Coronavirus, e se ci mobilitassimo allo stesso modo per l’emergenza climatica?

di Bruno Tommasini

Un momento della manifestazione per il Terzo Sciopero Globale a Parma, organizzato da Fridays For Future (27/09/2019)

L’emergenza coronavirus ha dimostrato che sappiamo attivarci quando è a rischio la salute pubblica, fino a fermare ogni attività anche se questo può causare danni all’economia di una comunità. Dovremmo mantenere lo stesso atteggiamento e azione politica anche per contrastare l’inquinamento dell’aria e del suolo, responsabile di un numero di decessi di almeno tre ordini di grandezza più grande di quelli causati dal coronavirus (dai 40.000 agli 80.000 morti all’anno a seconda delle stime).

Chi di noi non ha avuto in famiglia un morto di tumore o altre patologie quasi sicuramente collegate a un ambiente di vita inquinato e non sano? Le scuole non dovrebbero riaprire il servizio fino a quando le emissioni di inquinanti nell’aria, che sono regolarmente oltre il limite tutti i giorni in tutte le città della Pianura padana, non rientrassero entro valori tutelanti per la salute pubblica.

L’emergenza è sotto gli occhi di tutti, innegabile più di qualsiasi pandemia, non resta che attivarsi e lo sappiamo fare. I sindaci, che sono i responsabili della salute dei propri cittadini, hanno il potere per prendere certe iniziative. Gli studenti, che sono scesi già in piazza diverse volte con i Fridays For Future, sanno già come fare e non bisogna insegnargli niente.

Si tratterebbe di misure di emergenza che, invece di isolarci e farci vivere nella paura come in questi giorni di contagio, ci farebbero scoprire azioni collettive che ci mostrerebbero il bello di far parte di una comunità che agisce insieme per il bene comune e la propria salute. Non stiamo parlando di ribaltare la nostra economia basata sui combustibili fossili in una transizione ecologica verso una democrazia reale alimentata ad energie rinnovabili. Non vi spaventate, non “pretendiamo” tanto. Parliamo di accorgimenti minimi da applicare quando si sforano nettamente i limiti di inquinanti presenti nell’aria. A Parma siamo già a 29 sforamenti su 35 consentiti in un anno e siamo solo a fine febbraio: dobbiamo proprio aspettare il 35° sforamento per fare qualcosa?

Quindi, scuole chiuse fino a semaforo verde da parte delle centraline di rilevamento: con la società “smartphonizzata” in cui siamo immersi, non è un problema organizzare l’accesso di una scuola intera da un giorno all’altro. Trasporti collettivi, uso esclusivo del mezzo pubblico gratuito e rafforzato o bici all’interno della cerchia delle tangenziali, permessi speciali solo agli artigiani impegnati per lavoro in città, riscoperta della spesa presso il supermercato sotto casa, consolidamento di rapporti di collaborazione e fiducia con il vicinato.

Non svegliamo il sindacato, che altrimenti si accorgerebbe che non c’è tutela dei lavoratori se non si tutela in primis la loro salute. Non sarebbe bello? Così bello da augurarsi che l’emergenza non finisse più?