da Casa delle donne Parma
Come è noto, durante la seduta online del Consiglio comunale di Parma del 23 novembre che stava discutendo sulla violenza di genere, il coordinatore provinciale di Fratelli d’Italia, Priamo Bocchi, ha pubblicato un post sulla sua pagina facebook con un’immagine di un deretano. Pubblichiamo di seguito il comunicato della Casa delle donne di Parma [ndr].
Come Casa delle donne tante volte ci siamo interrogate su cosa sia violenza e proprio in questi giorni stiamo per lanciare la nostra campagna #anchequestaèviolenza, per dare voce ad una presa di consapevolezza, che fortunatamente, è sempre più diffusa. Tuttavia, a fronte di chi lotta per sconfiggere la subcultura sessista e violenta che respiriamo tutti i giorni, c’è anche chi di tale subcultura si nutre e chi, in modo spregevole e colpevole, l’alimenta e la genera quotidianamente.
Cos’è violenza? Non facciamo l’errore di pensare che la violenza sia solo quella fisica fatta di botte e lividi. La violenza inizia molto prima, ogni volta che ci troviamo di fronte a chi minimizza, a chi ridicolizza, a chi distorce la realtà e a chi crede che estendere diritti sia una limitazione e non una liberazione. La violenza è negare che essa esista e, dunque, anche il gesto a cui la nostra città è stata costretta ad assistere suo malgrado, durante la seduta del Consiglio Comunale dello scorso 23 novembre, è da leggere in quest’ottica.
Non ci importa chi lo abbia fatto, quanto piuttosto notare che, non casualmente, sia un esponente di una destra che da sempre con la violenza va a braccetto, ammiccando a una visione dei generi che a noi, invece, ripugna. Una destra che si dichiara contraria all’autodeterminazione femminile, che trova divertente poter scherzare sulla violenza di genere, che si oppone al Ddl Zan contro l’omo-lesbo-bi-transfobia, il sessismo e l’abilismo, e che porta avanti proprio quella subcultura contro la quale da sempre noi ci battiamo. Una destra che trova consenso anche tra quanti, oggi, non solo non hanno condannato il gesto, ma anzi lo hanno applaudito o giustificato come prova di “satira”, di “arguzia”, di “ironia”. Vorremmo chiedere anche a loro cosa ci sia di ironico nella morte di 91 donne dall’inizio dell’anno, una ogni tre giorni per la precisione?
Questo gesto ci impone, dunque, una riflessione più ampia su quale sia il limite tra l’offesa e la goliardia, tra la libertà d’espressione e la discriminazione, tra la denuncia e il rispetto nei confronti delle istituzioni. Ci impone di ripensare a chi scegliamo come nostri rappresentanti, chiedendoci se davvero è questo il messaggio che vogliamo venga espresso attraverso il nostro voto. Ci impone di pretendere un’altra politica e un’altra cultura che sia espressione di inclusione, di non violenza, di non discriminazione e di integrazione. Una politica fatta con il cuore e con la testa e non con quella parte del corpo che mai nessuno prima aveva immaginato di poter mostrare in Consiglio Comunale, nemmeno come fotomontaggio.