di Piermichele Pollutri
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Germania, novembre 2023, sciopero nelle ferrovie di 20 ore senza precettazione, come avviene in qualche altro paese europeo, alta adesione e circa 270 treni merci fermati. Siamo a novembre 2023[1]. Il sindacato dei macchinisti Gdl ha rifiutato l’offerta di Deutsche Bahn di un aumento dell’11% della retribuzione e di un bonus per l’inflazione di 2.850 euro. Le richieste includono un aumento della paga mensile di 555 euro e una settimana lavorativa di quattro giorni (per un totale di 35 ore) con compensazione completa. Lo sciopero potrebbe continuare per settimane in quanto il sindacato dei macchinisti, ha votato. Il 97% di loro si è espresso a favore della dimostrazione a tempo indeterminato. A marzo sciopero di 24 ore di aeroporti, treni e bus. Lo sciopero è tra i più grandi dagli anni ’90. I sindacati stanno facendo pressione per salari più alti, a fronte di alti livelli di inflazione e del rapido aumento dei prezzi dell’energia[2].
“Il Sole 24 ore” nostrano il 28 marzo titola: Riforma pensioni, Francia di nuovo in piazza: chiude anche la Tour Eiffel. Stop sciopero netturbini. Sciopero sospeso dopo 23 giorni. 7mila tonnellate di rifiuti per le strade[3].
Francia si sciopera per oltre 42 giorni nei trasporti pubblici contro la riforma delle pensioni del presidente Emmanuel Macron che ha in animo di superare i 42 regimi pensionistici diversi, a favore di un sistema universale, e innalzare a 64 anni, da 62, l’età di uscita dal lavoro.
In Francia, ma anche in Germania i lavoratori di alcuni sindacati, sono supportati dalle casse di resistenza. Negli ultimi anni ci sono stati esempi piuttosto estremi, come il movimento lanciato nel 2018 dai lavoratori postali dell’Hauts-de-Seine. È durato quindici mesi. Oppure il lungo sciopero delle cameriere dell’Ibis Batignolles, durato più di ventidue mesi, tra il 2019 e il 2021. Sarebbe stato impensabile senza il fondo di sciopero CGT-HPE. A darne conto una interessantissima intervista del quotidiano on line “Popoff” al sociologo Gabriel Rosenman, ex ferroviere e specialista di fondi di sciopero[4] che dichiara: «la CFDT è l’unica ad avere un grande fondo confederale, creato nel 1973 e finanziato da una parte delle quote sindacali. Ha circa 140 milioni di euro, è di gran lunga il più massiccio. Ogni iscritto che sciopera su chiamata del proprio sindacato locale è coperto da questo fondo». Anche la France Insoumise (LFI) ha lanciato un fondo per gli scioperi e ha raccolto, ad oggi, più di 390.000 euro dalle reti sociali.
Sette euro e 30 centesimi orari il rimborso che le confederazioni sindacali riconoscono ai loro iscritti in sciopero. Proprio durante lo sciopero duro di Air France fu lo stesso segretario della Cfdt, la Cisl francese, Laurent Berger, il leader sindacale meno oltranzista, ad ammettere che la sua confederazione disponeva di una “Caisse de solidarité” pari a 125 milioni di euro. Anche il segretario della Cgt, la Cgil francese, Philippe Martinez, un ex operaio della Renault, conferma che la “Caisse de grève” esiste e sostiene gli scioperanti[5]. Queste informazioni potrebbero tornare utili per far resistere anche un solo giorno in più i lavoratori scioperanti italiani. Un consiglio su come spendere bene i soldi delle tessere sindacali e degli introiti dei Cf e dei patronati.
