di Marco Severo
Un uomo contro tutti, un talento sottovalutato. Ardito della tastiera (un post al sole su Facebook la sua aspirazione) e creativo della storiografia, ecco finalmente lo scrivano fiorentino della nostra politica raccontato al grande pubblico: Priamo Bocchi, la serie tv! In arrivo anche sulle maggiori piattaforme la storia del consigliere comunale di Fratelli d’Italia, a Parma, si presenta come un docufilm che punta a smentire i cliché sulla destra made in Italy.
Priamo Bocchi non si concede per nulla alle aspettative logore degli avversari politici. Egli non spara a capodanno, non tende il braccio ma scrive. Priamo Bocchi scrive di continuo. Non fa altro. “Priamo che ci hai il padel, oggi?”, chiede qualcuno nella prima puntata. “No devo scrivere che i fascisti sono uguali ai partigiani. Se i partigiani ci hanno il monumento perché i fascisti no?”.
Bocchi scrive sui social network, scrive comunicati e articoletti per il giornale. Esiste una “ossessione antifascista”, afferma, da parte dei politici che ora poseranno persino una targa sotto i Portici del Grano, a Parma, in memoria dei caduti parmensi nella guerra contro Francisco Franco nel 1936. E ai fascisti gnente?
Instancabile Bocchi. Anticonformista. L’autore che aspettavamo. Rincuorante. Nel tempo delle verità volatili, lo scrivano parmigiano è tornato in voga non passando mai di moda. Se la società è liquida lui è l’addensante delle nostre coscienze svagate. Tornano all’ordine del giorno le invasioni di terra e i ministri che vogliono la naia. Ma Bocchi da mo’! Bocchi è la civiltà analogica che vince in controtendenza, la vecchia materia, una copertina di “Cioè” contro le newsletter. La cara signorina Felicita contro Alexa. “Signorina Felicita metti Marco Masini!” “Signorina Felicita, quando ci fu la Guerra di Spagna?”
Priamo Bocchi è rincuorante perché crepuscolare, niente affatto futurista. Ecco perché la serie streaming, intitolata – non l’abbiamo detto – “Il consigliere gne gne”, è spiazzante, irriducibile alle nozioni culturali sulla destra scapigliata italiana.
Il fratello d’Italia anomalo Bocchi non è d’accordo con l’idea di merito, che invece FdI ha inserito nella dizione ufficiale del Ministero dell’Istruzione. Il Governo made in Italy propugna l’idea del migliore da premiare, lo scrivano di Parma invece no. Lapide ai partigiani, i migliori, e anche ai fascisti sostiene mister polpastrelli di fuoco: come ai compleanni quando si porta un regalo per il fratellino lagnoso del festeggiato. Bocchi rifugge la complessità scomoda delle circostanze non per pigrizia o peggio ottusità o ideologismo. No, per magnanimità.
Contro il logorìo della vita moderna, Bocchi lo ritrovi su Facebook che scrive. Scrive sempre le stesse cose. Al massimo divaga con Sinner: “Inchiniamoci davanti a questo meraviglioso ragazzo italiano” scrive dopo la vittoria agli Australian Open di cui fino a poc’anzi ignorava l’esistenza. Ma poi, una volta inchinati davanti a Sinner l’italiano, riecco il fantasista che ci piace: “’Il catechismo della vergogna’ [a Parma ndr] tributa onori e dedica monumenti a comunisti, stalinisti e anarchici morti in terra straniera sull’altare della rivoluzione (in Spagna fortunatamente sconfitta) e disprezzando chi versò il proprio sangue per la difesa della Spagna eterna contro il pericolo comunista, ateo e stalinista”.
Bocchi il chierichetto (“inchiniamoci”, “catechismo”, “altare”, “eterna”, “ateo”) è fedele a se stesso come il prete che abbonda con il vino nelle ampolline.
