ISDE: “La diffusione del virus è legata all’inquinamento”

da Potere al Popolo Parma

Giustizia ambientale e climatica sono elementi essenziali della proposta politica di Poter al Popolo, come evidenziato nel corso della recente campagna elettorale in Emilia Romagna. Per questa ragione, in questo frangente così convulso, abbiamo chiesto a Manrico Guerra, presidente della sezione provinciale dell’ISDE (International Society of Doctors for Environment), di indicarci alcune piste di ricerca rispetto al rapporto tra pandemia e crisi climatica. Grazie al Dottor Guerra e buona lettura.

Alcuni recenti studi hanno ipotizzato una duplice relazione tra inquinamento atmosferico in Pianura Padana e diffusione del coronavirus: da un lato lo smog avrebbe reso più fragile l’apparato respiratorio dei contagiati, mentre dall’altro avrebbe favorito la circolazione dell’agente patogeno attraverso le polveri sottili. Le sembrano ipotesi ragionevoli?Questa ipotesi è più che ragionevole. Considerando che l’inquinamento atmosferico nel nostro paese è causa di circa 80mila morti l’anno per le più disparate cause, da quelle polmonari a quelle cardiache, vascolari e oncologiche, è logico ritenere che la superficie polmonare che viene a contatto con le polveri sottili venga nel tempo resa più idonea ad aggressioni esterne di natura sia virale che batterica. Tra l’altro, le polveri sottili di misura 2,5 micron e inferiori agiscono come trasportatori di sostanze come metalli pesanti e anche di batteri e virus. Più la concentrazione di polveri sottili è alta, più si verifica un effetto boost di impulso alla diffusione virulenta dell’epidemia. Al riguardo ci sono anche position paper come quella recente redatta ad opera della SIMA società italiana di medicina ambientale in collaborazione con l’Università di Bologna e quella di Bari.

Ritiene che la pandemia attuale sia legata alla crisi ecologica, in generale, e al cambiamento climatico, in particolare?
Sicuramente è legata alla situazione di sovrappopolazione, alla riduzione dei territori per gli animali selvatici e alla globalizzazione soprattutto dei trasporti. Un virus di una specie che se ne sta tranquilla in una foresta sperduta non potrà mai venire in contatto con l’uomo, se non fino a quando non portiamo quella specie nei mercati sovraffollati a contatto diretto con noi o con altri animali di cui ci cibiamo. Ed è quello che è successo in Cina. Un coronavirus tipico della specie dei pipistrelli riesce a fare un salto di specie perché a stretto contatto con animali in vendita vivi e poi con l’uomo. Da qui viene portato in tutto il mondo grazie ai collegamenti aerei, infetta centinaia di migliaia di altre persone e può mutare in qualcosa di diverso per adattarsi più facilmente e contagiare con più facilità per sopravvivere. Il cambiamento climatico è una conseguenza delle attività produttive dell’uomo e della progressiva deforestazione del nostro pianeta. Indirettamente può favorire lo spostamento di agenti patogeni che sono normalmente relegati a certe aree del mondo, basti pensare alla ricomparsa della malaria in Grecia. Il rischio è che con l’innalzamento delle temperature, le zone mediterranee come la nostra diventino terreno facile di conquista per malaria, dengue e altro ancora.

Secondo alcune stime il crollo delle emissioni inquinanti, dovuto alla riduzione della circolazione e di molte attività produttive, avrà un effetto positivo sulla salubrità della nostra pianura (secondo l’ENEA, in Italia muoiono di inquinamento circa 85mila persone all’anno). Nella speranza che l’emergenza coronavirus finisca presto, crede sarebbe possibile mantenere un basso livello di inquinamento come obiettivo della politica ambientale? Se sì, attraverso quali misure?
Chi è responsabile della salute dei cittadini dovrebbe comprendere il grosso rischio che questi corrono nelle aree di maggior inquinamento da polveri sottili come la Pianura Padana. Poco si fa per affrontare il tema delle morti evitabili, cioè proprio quel numero di decessi che potremmo ridurre se solo si riducesse l’inquinamento atmosferico. Purtroppo, l’argomento sembra di poco interesse per i decisori politici ma, devo dire, anche la percezione del rischio della popolazione in generale è bassa. Si ritiene un male minore quasi da giustificare in nome del “Progresso” cui abbiamo assistito negli ultimi anni. Bisognerà capire quanti decessi legati all’inquinamento saranno evitati grazie alla riduzione dell’emissioni dovuta al forzato blocco delle attività industriali e dei trasporti. Probabile che il rapporto sia a vantaggio dei decessi per covid19. Spero proprio che vedremo presto una riduzione del numero dei decessi dovuti al virus. Altrimenti vorrebbe dire superare gli 85mila morti in Italia per questa pandemia: sarebbe un disastro assoluto.

Riguardo le misure da adottare per ottenere un basso livello di inquinamento dell’aria, che non è mai garanzia di totale sicurezza per la salute dell’uomo, direi che basterebbe prendere coscienza del rischio che corriamo tutti i giorni: la popolazione in generale dovrebbe farlo già adottando abitudini più sostenibili per gli spostamenti, come usare più i mezzi pubblici. Ma il discorso sarebbe davvero lungo, perché dovrebbe coinvolgere tutte le attività produttive, specie quelle più inquinanti. Mi auguro solo che da questa esperienza si esca rafforzati per affrontare meglio sia il problema dell’inquinamento ambientale sia quello di possibili, probabili pandemie future. Non si può essere impreparati una seconda volta.