Violenza contro le donne e il ruolo dell’educazione: un’analisi pedagogica

di Stefano Manici

Leggo stupore nello sguardo dei miei studenti quando dico loro che è giunto il momento di prendere una posizione forte sulla violenza contro le donne; elenco una serie di fatti di cronaca, snocciolo statistiche, elaboro teoremi contro il patriarcato. “Prof, ma se l’è cercata”, “prof., guardi come era vestita…”.

Ciò che osservo è un quadro desolante, i nostri ragazzi sono imprigionati negli stereotipi e nella sotto cultura maschilista che per anni ha caratterizzato anche la mia adolescenza: dalla comunicazione mainstream che da anni ci inonda di messaggi in cui la figura della donna viene mostrata mezza nuda su manifesti pubblicitari 3×2, nelle trasmissioni televisive che restituiscono donne a cavalcioni sui tavoli di prestigiose trasmissioni, da quella cultura in cui la donna è umiliata e deumanizzata nelle migliaia di siti pornografici, la lista potrebbe essere lunga. In questa cornice il maschio adolescente può davvero poco, mi dico.

Egli cresce in questo contesto e costruisce la figura femminile (s)vestita di questi significati, un femminile che può solo ricalcare un modello unico, sui codici della maternità e della sessualità, mamma o oggetto di desiderio. Uscire da questi binari è impresa assai ardua ed è compito pedagogico della società adulta, ovvero di coloro che hanno gli strumenti per deviare il percorso. Parliamo dei padri, dei docenti, dei mentori, di tutte le figure adulte che finalmente stanno prendendo posizione e che con un ritardo storico ingiustificabile (compreso quello del sottoscritto) finalmente stanno pensando di allestire setting pedagogici che sappiano sensibilizzare i nostri ragazzi.

La violenza contro le donne rappresenta ancora oggi una delle più gravi violazioni dei diritti umani, radicata in una cultura patriarcale che perpetua disuguaglianze e stereotipi di genere. Nonostante i progressi sociali, l’educazione affettiva e relazionale dei maschi continua spesso a sottostare a modelli che vedono la donna come oggetto o subordinata, alimentando una cultura di dominio che può sfociare in atteggiamenti violenti. Questo fenomeno evidenzia l’urgenza di intervenire con un’educazione capace di promuovere la parità, il rispetto e la non violenza fin dalla prima infanzia.

I giovani di oggi crescono in un contesto complesso, in cui tradizioni patriarcali si intrecciano con influenze moderne, tra cui i social media e una rappresentazione distorta dei rapporti di genere. In molti ambienti, persiste l’idea che l’identità maschile debba fondarsi su forza, competizione e controllo, mentre l’empatia e l’espressione delle emozioni vengono spesso scoraggiate. Questo lascia spazio a un modello relazionale squilibrato, in cui le ragazze sono ancora frequentemente percepite come responsabili del proprio destino nei rapporti, ma raramente poste in condizione di pari dignità decisionale.

I dati sui comportamenti e le opinioni dei giovani confermano questa tendenza: una percentuale significativa di adolescenti giustifica atteggiamenti di controllo o possessività nei confronti delle partner, considerandoli segni di amore o protezione. Parallelamente, molti ragazzi vivono una difficoltà crescente nell’accettare rifiuti o nel gestire frustrazioni, alimentando atteggiamenti di aggressività che possono degenerare in violenza.

Arrivo ad affermare che l’educazione è uno strumento cruciale per affrontare la radice culturale e sociale della violenza di genere. Famiglie, scuole e comunità adulte possono svolgere un ruolo fondamentale, lavorando insieme per sensibilizzare i giovani e costruire una cultura di rispetto reciproco.

Una delle grandi assenze nel panorama pedagogico italiano (insieme all’educazione al digitale) è proprio l’educazione alla socio-affettiva, che dovrebbe rappresentare una vera e propria materia curricolare e non rappresentare solo un intervento spot su richiesta di qualche docente che chiama il famoso “esperto”.

Chiaramente anche il ruolo della famiglia risulta essere essenziale in questa partita, le famiglie sono il primo luogo in cui i bambini apprendono modelli di comportamento e valori. Sarebbe opportuno che nelle nostre famiglie si diffonda l’idea che è corretto contrastare la cultura patriarcale, i genitori devono promuovere l’uguaglianza, insegnare ai figli, fin da piccoli, che i ruoli di genere sono fluidi e che non esistono compiti o comportamenti riservati esclusivamente a maschi o femmine, educare al rispetto, dare l’esempio, mostrando relazioni equilibrate e basate sul dialogo. incoraggiare l’espressione emotiva, aiutare i maschi a riconoscere e gestire le proprie emozioni, superando il mito della virilità associata alla repressione dei sentimenti.

Educare i giovani alla non violenza non è un compito semplice, ma è essenziale per costruire una società più equa e rispettosa. Famiglie, scuole e comunità adulte devono collaborare per creare un ambiente in cui i ragazzi possano sviluppare una visione sana delle relazioni, lontana dai modelli patriarcali e dalla cultura della violenza. Solo attraverso un impegno educativo condiviso sarà possibile trasformare le nuove generazioni in protagoniste del cambiamento, capaci di riconoscere e combattere ogni forma di discriminazione e abuso.

Ritorno in classe un po’ più fiducioso, cerco gli sguardi dei miei alunni, ora so come utilizzerò le ore di educazione civica… e non solo quelle.

 

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