di Tito Mora
Nei giorni scorsi un folto gruppo di studenti dell’Università di Parma ha occupato la mensa di vicolo Grossardi, contestando gli aumenti dei prezzi della mensa imposti da Camst, che ne ha gestione operativa, e dall’ente regionale per il diritto allo studio Ergo; essi hanno altresì sollevato numerosi altri rilievi, giudicando carenti le misure di garanzia per il diritto allo studio messe in campo dagli enti competenti. L’occupazione è durata oltre una settimana ed è di grande interesse indagarne sviluppo ed esiti. Risponde alle nostre domande in merito Noa Ducati, rappresentante degli studenti negli organi universitari e membro dell’Unione degli Universitari e del gruppo di occupazione.
Quali sono le vicende che hanno portato gli studenti ad occupare la mensa?
Il mese scorso è avvenuto un rincaro dei prezzi della mensa da €5,80 ad €7,20, presto abbassati a €6,50 poiché era stato aggiunto “per errore” (sic) un prezzo di coperto di 70 centesimi ritirato in seguito alla nostra segnalazione. Le risposte che abbiamo avuto da parte dell’università e di Ergo non sono state soddisfacenti e solo l’occupazione ha consentito di aprire un dialogo.
Qual è stato lo svolgimento del percorso di occupazione?
Il servizio mensa della Camst non si è mai interrotto, noi studenti assieme ad altre realtà abbiamo fornito gratuitamente un pasto alternativo sia a pranzo che a cena per tutta la comunità e durante questa settimana di occupazione abbiamo messo in atto diverse iniziative e svolto regolarmente assemblee; dopo che il direttore generale dell’Università è venuto in mensa per stabilire
un canale di trattative, siamo riusciti ad ottenere un tavolo al quale hanno partecipato una delegazione delle realtà occupanti (Udu, Ecologia Politica e Fronte della gioventù comunista), il rettore e il direttore generale dell’Unipr, la direttrice di Ergo Patrizia Mondin e il sindaco Guerra.
Qual è stata la discussione al tavolo?
Abbiamo portato tutte le problematiche che erano emerse nelle assemblee d’occupazione, ponendo i nostri interlocutori di fronte al fatto che gli studenti e le studentesse sono spesso disarmati di fronte al fatto che è sempre più difficile intraprendere una carriera universitaria se non si dispone di abbondanti mezzi economici, e che si trovano dunque in gravissima difficoltà. I
rappresentanti degli enti si sono detti d’accordo con noi e ci hanno garantito che avrebbero trovato un accordo con Camst per riportare i prezzi ai livelli iniziali di €5,80 e che avrebbero presto indetto una nuova gara d’appalto per ottenere un ulteriore abbassamento dei costi. Ad oggi abbiamo effettivamente ottenuto l’abbassamento dei prezzi a partire dal 2 maggio, ma è preoccupante che, per instaurare un dialogo tra enti deputati alla tutela del diritto allo studio e studenti sia stato indispensabile adoperare mezzi così drastici come l’occupazione.
Cosa è emerso dalle assemblee svolte durante l’occupazione?
Durante le discussioni sono emersi diversi punti critici affrontati quotidianamente dagli studenti: la mancanza di alloggi; il ricatto delle borse di studio che consiste nel dover dare molti esami alla prima sessione utile per poter mantenere la borsa: se non si conseguono abbastanza Cfu essa deve
essere restituita, ma appare evidente che se lo studente richiede ed ottiene una borsa di studio non ha poi le capacità di restituirla; la mancanza di aule; l’altissimo costo dei trasporti e degli affitti.
Come riassumerebbe gli esiti della settimana di occupazione?
Sicuramente ne usciamo più uniti come comunità studentesca e consapevoli della forza che abbiamo come studenti, l’Università è composta da studenti e studentesse e, quando i loro rappresentati non vengono ascoltati negli organi, hanno il potere di agire diversamente e cambiare le cose, questa è la consapevolezza con cui lasciamo la mensa.