da Potere al Popolo Parma
Ieri mattina (3 dicembre) la “Gazzetta di Parma” scaldava i motori in vista dell’imperdibile evento di quest’oggi: nientepopodimeno che la presentazione di Top Imprese Parma, un’analisi dettagliata della performance recente dell’imprenditoria cittadina. Unione Parmense Industriali schierata al gran completo. Ospite d’onore: il paladino dei valori occidentali – ultimamente bellicisti assai – Federico Rampini. Il giornale dedica una lunga intervista a Sebastiano Barisoni, vicedirettore di Radio 24, voce di Confindustria.
I passaggi notevoli sarebbero molti, per ragioni di spazio ci limitiamo al seguente. Dopo aver definito “ideologica” la politica climatica dell’Unione Europea (stessa linea, insomma, di Pichetto Fratin e Meloni), Barisoni si sente domandare: “Servirebbe un ripensamento europeo, ora?”. La risposta potrebbe essere: “Sì, certo: con il mercato al centro sono stati fatti solo danni, occorre un cambio si strategia”.
Ritenta, sarai più fortunato. Per Barisoni non sono i “mezzi” a fare problema, bensì i “fini”. Il mercato è perfetto; a infastidire è, piuttosto, l’ecologia. Ecco dunque la vera risposta: “Nessuna industria, nessun imprenditore privato avrebbe mai deciso un cambio epocale come questo”.
Senza nemmeno accorgersene, credendo di nascondersi dietro la foglia di fico degli “studi di fattibilità”, Barisoni ammette con candore ciò che chiunque abbia un minimo di buon senso ha già capito da tempo: i mercati proprio non ce la fanno a trainare la transizione ecologica. Anzi: peggiorano la situazione, accelerano la corsa verso il baratro.
Dunque, che fare? C’è la soluzione Confindustria, affidata all’elegante DJ: basta obiettivi ambiziosi, basta can can sulle emissioni. Facciamo finta di nulla, andiamo avanti, bruciamo quel che ci sarà da bruciare. Viene da aggiungere: e le alluvioni a Bologna e in Romagna? E la strage di Valencia?
Fortunatamente l’alternativa c’è: esautorare questo pensiero stanco e fallimentare dalla cabina di comando, mettere al centro di una robusta politica pubblica per la transizione il lavoro, le sue lotte, la giustizia climatica.
E ripartire dal connubio tra fine del mese e fine del mondo: ridurre le diseguaglianze mentre si rigenera l’ecosistema.