da Potere al Popolo Parma
Parma capitale della cultura. Parma dei teatri. Parma del Festival Verdi. Parma che gli anziani agli angoli delle strade cantavano l’opera. Parma del corso di laurea in Beni Culturali. Parma che si fa vanto della sua bellezza. Parma che lancia due eventi, 3 manifesti in centro, qualche gadget, l’occasione per i selfie da postare sui social, e l’illusione del privilegio di poter lavorare gratis per stare un passo davanti agli altri, in prima fila. Che orrore profondo accostare l’idea di cultura a quella di privilegio.
Anni di lavoro, battaglie e sforzi per ribadire che la Cultura è tale se accessibile, se fruibile dalla cittadinanza e non solo da un élite. E il Comune cosa ci propone? Una campagna di reclutamento di forza lavoro non retribuita incentrata sul claim, su parole come: privilegio, mettersi in mostra, stare al centro dell’attenzione. Alimentando l’ossessione per l’apparenza a discapito della sostanza.
Una campagna talmente sbagliata, sotto così tanti aspetti, che non si sa da dove cominciare.
“La cultura rende liberi”… E il lavoro? Echi terribili. E, parlando di lavoro, è nell’attualità il dibattito sul salario minimo, fondata sull’idea che un compenso degno sia dovuto in ogni lavoro, anche quello in ambito culturale. Lavoratori e lavoratrici della cultura, sono lavoratori. Persone che hanno studiato, si sono formate, hanno investito tempo e risorse per sviluppare competenze e si sono altamente specializzate. E tutto questo deve essere riconosciuto, valorizzato, retribuito.
Fare volontariato non può e non deve diventare un tamponare le carenze di investimenti seri da parte delle istituzioni. Che invece magari usa i soldi per campagne vergogne come questa, o anche qui il lavoro lo ha fatto un volontario? Fare volontariato deve essere un’esperienza di condivisione di un progetto, non un becero sfruttamento basato sull’approssimazione.
Le attività culturali e socio assistenziali, altro ambito in forte sofferenza, devono poter avere una loro autonomia anche economica, non reggersi solo sull’attività volontaria di chi, in qualche modo, può permettersi di farlo. Dobbiamo dire basta, una volta per tutte, a questo svilimento delle competenze, in ogni ambito lavorativo, che porta con sé un decadimento della qualità dell’offerta e anche della sicurezza sul lavoro. Lo vorreste un cardiochirurgo volontario che vi fa un’operazione a cuore aperto nel suo tempo libero? Vorreste personale formato per assistere la vostra sorella disabile o vi basta la buona volontà? Lo mandereste vostro figlio 16enne sulle impalcature a sistemare l’impianto luci di uno spettacolo? Vale la pena rischiare per il “privilegio” di un backstage?
Chiediamo che ad ogni lavoro, ad ogni persona, vengano riconosciuti dignità e valore. Chiediamo investimenti seri e consistenti in progetti culturali che rispecchino un’idea di Cultura frutto di studio e lungimiranza, che vada oltre l’evento appariscente che dura il tempo di uno scatto. Chiediamo che i professionisti e le professioniste del mondo della Cultura, vengano, loro sì, messi in prima fila e retribuiti. Solo allora, potrà essere un piacere avere anche dei volontari di supporto.