2,4 miliardi di euro: è la cifra che spiega la caduta del ponte Morandi a Genova. Una montagna di ricchezza che fa da contrappeso alla vita degli oltre 40 morti sotto le macerie. La corsa ai profitti autostradali nel corso degli ultimi anni ha assunto le vesti di una vera e propria guerra, dove da una parte è schierata la sicurezza degli automobilisti e dall’altra le esigenze di redditività delle voraci fauci dei concessionari autostradali. Non fatalità quindi, ma una conseguenza di questo scontro.
E il grande capitale con il ponte Morandi ha sparato la propria cannonata.
Con 3.9 miliardi di ricavi e 2.4 miliardi di euro di margine operativo lordo, Atlantia, la società che fa capo a Benetton e che gestisce la società Autostrade, ha trovato la gallina dalle uova d’oro. Una redditività di oltre il 50% realizzata attraverso i pedaggi autostradali e ai lavori connessi.
Questo spiega la grande euforia delle borse e sui giornali di Confindustria, quando l’ex ministro Del Río del PD, con un governo dimissionario che doveva svolgere soltanto gli affari correnti, ha rinnovato le concessioni della rete autostradale agli attuali potenti gestori (leggi).
Senza lo straccio di una gara d’appalto. Le società che gestiscono la nostra rete di autostrade possono vantare utili record grazie al sistema delle tariffe, che scattano in avanti secondo calcoli prestabiliti nella concessione. Un vero e proprio bancomat che ha garantito tangenti ai politici e il controllo dei grandi gruppi industriali sulla gestione della ricchezza collettiva.
Ora questo governo minaccia il ritiro della concessione ai Benetton. Bene. Ma alle minacce dovrebbero seguire fatti concreti. E invece sembra già fare un passo indietro. Le autostrade ormai sono state ampiamente ripagate con i pedaggi, quindi, sono ora proprietà collettiva. Il governo ritiri tutte le concessioni, non solo quella di Benetton, senza concedere indennizzi e utilizzi gli importanti ricavi per una corretta manutenzione e gestione fuori dalle logiche del profitto. È ora che lo Stato la smetta di funzionare come sede di conquista per lobby e affaristi senza scrupoli. È ora che diventi finalmente un organo al servizio del bene comune.
Francesco Antuofermo