Lesignano e la coscienza resistente

di Marco Severo*

*Intervento per la Festa della Liberazione svolto a Lesignano de’ Bagni il 25 aprile 2025, basato sul libro “Sangue sulla neve. L’uccisione del partigiano Ernesto Pelagatti, Lesignano de’ Bagni, 1944” (Centro studi movimenti Parma, Comune di Lesignano, Anpi provinciale, 2017)

Ottant’anni fa, nel 1945, a Lesignano de’ Bagni alle porte di Parma la Resistenza andò oltre la Resistenza. Quando le formazioni partigiane dopo l’insurrezione del 25 aprile deposero via via le armi, Lesignano non ritenne ancora di aver finito. Tutt’altro. Per certi aspetti, il colpo più potente contro il nazifascismo doveva ancora essere sparato: più forte e più puro d’un colpo di sten.

A Lesignano, dopo la fine della Resistenza, le armi non vennero deposte perché non sempre, a Lesignano, la Resistenza l’avevano fatta le armi. Nella primavera di un’Italia da inventare, nel grano giovane del ’45 una scheggia di guerra ricadde a Santa Maria del Piano e portò un’occasione di vendetta.

Maggio, forse giugno, una strada all’inizio del paese, oggi via Martiri della Libertà: un fascista viene scovato, trascinato per strada, deriso. Una folla di giovani lesignanesi prepara una ritorsione, di quelle che avvengono numerose in quei giorni: la frenesia di passarsi tra le mani a calci e sputi chi per vent’anni aveva oltraggiato e ucciso non si tiene. La caccia al fascista è inevitabile, è la storia. “Chiamate l’Adalgisa, presto!” esorta qualcuno. “Questo qui, adesso, se la vedrà con lei!”.

Una donna senza più lacrime scende in strada, avanza. Adalgisa Corradini è la madre di Ernesto Pelagatti, il partigiano “Tucci”, per tutti Ernestèn, 23 anni, suo secondogenito, morto ammazzato come un animale da due fascisti, mesi prima, nel corso di un’esecuzione in stile squadristico.

Era il 29 dicembre 1944: due militi della Brigata Nera “Virginio Gavazzoli” di Basilicanova irruppero in casa di civili, minacciarono armi in pugno, trovarono il partigiano Ernesto Pelagatti sdraiato su un letto e quasi dissanguato, ferito dopo un conflitto. Fecero fuoco a bruciapelo, due militi fascisti contro uno soltanto, uno soltanto e moribondo per di più.

“Gisa, l’abbiamo trovato: è quello che ha sparato!”. Ora, in questa luminosa giornata in via Martiri della Libertà, qualcuno allunga una rivoltella alla madre di Pelagatti. “Per Ernesto, Gisa!”

Adalgisa guarda lo sciagurato al centro della folla ma rifiuta la pistola, quindi rivolge una domanda all’uomo: «Hai ancora tua madre?» chiede. L’ex milite fascista fa segno di sì con la testa. Tutto il dolore della donna si raccoglie in una frase che diventerà pietra fondante della comunità di Lesignano de’ Bagni. Guardando non l’uomo ma la gente, Adalgisa infatti implora: «Lasciatelo andare a casa, lasciatelo andare da sua madre».

Un momento dell’intervento. Da sinistra, Marco Severo (Csmp), la vicepresidente dell’Anpi di Lesignano Catia Montagna e il sindaco Andrea Borchini

La Resistenza di Adalgisa è uno sparo più forte di un colpo di sten, per l’appunto. La Resistenza è andata oltre la Resistenza, a Lesignano. È finita la guerra, nel ‘45: non la strada della risalita. Adesso che le armi si ripongono, adesso che si scende dai boschi, adesso che la bellezza appagante non starà nell’epica della battaglia ma nella politica, adesso, dopo le parate, le bandiere, la festa, o si ha qualcosa da dire di nuovo oppure, al contrario, sparare non è servito a niente.

Adalgisa qualcosa da dire ce l’ha, lo ha imparato a Lesignano. La sua è una storia di resistenza fatta di materia contadina, sapienza nutrita nei secoli dal senso di verità e giustizia che viene dalla terra.

La rivoluzione di una madre che a Lesignano, un giorno di primavera del ’45, salva dal linciaggio il fascista carnefice di suo  figlio – scegliendo così una clamorosa alternativa alla violenza – non è (soltanto) un atto politico né la conseguenza di un apprendistato ideologico.