Arriva un momento nella vita in cui si va fuori, l’interrail, l’Erasmus, la cannetta ad Amsterdam o nell’Oltretorrente eccetera. Poi si torna a casa e c’è la nonna che guarda sempre Forum. Bocchi è Giorgio Mastrota che vende i materassi Permaflex nell’intervallo di Forum. Ogni cosa riacquista senso con le care cose di sempre: Cioccorì e Biancorì, Big Gim zaino parlante, tiri la corda e la voce ripete in loop che “i comunisti non vogliono concedere la pietas cristiana ai fascisti di Salò”.
In una scena della terza puntata, Bocchi si sveglia in piena notte. Dice di sentire una cosa qua, sullo stomaco. Qualcuno lo rassicura: “Sarà la torta fritta, Priamo dormi!”. No no. È la lapide. La lapide dedicata agli stalinisti di Spagna. Priamo indossa calzini spaiati. È la notte prima della ricorrenza delle diversità. Bocchi li guarda e ricorda una cosa sentita da Alexa, o insomma dalla signorina Felicita.
Nella Guerra di Spagna, a Guadalajara, a nord di Madrid nel marzo 1937, per la prima volta fascisti e antifascisti si scontrarono in campo aperto, in una battaglia tragica ma con barlumi di grottesco. Italiani da una parte italiani dall’altra. Italiani venuti senza precetto a dare una mano contro una delle più evidenti manifestazioni di sopruso nella storia: il golpe col quale Francisco Franco aveva ribaltato il tavolo delle libere elezioni di Spagna; e, sull’altro versante, italiani sotto precetto, giovani mandati a sperimentare per la prima volta sul suolo europeo la validità d’un decennio di pedagogia della violenza, l’idea di una guerra ovvia. La Spagna usata dal regime fascista come prequel del secondo conflitto mondiale. Un anno dopo, il 30 gennaio 1938 a Barcellona bombe italiane sarebbero cadute dal cielo ammazzando centinaia di civili, tra i quali decine di niños, bambini. Esiste una Guernica made in Italy.
Priamo Bocchi seduto coi calzini spaiati è spiazzato. Uguali ma diversi. Questa serie tv se l’era persa. Di Guadalajara, dove gli italiani fascisti furono poi sconfitti dagli italiani antifascisti, non ricordava o forse non sapeva. Quando un dettaglio smentisce i nostri teoremi è comodo sbarazzarsene. Big Gim tira la corda dello zaino e invece del consueto “una targa una targa” esce una frattaglia sonora, un grumo di suoni incomprensibili. Priamo ora non si capisce cosa dica, sembra di sentire soltanto un “gne gne”. Big Gim zaino parlante, in effetti, da bambini dopo un po’ rompeva fortemente i coglioni. A un certo punto lo chiudevi nel cestone dei giocattoli (dove quello ancora ripeteva ogni tanto “gne gne..”).
Giorgio Braccialarghe (1911-1993), uno che non era né comunista né stalinista ma in Spagna andò lo stesso, racconta così la battaglia di Guadalajara a Bocchi gne gne nella puntata finale della serie più attesa:
“Un po’ dovunque si odono frammenti di strani dialoghi: ‘Chi siete?’, ‘Italiani e voi?’. ‘Italiani.’ ‘Quali italiani?’ […] Un tipo continua a girarmi attorno, a tirarmi la manica. Preso dal combattimento e per questa maledetta somiglianza di uniformi, non riesco a capire che diavolo voglia e chi sia. Mi importuna la sua continua dichiarazione: ‘Sono comunista!’ che ritengo la professione di fede più fuori tempo e luogo che abbia mai sentita. Finalmente il mio sguardo cade sulla sua arma, un fucile mitragliatore che non ho mai visto prima, e mi accorgo di avere a che fare con un fascista. ‘D’accordo!’ gli dico e gli prendo l’arma […]. Il ‘comunista’ mi sorride, come liberato da un gran peso” (Giorgio Braccialarghe, Diario Spagnolo, SEGE, 1982, p. 209).