da Rete Diritti in Casa
A Parma l’accesso ad un alloggio decente dove poter vivere il diritto all’abitare sta diventando un obiettivo irraggiungibile per migliaia di persone della fascia più povera della popolazione. Per avere una casa in affitto nel mercato privato non è più sufficiente un reddito fisso: ne servono due, sia per convincere il proprietario a sottoscrivere il contratto sia per riuscire poi a coprire il costo sproporzionato della pigione. Sempre più spesso le agenzie e i proprietari chiedono anche elevate fidejussioni prima di concedere una casa in affitto. Intere categorie di persone che rientrano nel mondo del lavoro precario sono così escluse dal mercato privato.
Nella nostra città, ci sono poi delle criticità particolari che rendono l’emergenza casa ancor più grave che altrove: il fatto di essere una città universitaria droga verso l’alto il costo degli affitti e fa si che molti proprietari preferiscano affittare a prezzi proibitivi agli studenti che se lo possono permettere. Inoltre la turistizzazione della città sta destrutturando il mercato con un migliaio di alloggi, già ora sottratti alla locazione permanente, per essere destinati a locazioni di breve durata destinate a turisti, con rendite ben più elevate. Questo trend sarà ancora più appesantito dalla tanto acclamata manifestazione Parma2020, che farà la gioia della piccola/media borghesia locale e dei grandi speculatori ma che avrà dei costi notevoli in termini sociali proprio nel campo abitativo, considerato che i multiproprietari di alloggi hanno fiutato l’affare andando a rimpolpare le piattaforme di affitti temporanei (air b&b, booking.com ecc) per i loro alloggi lasciati liberi dopo la grande ondata di sfratti che si è registrata dal 2008 in avanti. Così i poveri, italiani o stranieri che siano, già oggi non riescono ad accedere al mercato dell’affitto privato, vengono espulsi da un centro cittadino destinato a divenire una vetrina per i turisti, vengono costretti alla coabitazione forzata con amici o parenti, a dormire in auto, nei dormitori, ad accettare tuguri, pagati a caro prezzo, come alloggi ecc.
E’ chiaro che siamo di fronte a un problema sociale enorme, tenuto volutamente sottotraccia, un dramma quotidiano sul quale la pseudopolitica del governo è solo capace di speculare ignobilmente per alimentare la guerra tra gli esclusi. E’ inaccettabile che in questa situazione la linea prescelta dalla Prefettura e dalla Questura di Parma sia quella di eseguire gli sfratti usando spiegamenti di forze di polizia che sarebbero comprensibili per interventi come quelli contro la mafia ma non per mandare in strada famiglie in difficoltà con bambini o con contratto di locazione scaduto. Il tutto, tra l’altro, con un notevole dispendio di risorse che potevano essere destinate alle famiglie in difficoltà.
Non si tratta solo degli sfratti di cui abbiamo avuto testimonianza diretta (via Solari, via Ravà, borgo San Giuseppe). Questa, a quanto pare, è la prassi “normale” di esecuzione a Parma, cosa che non si riscontra in tante altre città d’Italia. Sembra proprio che il Prefetto e il Questore vogliano “quotarsi” di fronte al ministro dell’interno, dimostrandosi ferrei difensori della proprietà privata assunta a valore unico e sovrano della società, estendendo anche all’esecuzione degli sfratti il piano repressivo già disposto dal vicepremier Salvini sugli sgomberi degli edifici occupati con la circolare ai prefetti del 1° settembre 2018.
Questo governo interviene sulla questione abitativa solo sul piano repressivo, attaccando gli strumenti di autodifesa dei quali si sono sempre dotati i poveri in emergenza abitativa (occupazioni e resistenza agli sfratti) e d’altro canto alimentando la guerra tra poveri per l’accesso alle poche briciole rappresentate dal poco significativo quantitativo di case popolari rimaste in Italia. Nei piani del governo non esiste nessun progetto di incremento della disponibilità di case popolari, nessun fondo per il recupero degli immobili pubblici inutilizzati (per i quali è anzi previsto un enorme piano di svendita ai privati) e soprattutto nessun intervento per dare una destinazione utile ai 7 milioni di alloggi privati che risultano sfitti (51 mila nella sola Parma). Anche il Comune di Parma deve rendersi conto che i timidi progetti di intervento sul piano abitativo messi in campo recentemente sono del tutto insufficienti per far fronte a un’emergenza che si aggrava di anno in anno.
Finchè la casa rimarrà uno degli investimenti speculativi più remunerativi non sarà possibile risolvere l’emergenza abitativa. E’ ora di andare ad intaccare gli interessi dei grandi speculatori immobiliari, per esempio ricorrendo alla requisizione degli immobili vuoti di banche e società immobiliari: questo governo non aveva detto di essere contro i poteri forti?
Diramando questo comunicato, la Rete Diritti in Casa ha convocato un presidio di protesta davanti alla Prefettura di Parma (via della Repubblica, 39), per sabato 16 febbraio, alle ore 11.