da Centro studi movimenti
Rispetto all’interesse per il passato, «il punto di vista del politico è opposto a quello dello storico», scriveva nel 1991 Pietro Scoppola nella sua introduzione a La repubblica dei partiti. Mentre il ricercatore di storia, infatti, considera il passato «diverso dal presente», al politico (dirigente, attivista, onorevole o consigliere comunale che sia) «interessa il presente e l’azione nel presente». A quest’ultimo la storia serve – o dovrebbe servire, aggiungiamo noi – per capire il presente, «per agire in esso con più efficacia e con maggiore aderenza alla realtà». Ma, spesso, gli può tornare utile anche «come argomento di propaganda o di polemica». Si arriva così, conclude Scoppola, «all’uso – e al cattivo uso – politico della storia».
Nelle scorse settimane, a Parma (ma non solo), abbiamo assistito a un caso esemplare di “cattivo uso politico della storia”. Prima da parte di esponenti di Fratelli d’Italia che hanno presentato un’interrogazione nel Consiglio regionale dell’Emilia Romagna, poi da parte di membri della Lega, che ne hanno presentata un’altra nel Consiglio comunale di Parma, tentando di sollevare una strumentale polemica politica intorno a due iniziative didattiche (la prima con Ilaria La Fata e Michela Cerocchi, la seconda con Eric Gobetti), organizzate dal Centro studi movimenti in occasione del 10 febbraio, Giorno del Ricordo.
Chiunque sia interessato a questa paradossale vicenda (e alle fragili argomentazioni degli esponenti dei due partiti della destra italiana) può vedere e ascoltare direttamente l’intervento dell’onorevole Laura Cavandoli nel Consiglio comunale di Parma. Un intervento che con la storia e il passato ha veramente poco a che fare ma riguarda molto di più il tatticismo della politica.
Piuttosto preoccupante, infatti, è l’accusa che l’onorevole Cavandoli muove al Centro studi movimenti di essere un istituto collocato culturalmente e politicamente nel campo dell’antifascismo. Come se questa fosse una scelta discutibile, di parte, faziosa, alla quale occorrerebbe contrapporre un’alternativa, una posizione opposta, un contraddittorio che ne riequilibri la faziosità. Come se l’antifascismo non fosse la cultura alla base della Repubblica democratica e della Costituzione italiana.
Se ne desume che, secondo l’onorevole Cavandoli, rappresentante di quella stessa Repubblica democratica, durante le iniziative di analisi storica o le cerimonie istituzionali (come il 25 aprile, il 2 giugno o il 27 gennaio), per essere corretti, il Comune di Parma ai valori antifascisti dovrebbe affiancare quelli fascisti. Un’accusa, insomma, su cui c’è da riflettere.
Alle prime avvisaglie di questa aggressione, il 10 febbraio abbiamo immediatamente risposto, rivendicando la responsabilità che come storici e storiche sentiamo di avere verso la complessità del passato e la libertà che pretendiamo rispetto alle pressioni della politica, che vorrebbe una Storia a propria immagine e somiglianza.
Nei giorni successivi, molte voci della comunità scientifica si sono alzate per sostenere noi e Eric Gobetti, da Parma come da tante altre città. Ora che tutti possono vedere a cosa si sia ridotta la discussione sull’interpellanza della Lega in Consiglio comunale, vogliamo ringraziare tutte queste realtà, dall’Assessorato alla cultura del Comune di Parma all’Anpi provinciale, dall’Istituto nazionale Ferruccio Parri all’associazione Storie in movimento e a tutti quegli archivi, editori, riviste e istituti di ricerca storica che con noi hanno alzato la voce contro la prepotenza di una parte politica.