Potere al Popolo – Parma

Questo fine settimana abbiamo iniziato i primi banchetti per la raccolta firme per la petizione popolare sul diritto all’abitare, Una firma a forma di casa, sabato al mercato dell’Annunciata e domenica a quello di piazzale Matteotti. Ci sentiamo di condividere una riflessione per questo esordio dell’iniziativa, perché è andata oltre le nostre migliori aspettative. In genere non è semplice fermare qualcuno con un volantino per strada e parlargli di un’iniziativa politica, si incontra molta diffidenza che è difficile scalfire, è una caratteristica a cui ormai ci siamo abituati.
Eppure sabato fin da quando siamo arrivati abbiamo riscontrato immediatamente molto interesse, abbiamo raccolto moltissime firme non solo da chi ci è venuto a cercare perché sapeva della nostra iniziativa, ma anche da molte persone che si sono incuriosite di fronte a quel tavolino con il cartello che illustrava cosa chiediamo con la nostra petizione. Abbiamo avuto modo di parlare con molte persone, studenti, lavoratori, giovani, anziani: evidentemente la casa è un problema a Parma e interessa diversi strati della popolazione e la diffidenza si è sciolta più facilmente del solito, permettendoci di parlare e poter sentire storie diverse, talvolta molto diverse, che si scontravano con la difficoltà di trovare un posto nella nostra città.

L’idea alla base della nostra iniziativa è molto semplice, reperire risorse per la ristrutturazione di case popolari tassando lo sfitto e combattendo efficacemente l’elusione fiscale e gli affitti in nero. In poche parole tassare la rendita immobiliare, che in 30 anni ha drenato risorse pubbliche, cementificato selvaggiamente il nostro territorio e causato una crisi abitativa che è diventata grave anche in una città medio piccola come Parma. È una condizione in cui si trova tutta l’Italia, che registra un’assenza di politiche pubbliche da diversi decenni, affidando al mercato lo sviluppo urbanistico delle nostre città. E oggi possiamo dire senza ombra di dubbio che questa scelta si sia rivelata fallimentare. Una scelta perseguita in modo uniforme indipendentemente dagli orientamenti politici dei governi, sia la destra, tradizionalmente ostile alle politiche pubbliche sulla casa, sia la cosiddetta sinistra, che porta la responsabilità della scelta nazionale dell’abolizione della legge sull’equo canone nel 1998. Ma entrambi gli schieramenti hanno contribuito all’abbuffata di cemento delle nostre città e alla definitiva fine di un piano pubblico per le politiche abitative con una serie di provvedimenti, dal “decreto Tremonti” (Legge 133 del 2008) fino al “piano casa Renzi Lupi” del 2014.

L’Italia è fanalino di coda in Europa per percentuale di case pubbliche con un misero 4% sul totale, contro il 37% dei Paesi Bassi, il 21% della Danimarca, il 17,6% del Regno Unito e il 16,88% della Francia. Un confronto che racconta impietosamente perché in Italia il diritto alla casa sia più sulla carta che nella realtà e perché il numero di abitazioni di proprietà sia molto più alto che in Europa. Per diverso tempo accendere un mutuo è stato decisamente più conveniente che accedere ad un affitto, ma dopo la crisi finanziaria del 2008, l’accesso al credito è progressivamente diventato sempre più difficile e oggi, tra guerre commerciali e reali (e sempre più vicine) le prospettive non sono certo di miglioramento.
Il problema non è nuovo, ha radici profonde, a Parma la Rete Diritti in Casa da decenni ha tenuto alta l’attenzione in città su questo tema, quasi in solitaria, spesso stigmatizzata e descritta dalla stampa locale nei termini di un problema di ordine pubblico, un modo per non guardare ad un problema che oggi esplode toccando non soltanto lavoratori stranieri e studenti, ma giovani, lavoratori che arrivano a Parma da altre regioni a seguito di concorsi pubblici o per lavorare nelle aziende del nostro territorio. Ma non solo, il problema della casa va ad incidere in modo consistente su dinamiche sociali gravi come la violenza domestica sulle donne o anche più banalmente sulle separazioni. Una crisi paradossale se pensiamo che il tasso di espansione urbana e quindi di cementificazione ha avuto impennate senza precedenti nello stesso periodo: secondo dati ISPRA negli anni ‘90 la cementificazione si è divorata il nostro territorio al ritmo di 2,4 mq al secondo, nel decennio successivo è proseguito a ritmo irregolare a causa della crisi finanziaria a partire dal 2007 per poi ripartire dal dal 2010 al 2020 ad un ritmo di 19 ettari al giorno. Questo tema insomma è strettamente correlato alla crisi ambientale in cui siamo immersi e chiede un ripensamento radicale nella gestione delle nostre città.
Per questa ragione abbiamo ritenuto il tema della casa come centrale, rendendolo l’argomento principale della campagna elettorale per le amministrative a Parma del 2022, dove avevamo messo nel nostro programma alcune delle iniziative che ora sono nella nostra petizione.
Pensiamo sia una prospettiva da cui cominciare a guardare ai problemi che attanagliano le nostre città e che da tempo vengono affrontati criminalizzando di volta in volta i settori più marginali della nostra società. Non è una novità nemmeno questa, perché sono 30 anni che ci rifilano queste soluzioni preconfezionate che in sostanza richiedono più polizia ma che non hanno portato a nulla se non evitare accuratamente le cause dei problemi concentrandosi sulle conseguenze.

La ragione di questo rifiuto sta negli interessi che il cemento mobilita in Italia. Secondo il CRESME (Centro Ricerche Economiche Sociali di Mercato per l’Edilizia) il settore delle costruzioni con l’indotto e il mercato immobiliare rappresenta circa il 25% del PIL italiano più del 10% della media europea che si attesta attorno al 15%. Si tratta quindi di una fetta di interessi notevole che non a caso esercita un controllo decisivo anche sul sistema mediatico e politico. Il gruppo Caltagirone controlla “Il Messaggero”, “il Mattino” e “il Gazzettino”, il gruppo Angelucci controlla “Libero”, “Il Tempo” e “Il Giornale”. Mediaset della famiglia Berlusconi non ha bisogno di presentazioni, visto che il suo ideatore ha iniziato proprio come imprenditore nel ramo delle costruzioni, mentre il gruppo GEDI, che controlla “Repubblica”, “La Stampa”, “il Secolo XIX”, oltre a Radio Capital e Radio Deejay e a decine di altri mezzi di informazione è controllata dagli Elkann tramite la holding Exor che ha cospicue partecipazioni nel settore immobiliare.
Nel nostro piccolo a Parma l’unico quotidiano cartaceo, la “Gazzetta di Parma”, è il giornale dell’UPI (Unione Parmense degli Industriali) in cui il settore delle costruzioni occupa una posizione di rilievo tanto è vero che ne è presidente il geom. Gabriele Buia, e nel suo consiglio direttivo siede Paolo Pizzarotti, titolare dall’Impresa Pizzarotti&C. Spa, una delle più importanti aziende italiane del settore. Un peso che come possiamo vedere è salomonicamente “bi-partizan” (a patto di considerare di sinistra un giornale come “Repubblica”, a nostro avviso decisamente no, ma ci fermiamo qui perché il discorso ci porterebbe altrove) e che lascia immaginare quanto il peso di questi interessi possa influire sulle scelte politiche del nostro paese a livello nazionale e locale.