di Cristina Quintavalla
Se avete tempo guardate questo video, che riprende gli interventi fatti durante l’incontro pubblico “No delocalizzazioni, no licenziamenti”, di mercoledì scorso (15 dicembre, ndr). Parlano gli operai delle fabbriche che stanno subendo licenziamenti, che da anni lottano come leoni contro i piani speculativi delle multinazionali e dei fondi finanziari. Questi, dopo aver comprato stabilimenti, incassato danaro pubblico, usufruito delle leggi sul lavoro flessibile e precario, se ne vanno, lasciando dietro di sé una lunga scia di disoccupazione, impoverimento, desertificazione. In queste immagini, parlano i lavoratori impegnati in lotte durissime contro i padroni della logistica, che hanno imposto condizioni di lavoro schiavili.
Per una legge anti-delocalizzazioni (parte 1)
C’erano i corpi in carne e ossa, doloranti ma dignitosi, di un mondo − quello del lavoro − pervicacemente invisibilizzato da quotidiani, televisioni, media, e ancor più scientificamente diviso, disarticolato, isolato dalle classi dominanti come virus contagioso.
Per una legge anti-delocalizzazioni (parte 2)
Mercoledì, i lavoratori presenti hanno solidarizzato tra loro, proletariato e classe operaia, bianchi e meticci, autoctoni e immigrati, iscritti a diverse sigle sindacali troppo spesso tra loro contrapposte: erano insieme a discutere del gravissimo attacco al lavoro, in atto nel nostro paese. Parlano i giuristi che hanno contribuito a scrivere, insieme con gli operai della GKN, una proposta di legge contro le delocalizzazioni, oggi ammessa come emendamento alla legge finanziaria.
Si tratta di una pagina importante: la cultura giuridica collabora con una classe operaia determinata a respingere i licenziamenti e a difendere la dignità del lavoro per tutti, lavoratori in lotta che cominciano a collegarsi tra loro e a istituire forme di riunificazione delle vertenze, pezzi importanti della società civile − studenti, docenti, tecnici, ambientalisti − che si riuniscono attorno alla difesa del diritto al lavoro, a un progetto di produzione sostenibile, un diverso ruolo dello Stato, che anziché complice dei piani speculativi e distruttivi del capitale, salvaguardi l’occupazione, nazionalizzi quando è necessario, si avvalga del contributo e delle istanze che provengono proprio dal mondo del lavoro.
Ci riguarda in vario modo tutti e tutte: chi viene licenziato, chi è precarizzato senza speranza, chi è ricattato sul posto di lavoro, chi è costretto ad arrabattarsi ogni giorno senza contratti stabili, né orari di lavoro, né paghe sufficienti per vivere, né tutele o diritti.
A Parma stiamo costituendo col Comitato di solidarietà ai lavoratori GKN uno spazio politico sulle questioni del lavoro. Sosteniamolo, restituiamo voce ai lavoratori e alle lavoratrici, creiamo occasioni di coordinamento delle vertenze, occasioni di solidarietà.