La cultura ridotta a evento: Parma capitale dei narcisi

“Il narciso è quell’individuo che gode osservando sé stesso e il proprio corpo. Lepersone affette da questa patologia tendono a sovrastimare le proprie capacità e i propri talenti e sono costantemente assorbite da fantasie di successo illimitato. Il narciso ha bisogno di ammirazione e di attirare l’attenzione” (EnciclopediaTreccani). Proprio come fa Paolini, il disturbatore Tv.Come ormai sanno tutti, Parma sarà nel 2020 la capitale della Cultura. Un incarico prestigioso soprattutto per il significato intrinseco di questa parola. In origine il termine “cultura” deriva da “coltivare”. In un mondo dominato dalla necessità di soddisfare i bisogni primari, la capacità di estrarre vita dalla terra si
rifletteva in un insieme di conoscenze in grado di spingere in alto la possibilità di sopravvivenza dell’uomo. In questo contesto il contadino assumeva le vesti di grande esperto ed era tenuto nella dovuta considerazione.

Col tempo però il significato si estende: una parte della popolazione si erge al di sopra delle esigenze primarie di produzione, per assumere le vesti di una casta, di un clan che si arroga il diritto di dirigere e sfruttare il resto della comunità, siano questi schiavi, servi della gleba o operai oggi. La cultura viene così sequestrata e diventa cultura dominante. Il termine poi si divide nelle competenze: da un lato abbraccia la crescita culturale dell’individuo, ossia l’insieme delle cognizioni intellettuali acquisite attraverso lo studio, la lettura, l’esperienza e l’influenza dell’ambiente; dall’altro si estende a tutta la società imprimendone le caratterizzazioni sociali, politiche, economiche e artistiche del suo sviluppo. Questo concetto di cultura, quindi, prevede una distinzione precisa, tra la crescita culturale dell’individuo e lo sviluppo collettivo della società nel suo insieme. 

Ebbene, è veramente difficile inquadrare le recenti manifestazioni culturali proposte dal Comune di Parma sotto questi due obiettivi. Ci riferiamo in particolare alle rassegne gestite dall’assessorato alla Cultura del Comune di Parma. Il complesso degli ospiti e l’attività da loro svolta ha forse favorito l’innalzamento culturale di qualche singolo individuo? Non ci risulta. Per Fabio Geda, nonostante il successo editoriale del suo bel libro sull’immigrazione, non si è presentato nessuno. L’autore ha parlato alle sedie vuote. Forse tali
rassegne hanno permesso l’avanzamento sociale della Comunità? Non ci pare, non è dato da vedere. Di fatto la comunità parmense ha ignorato gran parte degli eventi. Rispetto alle iniziative organizzate dal Sistema Bibliotecario di Parma per celebrare l’anniversario del ’68, ad esempio, è stata scelta tra gli altri, Sveva Casati Modignani. Per la scrittrice, che ci ha confessato come la sua massima trasgressione sessantottina si risolva in un’infatuazione di gioventù per un uomo già sposato, in platea c’erano circa 40 persone, delle quali molte erano amici e parenti del personale delle biblioteche. Personale che, vogliamo sperare, già sia nutrito ogni giorno di un sapere ben superiore… 

Significativo poi è il caso dell’intervento di Mughini, il tuttologo principe dei programmi televisivi soprattutto quelli che riguardano il calcio e la sua squadra del cuore: la Juventus. Cosa c’entra Mughini con il ‘68? Ce lo dice direttamente lui. «Ero solo direttore responsabile di Lotta Continua. Un ruolo giuridico perché pensavo, da liberale, che dovesse uscire. Avevano bisogno della firma di un giornalista professionista, ma a me neppure piaceva quel giornale. Il mio unico rapporto furono 26 processi come direttore responsabile». Un’altra vera rivelazione. In realtà Mughini “aborre” il ‘68 e considera quegli anni di protesta come marciume. «Il Sessantotto – dice Mughini − è stato un grande movimento di energie che si sono avariate e sono durate troppo». Ma quanto ci è costata questa rivelazione? Il suo compenso ammonta a mille euro per una piccola ora di intervento, più naturalmente l’albergo a 4 stelle, il ristorante di quelli più rinomati a Parma e il trasporto fino al Palazzo del Governatore dalla sua Roma. Ma non sono solo il bianconero Mughini o il povero Geda a essere finiti nell’indifferenza parmigiana: anche altri intellettuali, come Paolo Flores d’Arcais, hanno subito il tritacarne di un’organizzazione incapace di programmare gli eventi scegliendo i tempi e le location corrette. La proiezione in piazzale Inzani del film sulla vicenda di Stefano Cucchi, o quella più recente del documentario sul processo allo stupro a Nettuno nell’ottobre del 1977, hanno dimostrato che si può fare Cultura con la C maiuscola con una grande partecipazione anche spendendo pochi soldi. 

Edifici inappropriati rispetto all’argomento, mancata pubblicità, mancata attualizzazione dell’evento, ospiti poco sul pezzo rispetto all’argomento da trattare. Sorge il sospetto che le iniziative siano finalizzate solo a raccogliere qualche foto con il personaggio famoso, a riprodurre i dibattiti degli asettici salotti televisivi nella cornice dorata del Palazzo del Governatore. Quello che conta è che la stampa ne parli, che l’evento faccia muovere le telecamere per mettere in mostra qualche assessore comunale, così da favorire il suo
narcisismo, sindaco in primis. Perché si sa, quello che è importante non è imparare ma apparire, essere visibile, un po’ come fa Paolini. L’importante è non passare nel dimenticatoio di una società che dimentica tutto e in fretta. A spese del contribuente, naturalmente.

Francesco Antuofermo