Spostandosi in Cina il gruppo per i diritti China Labour Bulletin di Hong Kong ha registrato oltre 140 scioperi nelle fabbriche di tutto il Paese nei primi cinque mesi del 2023, il numero più alto dopo i 313 registrati nello stesso periodo del 2016. I sindacati in questo pezzo importante della manifattura mondiale hanno un ruolo marginale[6]. In una economia da 20 mila miliardi di dollari i sindacati in Cina. Secondo una “Strike Map”, compilata dal China Labour Bulletin, le proteste sono state “scatenate da un’ondata di chiusure e delocalizzazioni di fabbriche” nelle regioni costiere della Cina, come la provincia del Guangdong. I lavoratori delle fabbriche di elettronica e abbigliamento sono stati i più colpiti, con 66 proteste nelle fabbriche di elettronica e 38 nelle fabbriche di abbigliamento nei primi sei mesi, che hanno rappresentato oltre la metà di tutte le proteste del settore manifatturiero[7]. Il dato è interessante in quanto in Cina non è ammessa l’esistenza di sindacati indipendenti – l’unico sindacato legalmente riconosciuto nel paese è la Federazione Nazionale dei Sindacati Cinesi (FNSC), un’organizzazione di massa che oggi conta oltre 300 milioni di membri e continua a funzionare come una “cinghia di trasmissione” del potere politico[8]. Forse i video che circolano in certe occasioni su piattaforme simil Tik-Tok dove si vedono brevi filmati di proteste in alcune fabbriche o davanti ai cancelli potrebbero essere uno dei pochi modi per far arrivare il dissenso oltre confine. Oppure il tangping, ovvero “stare sdraiati”. Tangping un termine definisce «una sorta di resistenza passiva ai ritmi sfrenati della vita lavorativa in Cina, vissuta soprattutto dai giovani lavoratori delle aziende tech o legate alla nuova economia», spiega Ivan Franceschini, ricercatore dell’Australian National University, esperto dei diritti dei lavoratori in Cina. “Non è un movimento”, precisa, “non ha niente di organizzato, è più una reazione spontanea”[9]. Inizia nel 2019 e si fa strada spontaneamente tra i social. Forse una nuova sindacalizzazione dal basso prova a partire nonostante tutto. La “filosofia apatica” che diventa sinonimo di rifiuto della rincorsa del successo, del denaro, del consumismo, rifiuto del lavoro imposto e dei riti di un iper-capitalismo che massimizza ogni aspetto della vita. «Se mi sdraio abbastanza velocemente, il capitale non può sfruttarmi»[10].
Autopraxis? Torna in mente un recentissimo articolo di Girolamo De Michele[11] su Toni Negri, uno dei filosofi italiani più noti e stimati in tutto il mondo, salvo che in Italia, su “Doppiozero”. De Michele ci dice che «ci si ribella: è un fatto. A dispetto della servitù volontaria nella quale indulge la più parte dell’umanità, qualcunә si ribella sempre».
Riflette però sulla merce e la distribuzione e quindi sulla consapevolezza: «l’acquisto di un pallone cucito da unә bambinә del terzo mondo non è solo circolazione di una merce, ma anche di un modo di produzione che incatena lә bambinә alla produzione invece che mandarlә a scuola; la riproduzione della merce che si vende è riproduzione dei meccanismi di potere».
In conclusione, l’aspetto nostrano.
Landini: “Commissione Garanzia compiacente con governo, su trasporti valuteremo”. Bombardieri (Uil): “Risponderemo con piazza ad atto di squadrismo istituzionale”[12], dopo che la CGS invita Cgil e Uil a rimodulare il loro sciopero nazionale dei trasporti del 17 novembre, e alle esternazioni del ministro Salvini contro gli scioperi tout court. Il ministro era intervenuto, a settembre, per invocare una riduzione dello sciopero nazionale del trasporto locale indetto da USB, Unione Sindacale di Base (tra le maggiori sigle del sindacalismo di base). Tra precettazioni e rimodulazioni quello che balza agli occhi è che la legge che limita il diritto di sciopero, la più restrittiva in Europa, grava sui lavoratori di questo paese da più di 30 anni ma i segretari confederali ne prendono atto solo recentemente. Come denuncia USB in un comunicato: «… la Commissione di Garanzia sulla legge 146 nel corso di questi decenni ha ampiamente abusato dei suoi poteri, stabilendo arbitrariamente regole e vincoli che hanno ulteriormente irrigidito e fortemente ridotto la libertà di sciopero in molti settori, in particolare nei trasporti…»[13].
Vedremo invece in altri paesi europei come gli scioperi invece vengono gestiti diversamente.
In Italia tra il 2010 e il 2020 si contano più di 2.000 scioperi proclamati, tra i 5 e i 6 al giorno; il numero si riduce poi per effetto della pandemia nel 2020 e rimane intorno ai 1.500 scioperi negli ultimi due anni.
Non tutti gli scioperi proclamati vengono effettivamente realizzati: circa un terzo del totale vengono revocati (alcuni proprio per effetto di un intervento della Commissione di garanzia), riducendo dunque notevolmente il numero degli scioperi effettuati. Facendo un confronto fra il 2015 e il 2022, il numero di scioperi effettuati si è ridotto da 1.471 a 1.129, circa 3 ogni giorno.
Fra gli scioperi effettuati, la maggior parte delle azioni riguardano: Igiene Ambientale, Pulizie e multiservizi, Telecomunicazioni, Trasporto pubblico locale, Trasporto aereo, Trasporto ferroviario, Regioni e autonomie locali e Servizio sanitario nazionale.
I dati disponibili permettono di tracciare l’andamento del fenomeno dal 2005 al 2022, e mostrano una tendenza alla riduzione delle ore di sciopero (per mille ore lavorate)[14].
Il campione statistico della rilevazione è basso non arrivando al 30% delle aziende e non tenendo però conto delle tante articolazioni e disarticolazioni del mondo del lavoro presente per esempio nella logistica e trasporti.
