Crisi alla ICC Compensati di Colorno

di SI Cobas – Parma

La ICC Compensati di Colorno, azienda del settore legno e imballaggi, ha interrotto senza alcun preavviso il rapporto con la società in appalto Job Parma, rifiutandosi di pagarle l’ultima fattura destinata al versamento degli stipendi dei lavoratori. La Job Parma, a sua volta, sostiene di non avere le risorse per saldare i salari arretrati e scarica la responsabilità su ICC. Tuttavia, la responsabilità è chiaramente di entrambe le aziende: la Job Parma non ha accantonato né i fondi per il TFR né le somme necessarie a garantire i diritti dei propri dipendenti.

All’ultimo incontro tra le parti erano presenti i sindacati confederali (chiamati direttamente dalle aziende) e ADL Cobas. I sindacati di base, pur avendo la maggioranza degli iscritti, non vengono riconosciuti come interlocutori ufficiali da ICC; tra questi, SI Cobas è la sigla con il maggior numero di lavoratori coinvolti.

La Job Parma ha formalmente richiesto l’apertura della procedura di licenziamento collettivo, avviando la consultazione con tutte le organizzazioni presenti. Tuttavia, l’instabilità e l’inaffidabilità delle aziende rendono, secondo SI Cobas, impossibile raggiungere un accordo realmente valido.

La UIL ha proposto un incentivo economico da accompagnare ai licenziamenti, ma questa ipotesi comporterebbe per i lavoratori la rinuncia alla maggior parte delle somme dovute. Per questo motivo SI Cobas si è alzato dal tavolo unitamente ai suoi scritti dichiarando di non voler avallare un’operazione che scarica ancora una volta il costo della crisi sui lavoratori.

Nel frattempo, la ICC Compensati di Colorno ha già inserito da circa sei mesi una nuova società in appalto, la VHL, che continua le lavorazioni impiegando personale precario, a tempo determinato e con condizioni peggiorative rispetto ai precedenti contratti a tempo indeterminato.

Di fronte a questa situazione complessiva, a dir poco sospetta, SI Cobas ritiene inaccettabile la sostituzione dei lavoratori storici con nuovi assunti precari. Non si tratta solo di una questione economica, ma di dignità e giustizia. Chi pensa che i lavoratori accetteranno in silenzio, ancora una volta, di essere calpestati, si sbaglia.