Butterfly bullet (pallottola a farfalla)

di Francesco Antuofermo

Il proiettile Butterfly è un tipo di proiettile lanciato più velocemente del suono che causa gravi danni agli strati di carne e alle ossa quando colpisce il corpo umano. È usato dai cecchini dell’esercito israeliano contro i manifestanti senza armi ai confini di Gaza.

“La Striscia di Gaza è sempre più il luogo dove Tel Aviv sperimenta le sue armi più mortali che poi esporta all’estero. Un business redditizio: l’industria militare israeliana misura il doppio delle esportazioni pro capite della sua controparte statunitense ed impiega una percentuale di forza lavoro nazionale del doppio rispetto a USA e Francia”, (16 ottobre 2018, Nena News).

La ricchezza della società si presenta ancora oggi come una enorme accumulazione di merci. Esse la rappresentano in quanto sono depositarie al loro interno di un valore materiale in grado di appagare dei bisogni che riflettono l’oggetto di desiderio del consumatore. Fra tutte le merci in circolazione, le armi soddisfano un bisogno alquanto particolare. La loro utilità spesso è legata alla capacità di distruggere, annientare, eliminare proprio il destinatario del suo scopo intrinseco: il consumatore diventa il consumato. Il valore d’uso delle armi cioè esprime la terribile necessità di autodistruzione del sistema, della sua periodica svalorizzazione, sia nella componente variabile (quella umana) che in quella costante (dei mezzi e dei materiali) necessari alla produzione.

I principali produttori di sistemi di arma nel mondo sono gli Stati sovrani che si presentano sul mercato nelle vesti di capitalista collettivo. Al primo posto di questa speciale classifica troviamo gli Stati Uniti d’America, seguiti dalla Russia e dalla Francia. Ma anche l’Italia non sfigura e lo stesso dicasi per paesi di lunga tradizione come Germania e Inghilterra. Ma per quanto si sforzino, questi paesi non riescono a stare al passo con Israele, la vera realtà emergente nella produzione internazionale di armi.

L’industria di armi israeliane misura due volte le esportazioni pro capite della sua controparte statunitense, ed impiega una percentuale di forza lavoro nazionale doppia rispetto a USA e Francia. In altre parole, Israele è diventata la nazione più competitiva e aggressiva nei sistemi di sicurezza e di arma da fuoco.

Come mai l’industria militare israeliana ha raggiunto un tale livello di efficienza? Ce lo dice Guy Keren, l’amministratore delegato della iHLS, un’azienda israeliana che si occupa di sicurezza nazionale: “Non si tratta (solo) di costruire la tecnologia, ma di produrre tecnologie più velocemente di ogni altro paese”. E nessuno è più veloce di Tel Aviv: “Siamo in una situazione di guerra tutto il tempo. Se non sta succedendo in questo momento, succederà in un mese”. A differenza delle industrie delle armi degli altri paesi quindi, Israele ha la “fortuna” di possedere un laboratorio permanente in un territorio da esso occupato – Gaza – che lo facilita nella sperimentazione delle sue armi e nella tecnologia di sorveglianza. Una condizione di vantaggio formidabile: nessun altro paese concorrente possiede al suo interno una zona vissuta da oltre un milione di persone, sulle quali testare liberamente e quotidianamente i sistemi di arma prodotti. Per questo la striscia di Gaza rappresenta un tesoro, una manna dal cielo. “Una volta che viene eseguito un ordine dall’esercito israeliano, e dopo un primo dispiegamento sul campo, i reparti tecnici della compagnia sono spesso contattati con richieste per correzioni e ritocchi basati sull’esperienza.

Gaza quindi è diventato un enorme poligono di tiro, un laboratorio reale dove le compagnie del settore, i capitalisti della distruzione, possono verificarne gli effetti. Uno “showroom” dove toccare con mano i prodotti che vengono testati durante la battaglia.

L’ultimo gioiello, si fa per dire, prodotto dalle menti perverse degli scienziati della morte, sono le pallottole a “farfalla”, tra i proiettili più mortali che Israele abbia mai usato, che esplodono all’impatto una volta raggiunto il bersaglio. Negli ultimi sei mesi del 2018, il Ministero della Salute di Gaza ha osservato gli effetti umani di questi proiettili. Non tutti muoiono: molti rimangono gravemente feriti, soprattutto alle gambe che devono poi essere necessariamente amputate e questo conferisce ai proiettili a farfalla un nuovo posto nella lunga storia di pratiche dell’esercito israeliano di tiro al fuoco con lo scopo di mutilare.

“I dottori del personale di Medici Senza Frontiere hanno trattato ferite da proiettili a farfalla nel 50% degli oltre 500 pazienti visitati durante le proteste. Dal 1° ottobre del 2018, più di 150 palestinesi sono stati uccisi nella Grande Marcia di Ritorno, di cui oltre 30 bambini. Più di 10.000 sono stati feriti, metà dei quali con armi da fuoco di questo tipo. È proprio grazie alla qualità di queste merci che Israele si è guadagnato il soprannome di ‘nazione startup’ tra le élite di business delle armi del mondo”.

Un proiettile, quando è una merce pensata apposta per trafiggere il corpo di un uomo, è già qualcosa di disumano, feroce; se poi le pallottole sono progettate appositamente per “aprirsi” una volta entrate all’interno della vittima, al puro scopo non solo di bucare ma di squarciare la ferita così da rendere più devastante possibile il danno, allora la sua produzione rientra a pieno titolo nella categoria delle invenzioni efferate e criminali. Ma l’aberrazione è tanto più rivoltante in quanto nella mente perversa di questi ditteri del capitale, alla soddisfazione sadica per i danni causati si associa la bramosia di ricavare una massa di profitti dalla loro vendita. L’efferatezza consiste nella convinzione che anche da una merce con un valore d’uso così atroce, possa derivare un valore di scambio in grado di realizzare un profitto che è una sintesi sia del sangue degli operai che l’hanno prodotta che di quello dei palestinesi maciullati.

Ma non siamo ancora al peggio, che si sa, non tollera mai dei limiti. I nazisti dei campi di concentramento usavano gli ebrei come cavie per sperimentare nuove armi di distruzione da utilizzare contro i nemici in guerra. Israele invece non è in guerra con nessuno. Il nemico se l’è imposto da solo per potersi garantire oltre al resto, un campo attrezzato per la sua terribile sperimentazione. Con questa logica i ragazzi palestinesi si trasformano a loro volta nelle cavie necessarie per testare i nuovi sistemi d’arma. Diventano una preziosa risorsa viva per fare profitti con la merce che genera morte. È l’ultimo stadio. Quello in cui la società capitalista entra in putrefazione e dimostra in modo devastante tutta la sua inutilità e la sua infinita barbarie.