Secondo i dati ILO (Organizzazione Internazionale del lavoro) risulta interessante notare che dal 2000, i tassi di sindacalizzazioni sono diminuiti in tutte le regioni del mondo tranne che in due (Nord Africa e America del Sud), con significative differenze tra i paesi se si considera il totale della forza lavoro occupata, compresi i lavoratori informali. La deindustrializzazione dell’economia ha portato a una riduzione dei posti di lavoro nell’industria e a un calo del numero di adesioni tra i restanti lavoratori del settore[15].
In Europa secondo dati Fiom-Cgil, circa 6 lavoratori su 10 sono coperti da contrattazione collettiva. Nove sono i paesi in cui la percentuale di copertura della contrattazione collettiva arriva all’80%: Italia, Francia, Portogallo, Belgio, Austria, Danimarca, Svezia e Finlandia. Nei tre paesi scandinavi l’adesione al sindacato è pari alla copertura della contrattazione collettiva (ma va detto che le organizzazioni sindacali spesso gestiscono l’erogazione dei sussidi di disoccupazione), in Belgio è alta perché la legge sancisce l’estensione automatica degli accordi firmati a tutta la categoria, in Italia non esiste una legge che riconosca ciò anche se la giurisprudenza ha di fatto interpretato in questo senso l’applicazione degli accordi. Seguono poi paesi con una copertura tra il 50% e il 75% come la Germania, il Lussemburgo, la Norvegia, la Spagna, la Croazia, Malta e Cipro. In questi paesi c’è una vasta contrattazione di settore mentre nei paesi dove la copertura della contrattazione scende addirittura sotto queste percentuali è la contrattazione aziendale a prevalere[16].
L’Italia ha il doppio degli iscritti ai sindacati della Germania e il triplo della Francia. Sembra incredibile, ma i numeri Ocse (a proposito, doppiamo anche la media Ocse) parlano molto chiaro[17].
Quasi 11 milioni di iscritti complessivi al sindacato confederale compresi i pensionati con una perdita consistente negli ultimi 10 anni di circa 800 mila iscritti. I dati naturalmente sono autodichiarati dalle confederazioni. Una cifra più precisa viene dal pubblico impiego e pensionati per via rispettivamente delle certificazioni Aran e Inps.
Tra i giovani, la mancata conoscenza delle attività del sindacato è il motivo principale della mancata iscrizione: lo hanno indicato quasi la metà degli under 34 anni (per la precisione il 47,3%), in un’indagine condotta dalla Fondazione Di Vittorio (Cgil) tra oltre 31 mila lavoratori, seguita in questa fascia d’età dal costo elevato dell’iscrizione (18,8%) e dalle preoccupazioni per le conseguenze sul lavoro (12,1%) o perché lo ritiene inutile (10,9%), troppo remissivo (8%) e troppo antagonista (2,9%)[18].
Leggendo questi dati viene spontaneo chiedersi perché la conflittualità sindacale italiana almeno per quello che riguarda la gestione (e non l’indizione) degli scioperi sia “diversa” per esempio da Germania e Francia che possono permettersi scioperi di intere settimane ed ottenere risultati (leggasi conquiste) degne di nota. Naturalmente bisogna non generalizzare sul termine sindacato in quanto l’area del sindacalismo di base italiano ha chiamato alla lotta sindacale diversi lavoratori, riuscendo ad ottenere migliori condizioni di lavoro e l’estensione delle garanzie contrattuali, soprattutto nel campo della logistica dove si consuma spesso una sistematica violazione degli elementari diritti. Il sindacato di base ha pagato un prezzo alto in termini di denunce e anche di vite umane.
L’Italia è l’unico membro dell’Ocse (i dati provengono da sue statistiche) in cui i salari sono diminuiti. In tutti gli altri sono aumentati. Tra il 1990 e il 2020 lo stipendio medio sia calato tanto da arrivare al -2,90%. Al secondo posto di questa speciale classifica in negativo troviamo la Spagna, che comunque si consola con un +6,20%. Molto in meglio nelle altre grandi economie. La Francia ha registrato un +31,10%, la Germania un +33,70.
Qualcuno dovrebbe rispondere spiegando le ragioni che non risiedono solo nella produttività del lavoro come ci sbandierano dappertutto.
Benbow non poteva forse prevedere alcuni aspetti della concentrazione centralizzazione della ricchezza che per esempio ci dovrebbe far riflettere in questo 2024; la ricchezza posseduta dallo 0,1% degli italiani più ricchi, poco meno di 50.000 persone, è circa tre volte superiore a quella nelle mani della metà più povera della popolazione (25 milioni di italiani)[19].
