative volte a riportare l’8 marzo alla sua genesi.
Pillole femministe si inserisce in questo contesto e vuol dunque essere un esperimento di public history, che individua sette tappe simboliche che hanno cambiato la vita delle donne del nostro paese, donne che possono votare, divorziare, scegliere liberamente di diventare madri o usare contraccettivi perché altre donne, prima di loro, hanno lottato tenacemente mettendo in discussione norme tradizionali, stereotipi e modelli culturali. Conquiste che vale la pena conoscere e difendere.