A 50 anni dalla “lenzuolata” e dallo scandalo edilizio. Martedì 21 ottobre una mostra fotografica e un dibattito al Palazzo del Governatore

di Cristina Quintavalla

Il termine lenzuolata è un neologismo. Significa letteralmente “stesa di lenzuola in segno di protesta”. È quello che facemmo esattamente 50 anni fa quando su lenzuola portate da casa dalle famiglie del quartiere, quelle più lise naturalmente, scrivemmo nomi, date, dati, rogiti, composizioni societarie ecc. di una gigantesca operazione speculativa, denominata Centro Direzionale Montebello, che sarebbe diventato per la sua entità una sorta di altro cuore della città: qui in un’area pregiatissima spariva l’originaria destinazione ad edilizia economico-popolare, per concentrarvi supermercati, abitazioni private, la sede dell’Unione industriali, la sede della Democrazia cristiana, le poste, il teatro Paganini ecc.

Già così si appalesava una gigantesca operazione speculativa.

“La concentrazione di un gran numero di attrezzature pubbliche e private ‒ uffici, negozi, sale spettacolo ‒ in una zona compatta da urbanizzare ex novo è un’impresa pericolosa, che fa salire bruscamente il valore dei terreni nella zona stessa e in quelle circostanti e che favorisce l’uscita dal centro storico di un certo numero di attrezzature pubbliche, lasciando spazi agli usi privati più redditizi (negozi, uffici, banche) aumentando anche qui il valore di posizione delle proprietà immobiliari” (Leonardo Benevolo, “Corriere della sera”, 7 aprile 1976).

Ma non basta. L’area fu acquistata da un potente gruppo di imprenditori, venne costituita una società per azioni, la SIEM, fu accordata una prima tranche di finanziamenti da un’importante banca cittadina, quando ancora su di essa vigeva il vincolo ad intervento pubblico. Chi acquisterebbe per 700 milioni un’area che, stante il vincolo, avrebbe potuto essere espropriata a 1000 lire a mq?

Chi avesse avuto la certezza che il vincolo sarebbe stato tolto. Cosa che avvenne il 26 luglio 1973 quando l’Amministrazione comunale approvò una Variante al Piano regolatore generale (PRG), che attraverso una pioggia di delibere, svincolò tutto il possibile.

In virtù di questo gioco di vincoli e di svincoli, l’area acquisì un valore spropositato, sui 10 miliardi in valuta dell’epoca, senza la posa di un solo mattone, e sui 30 miliardi erigendo mattoni o cemento.

Lo svincolo, accordato dalla Riadozione del PRG, fu esteso non solo al Centro Direzionale Montebello, ma a tutte le aree libere destinate a direzionale ad iniziativa pubblica. Anch’esse erano già finite nelle mani dello stesso gruppo di speculatori, seppure camuffati dietro società per azioni con prestanomi vari. All’epoca questo potentissimo gruppo di imprenditori disponeva di circa 650 mila mq di aree edificabili, in condizioni tali da controllare il mercato immobiliare e di determinare valori, prezzi, affitti, qualità della vita.

Documento del Comitato unitario di Lotta per la Casa (Archivio Centro studi movimenti, Parma).

Il Comitato di lotta per la casa fornì la rappresentazione chiara di una forma di gestione capitalistica del territorio e mostrò i meccanismi attraverso i quali l’istituzione pubblica poteva accrescere rendita e profitto privati, anziché contrastarli. Fece vedere la rete occulta, costituita da amministratori pubblici, partiti, imprenditori, tecnici, faccendieri, istituti bancari, che consentì, piegando le norme a favore di interessi privati, la costituzione di un governo-ombra, parallelo a quello istituzionale, di cui i cittadini e gli stessi iscritti ai partiti coinvolti erano all’oscuro.

Si trattò di un’ennesima forma di corruzione? Fu molto di più. Fu la creazione di una concertazione che è ben rappresentata dalla modalità in cui questo disegno venne realizzato: la costituzione di una società per azioni, la SIEM appunto, di cui il 46% delle quote societarie era nelle mani del gruppo di imprenditori che acquistò le aree, ed il 54% era nelle mani del Partito comunista, del Partito socialista e della Democrazia cristiana. I rappresentanti dei tre partiti divennero soci della SIEM a titolo gratuito, senza tirare fuori un centesimo. La partecipazione azionaria dei partiti era evidentemente funzionale al ruolo che avrebbero esercitato all’interno delle istituzioni pubbliche, nella predisposizione delle norme e delle condizioni favorevoli, nell’opera di convincimento dei loro iscritti e militanti, nella giustificazione delle scelte urbanistiche adottate, nell’acquisizione attraverso propri uomini ai vertici delle banche di finanziamenti miliardari all’attuazione dell’enorme progetto.

Perché la Dc, che era partito all’opposizione, fu associata nella società per azioni a pari merito dei partiti che erano al governo della città? E perché fu accortamente tenuta nascosta la partecipazione societaria dei partiti e in particolare della Dc? La consociazione di interessi che avrebbero dovuto essere opposti e di partiti che avrebbero dovuto essere tra loro ostili acquista un significato preciso alla luce delle profonde trasformazioni che investirono i partiti della sinistra storica nei primi anni Settanta, sul crinale di un’ affannosa ricerca di larghe intese e compromessi più o meno storici, difficili e impossibili, tentati anche a Parma con forze politiche e classi sociali tradizionalmente ostili, sul cui altare sono stati sacrificati idealità, speranze, infaticabile impegno militante di tante e tanti.

La Lenzuolata ebbe il merito di mettere sotto una lente di ingrandimento questi processi di trasformazione e di vedere oltre il fatto corruttivo in sé.

Con delle lenzuola, una corda e delle mollette, stese tra un albero e l’altro, caddero una giunta comunale, un’intera classe politica dei partiti coinvolti, i vertici di una classe dirigente, economica e politica, così sicura di sé da presumere di poter fare quello che voleva.

Il controllo popolare, l’azione sociale dal basso, l’attività di inchiesta competente e qualificata, il lavoro politico volto al radicamento nei territori sono in grado di scrivere un’altra storia, quella di chi non vuole che i comuni siano piegati a svolgere il ruolo di facilitatori degli interessi privati, che la città pubblica possa essere delegata attraverso pratiche concertative occulte a pochi privati. È un bene che viene sottratto alla comunità e ad essa va reso.

Di questo parleremo martedì 21 ottobre, alle 17,30, presso l’Auditorium di Palazzo del Governatore, in piazza Garibaldi (Parma). Lì avremo la possibilità di riguardare le foto della lenzuolata che cinquant’anni fa, tra il 22 ed il 26 ottobre 1975, il Comitato di lotta per la casa espose pubblicamente in piazza della Pace. Pochi giorni dopo la Magistratura inviò i primi avvisi di reato.