L’antifascismo di Adalgisa non passa per la clandestinità del ’43-‘45, la coscienza della donna, semplicemente, è sempre stata resistente. Il suo gesto, se non di perdono certo di solidarietà e di fede, ripropone un linguaggio umano dopo vent’anni di dittatura disumana, ed è in fondo un fatto normale in una comunità rimasta incorrotta dal fascismo. Lo ha detto bene Luigi Gandolfi, presidente dell’Anpi di Lesignano: “Adalgisa Corradini era una contadina, i contadini danno la vita: non possono tollerare il fascismo e la sua cultura di morte”.

Con la scelta di una donna senz’armi, rivoluzionaria perché non conforme al canone del Ventennio, prese corpo lo spirito partigiano di una comunità di provincia. Lesignano guardò avanti a modo suo, restò fedele a se stessa sfilandosi con naturalezza la maschera caricaturale imposta dal fascismo. In barba al militarismo e ad un pensiero livellante, questo piccolo centro di frontiera fra la pianura in mano ai nazifascisti e l’Appennino partigiano, nel passaggio dalla tirannia alla nuova Italia mise in campo le sue risorse proprio grazie a figure miti e poco “romane”.

Sono i civili – oltre alla madre di Ernesto ricordiamo, fra gli altri, Aronne e Vittorina Chierici e don Riccardo Chiari – i protagonisti di questa parte della Resistenza a Lesignano, un’opera umana fatta da contadini, madri, preti che si mossero di contrappunto alle formazioni partigiane della val Parma, dalla 47esima Garibaldi alle formazioni di Giustizia e Libertà.

A Lesignano la solidarietà e la forza muta della “piccola nazione” vinsero sull’artificio, sui miti di uno Stato piegato al fanatismo iperbolico.

Se è vero dunque che studiamo la Storia non per gusto enciclopedico né per fare museo, della vicenda fors’anche periferica di Santa Maria del Piano impugniamo questa enorme verità: la libertà delle coscienze, quella che tira dritto nel silenzio, è più operante delle esibizioni del Potere.

Non abbiamo bisogno di prendere ordini da nessuno, dice la vicenda di Lesignano, tantomeno di prendere ordini funesti da una tirannia tragica e grottesca. Quando il Potere viene messo da parte, più o meno programmaticamente, la “piccola nazione” con le sue regole diventa legge: la legge dell’essere umano.

In un presente che ripropone riflessi di fascismo stratificati, e perciò più mimetici di un demenziale braccio teso a saluto romano, la resistenza si allena con la reattività della coscienza che si sottrae all’omologazione, così come si sottrassero alla propaganda fascista i civili e i partigiani di Lesignano: omologazione che oggi è dell’estetica, dell’economia, della comunicazione, del sentire mediatico e, più ancora, del non-sentire mediatico ovvero del vuoto dei sentimenti prodotto dal conformismo della parola, erede della retorica più derelitta che fu del fascismo storico.

Il servizio più nobile che ad ottant’anni dalla Liberazione si fa allora alla nostra Costituzione, con la maiuscola, quella nata appunto dalla Resistenza – o alla nostra costituzione con la minuscola, cioè a quell’unica legge che tutto riassume, finanche la sacra “carta più bella del mondo”, e cioè il rispetto della vita e alla libertà – è conservare se stessi e non capitolare alla prima opzione, la più facile, quella servita comoda sullo smartphone; non cedere alle imposizioni più o meno autoritarie, o più o meno seducenti, dei finti eroi del presente.

Un allenamento allo stare in guardia è molto necessario, e in questo – come insegnante – mi permetto di rivolgere una considerazione finale sull’unica strepitosa e per sempre resistente palestra in cui è ancora possibile svolgere un simile apprendistato, ovvero la scuola.

Di fronte ad un presunto potere politico, economico, mediatico sbandierato a suon di proclami, la scuola ha il compito di tirare dritto e di farsi “piccola nazione” autonoma e libera, così come seppero farlo Adalgisa Corradini e Lesignano; la scuola ha l’opportunità ancora di operare fedele a se stessa, di scrollarsi di dosso con il fare quotidiano la rete di mediocri bugie che l’attorniano, così come seppe fare ottant’anni fa, contro un’ideologia ottusa, la madre di un partigiano, contadina che dava la vita e che una bella mattina di primavera del 1945, a Lesignano de’ Bagni, insegnò la nuova Italia e la nuova, vera, eterna libertà dell’essere umano.

Buona festa della Liberazione a tutti!

Lesignano e la coscienza resistente