A fine 2022 l’1% più ricco della popolazione mondiale è arrivato a detenere il 45,6% della ricchezza globale, mentre la metà più povera dell’umanità appena lo 0,75%. Inoltre, il gotha degli 81 principali miliardari ha accumulato più ricchezza di metà della popolazione mondiale[20].
Il controllo del capitale risulta altamente centralizzato ed è distribuito in modo molto più diseguale rispetto al reddito o alla ricchezza. Vanguard Group, BlackRock Institutional Trust Company; Fidelity Management & Research Company gestiscono la grande ricchezza globale. Si pensi solo a BlackRock, il maggiore fondo mondiale di gestione patrimoniale – con circa 10 trilioni (migliaia di miliardi) di fondi gestiti – che è anche uno dei maggiori azionisti delle grandi corporations americane e europee. Il capitale azionario mondiale risulta così controllato da un piccolo manipolo di grandi azionisti[21].
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[1] https://www.corriere.it/economia/lavoro/23_novembre_15/germania-sciopero-ferrovie-20-ore-senza-precettazione-06c42fb2-83c1-11ee-bc7b-5eeb909484a1.shtml;
[2] https://www.ilsole24ore.com/art/germania-sciopero-24-ore-aeroporti-treni-e-bus-AEHFAMAD
[3] https://www.ilsole24ore.com/art/francia-sospeso-sciopero-netturbini-AEkoUuAD
[4] https://www.popoffquotidiano.it/2023/03/14/francia-le-casse-di-resistenza-che-aiutano-a-scioperare/
[5] https://www.huffingtonpost.it/esteri/2019/12/17/news/la_francia_degli_scioperi_senza_fine_tanto_paga_il_sindacato-5474239/
[6] https://www.agcnews.eu/cina-aumentano-gli-scioperi-nelle-aziende-la-crisi-si-scarica-sui-lavoratori/
[7] https://askanews.it/2023/08/28/rallentamento-crescita-in-cina-ong-rileva-crescita-scioperi/
[8] https://www.unive.it/pag/14024/?tx_news_pi1%5Bnews%5D=6062#:~:text=In%20aggiunta%2C%20in%20Cina%20non,come%20una%20’cinghia%20di%20trasmissione‘
[9] https://www.wired.it/economia/lavoro/2021/08/04/cina-tangping-protesta-giovani-lavoratori-tech/
[10] https://ilmanifesto.it/i-giovani-cinesi-si-sdraiano-cosi-il-capitale-non-puo-sfruttarci
[11] https://www.doppiozero.com/sei-parole-per-toni-negri
[12] https://www.tgcom24.mediaset.it/economia/sciopero-confermato-landini-precettazione-trasporti_72914547-202302k.shtml; https://www.lapresse.it/politica/2023/11/15/sciopero-landini-gravita-assoluta-limitare-diritto/; https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/11/15/sciopero-landini-andiamo-avanti-nel-pomeriggio-la-decisione-sul-settore-trasporti-bombardieri-precettazione-e-squadrismo/7354000/
[13] https://www.usb.it/leggi-notizia/salvini-e-la-commissione-di-garanzia-allattacco-del-diritto-di-sciopero-se-ne-sono-accorti-anche-landini-e-bombardieri-1224.html
[14] https://osservatoriocpi.unicatt.it/ocpi-pubblicazioni-quanti-sono-gli-scioperi-in-italia#:~:text=Tra%20il%202010%20e%20il,scioperi%20negli%20ultimi%20due%20anni
[15] Relazione dell’ILO, pag. 40, in https://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/—europe/—ro-geneva/—ilo-rome/documents/publication/wcms_760106.pdf;
[16] https://www.fiom-cgil.it/net/attachments/article/6093/3-EuropaMondo_web.pdf, pag. 8.
[17] https://www.italiaoggi.it/news/l-italia-ha-il-doppio-degli-iscritti-ai-sindacati-della-germania-e-il-triplo-di-quelli-della-francia-2610691
[18] https://www.fondazionedivittorio.it/it/presentazione-risultati-inchiesta-sul-lavoro; https://www.ilsole24ore.com/art/lavoro-quasi-meta-giovani-non-si-iscrive-sindacato-perche-non-conosce-sua-attivita-AEGSee6C?&utm_term=Autofeed&utm_medium=FBSole24Ore&utm_source=Facebook
[19] https://www.oxfamitalia.org/lagrandericchezza/
[20] https://magazine.cisp.unipi.it/rapporto-oxfam-2023-aumentano-disuguaglianze-fame-e-poverta/#:~:text=A%20fine%202022%20l’1,di%20met%C3%A0%20della%20popolazione%20mondiale.
[21] Si consulti l’interessante ed illuminante testo di Brancaccio, Giammetti e Lucarelli “La Guerra Capitalista. Competizione, centralizzazione, nuovo conflitto imperialista”, edito da Mimemis (2022)