di Francesco Antuofermo
Con questo articolo iniziamo una serie di interventi sul tema della demografia con l’intento di metterne in evidenza l’uso strumentale e gli interessi di classe che si celano dietro l’apparente neutralità dei suoi parametri [ndr].
Come molti certamente sanno, la Demografia è la scienza che cerca di dare risposte ai processi che portano alla formazione, al consolidamento e all’accrescimento o all’estinzione delle popolazioni. È una disciplina giovane che si è consolidata soprattutto con il trionfo dell’attuale sistema economico, ma di estrema importanza per comprendere le dinamiche e il funzionamento della nostra società.
Con la rivoluzione industriale diventa sempre più pressante per le classi che detengono il potere, individuare i meccanismi che determinano l’andamento della popolazione sia nei singoli paesi che nel mondo intero. Questa esigenza si è concretizzata nell’elaborazione di diverse teorie che spesso anziché porsi dal lato dell’elaborazione e della comprensione scientifica dell’oggetto, sono servite come strumento giustificativo per incrementare e favorire lo sfruttamento. Già Karl Marx nel primo libro del Capitale si è trovato a dover smontare la teoria della popolazione di Thomas Robert Malthus che ancora oggi viene utilizzata da alcuni come esempio di progresso scientifico della disciplina.
Ma, a quasi due secoli di distanza, la demografia e i suoi parametri continuano ad essere utilizzati non per spingere l’umanità ad abbandonare il regno delle necessità, ma per accentuare lo scontro tra capitale e lavoro nel regno attuale delle barbarie.
In questo contesto è stato sufficiente un infelice intervento del ministro Francesco Lollobrigida, preoccupato da una presunta possibilità di “sostituzione etnica” degli italiani veraci con immigrati impuri, per imporre a tutto il paese un dibattito fondato sui termini cardini della Demografia. Tasso di natalità, speranza di vita, indice di fecondità o indice di dipendenza: i concetti della materia sono diventati di uso comune e ben presto inflazionati o usati a sproposito. In un paese dove periodicamente tutti sono di volta in volta, commissari tecnici della nazionale, esperti di malattie infettive o criminologi, non potevano certo mancare gli scienziati della demografia. In un batter d’occhio i parametri demografici sono stati saccheggiati; politici di dubbia provenienza intellettuale hanno fatto incetta degli strumenti statistici giustificando punti di vista a volte inconciliabili riducendo in questo modo la materia da scienza a farsa. Una disciplina ad uso e consumo della banda di personaggi che sono stati investiti di cariche pubbliche nazionali e della stampa di regime alla disperata ricerca di argomenti atti a caldeggiare interessi di bottega e terrorizzare con qualche dato rimediato dall’ISTAT, un pubblico già in ansia per tutte le minacciose calamità attive in questo periodo.
Ma il ministro Lollobrigida può stare tranquillo. Già in passato altri suoi colleghi e istituzioni si sono cimentati con gli indicatori demografici. Elsa Fornero ad es. con la “speranza di vita” ci è andata a nozze elaborando una delle più infami riforme delle pensioni dei paesi europei. I sindacati confederali che si dovrebbero occupare del benessere dei lavoratori, con i le serie storiche degli “indici di longevità” hanno fatto fortuna gestendo fondi pensione e i trattamenti di fine rapporto. Qui tutto si gioca tra la durata della vita in cui il lavoratore sottoscrive le quote e la durata deli anni in cui riceverà la rata del godimento. Una scommessa vera e propria sulla data di morte del sottoscrittore. Un gioco d’azzardo che si realizza attraverso lo studio delle serie storiche di fine vita delle diverse classi di aderenti. Il longetiv Risk, il rischio demografico, che determina la solvibilità del sistema di pensione integrativa del sindacato, diventa così il primo pensiero di un’organizzazione nata per essere al servizio dei lavoratori e occuparsi della contrattazione salariale, ma che in realtà è diventata un’istituzione finanziaria a tutti gli effetti che scommette e si augura la più veloce dipartita dei lavoratori che una volta sottoscritte le quote raggiungono la pensione.
“La demografia è il destino” sosteneva il sociologo Auguste Comte: le tendenze demografiche e le distribuzioni della popolazione determinano il benessere di un paese o di una regione. Certo, soprattutto quello della sua parte più ricca e parassitaria.