da Potere al Popolo Parma
In solidarietà per Nicoletta Dosio e tutti gli attivisti No Tav, saremo in piazza Garibaldi, sabato 23 novembre alle 18. Perché? Nicoletta, oltre a essere parte del coordinamento nazionale di Potere al Popolo, è uno dei simboli della lotta che da decenni si porta avanti contro il Tav in Val di Susa: oggi lo Stato condanna quel simbolo, condanna la battaglia stessa dei No Tav e, con questa, le motivazioni sacrosante che la animano. Che la lotta ambientalista si unisca alle rivendicazioni sociali, evidentemente è cosa da temere, da reprimere, per gli interessi di pochi e il partito unico degli affari.
La condanna si riferisce a fatti avvenuti il 3 marzo 2012. Avevano improvvisato una manifestazione in autostrada, aprendo i caselli per fare in modo che gli automobilisti non pagassero il pedaggio della Torino-Bardonecchia: lo striscione diceva “Oggi paga Monti”. Il danno causato alla società autostradale fu di 770 euro. In dodici sono stati condannati a pene tra uno e due anni, per violenza privata e interruzione di pubblico servizio. Tra loro Nicoletta Dosio. La sentenza è diventata esecutiva e lei, a 73 anni, ha scelto di non chiedere misure alternative al carcere. Dunque andrà in carcere. O forse no.
Il 18 novembre scorso, infatti, la procura di Torino ha preso una decisione mai vista prima, nel disperato tentativo di non decidere affatto. «Ecco quanto notificatomi poco fa dai carabinieri – spiega Nicoletta, proprio il 18 novembre −. La procura di Torino, fingendo di ignorare la mia decisione di non chiedere misure alternative alla carcerazione e facendo lo gnorri circa la mia dichiarata volontà di rifiutare ogni misura che mi renderebbe carceriera di me stessa e della mia famiglia, rimanda di propria iniziativa al magistrato di sorveglianza la sentenza se per me sarà carcere o “esecuzione presso il domicilio delle pene definitive”. Decisione singolare, che non ha precedenti presso il tribunale di Torino. Ah, Ponzio Pilato! La scelta di non scegliere ha lastricato la storia di iniquità e di viltà. Queste condanne definitive non sono che la tappa finale di un’ingiustizia portata avanti (e non solo nei miei confronti) attraverso tre gradi di giudizio. No, non sarò la carceriera di me stessa. Proseguo tranquilla per la mia strada, perché so di non essere sola e sono consapevole che, contro l’ingiustizia del potere, la resistenza è un dovere».
La battaglia per l’ambiente, per la difesa dei territori dallo scempio affarista e contro l’ingiustizia sociale non si arresta!