Effetto Serra, Aria di Guerra

Potere al Popolo Parma

Da diversi giorni siamo immersi in un dibattito mediatico che ruota attorno alla guerra in un modo molto diverso dagli ultimi anni. Non è una novità la guerra: nonostante gli sproloqui dei liberali sui 90 anni di pace (?!) garantiti dall’UE, è sempre stata un’opzione presente nella politica euro-occidentale. La dissoluzione della Yugoslavia negli anni ‘90, feroce guerra dimenticata nel cuore della “pacifica” Europa, i bombardamenti “umanitari” della Nato su Belgrado, l’indiscriminato appoggio all’apartheid israeliano, le guerre in Iraq e Afghanistan, il rovesciamento di Gheddafi in Libia.

Eppure negli ultimi giorni assistiamo a uno scatto: diversi intellettuali “progressisti” si mettono l’elmetto in “armiamoci e partite” che farebbe ridere se non fosse che in guerra ci stiamo andando sul serio. E non ci saranno Serra, Scurati e Galimberti in mimetica ad assaporare le emozioni guerriere che hanno evocato nei loro articoli. Ci saranno come sempre “gli altri”, i bamboccioni disoccupati che hanno perso lo spirito guerriero degli “europei d’occidente”.

Fa sorridere che arrivino questi moniti quasi futuristi da chi negli ultimi vent’anni ha criminalizzato movimenti per scritte audaci, blocchi stradali e vernice lavabile. Terroristi i NoTav, ecoterroristi, e via di definizioni nei giornali della famiglia Elkann Agnelli che dopo aver bollato come bandito chiunque osasse eccepire sul disastro neo-liberale in cui siamo immersi da decenni, oggi vorrebbe convincerci che è necessario armarsi per sconfiggere le “dittature”, cioè i russi.

E improvvisamente i miliardi che da anni mancano per costruire sanità e scuola, per le pensioni, per la conversione ecologica, spuntano come funghi a Bruxelles. 800 miliardi che andranno a foraggiare le casse di importanti aziende pubbliche e private europee e americane. Sì, anche il famigerato Donald Trump beneficerà di questo piano di riarmo. E anche la famiglia Elkann, proprietaria del giornale che ha chiamato la manifestazione del 15 Marzo, che ha interessi diretti legati al riarmo controllando aziende come Iveco. E’ davvero strano che i giornali della famiglia Elkann soffino sui venti di guerra vero?

Certo, gli equilibri internazionali cambiano, non giochiamo alle anime belle, ma proprio per questo sappiamo perfettamente che il piano europeo di riarmo è una mossa più economica che politica e molto rischiosa. Innanzitutto perché quando si parla di difesa comune non si intende difesa collettiva, come forse vorrebbero far passare molti dei promotori della piazza del 15. La mutua difesa infatti esiste già in ambito UE, è stabilita dal Trattato di Lisbona, che afferma che qualora uno Stato membro subisca un’aggressione armata nel suo territorio, gli altri Stati membri sono tenuti a prestare aiuto. Di difesa comune invece sì parla negli stessi trattati nel senso di “rafforzamento delle capacità militari dell’UE e dispiegamento di missioni militari al di fuori dell’UE”, dunque non in termini difensivi. Infatti il piano prevede che ogni paese membro potrà decidere in autonomia se aumentare il proprio debito e come spendere i soldi che ne deriverebbero. Andando a mantenere e forse incrementare i 178 diversi sistemi d’arma che attualmente sono nei paesi membri.

Inoltre perché prima di dotarsi di una forza di deterrenza sarebbe opportuno capire come usare quella forza, capire politicamente attorno a quali valori si dovranno prendere le decisioni e questa classe dirigente europea ha mostrato il suo fallimento catastrofico dalla Grecia all’Ucraina. Immaginiamo un’Europa imbottita di armi al comando di questa classe dirigente inetta e al servizio di banche e grandi industrie che grandi cose potrà fare.

Su una cosa hanno ragione: il rischio che corriamo è grosso, ma non è quello sbandierato ai quattro venti per sostenere il riarmo. E’ quello di finire a combattere una guerra che ha il solo scopo di mantenere in sella una classe dirigente, politica, imprenditoriale e finanziaria ormai al tramonto. Lo vediamo bene nella guerra contro il nemico interno, con nuove misure repressive come il DDL “Sicurezza” che criminalizza le forme di lotta più radicali mentre si cancellano e depenalizzano i reati dei colletti bianchi. Ci stiamo preparando ad un conflitto e sarà doloroso. Invece di arruolarci con il decrepito esercito degli Elkann, però, preferiamo disertare e provare a combattere per un futuro per cui valga la pena vivere. Per questo Potere al Popolo insieme a tante altre forze politiche e sociali sarà in Piazza Barberini a Roma sabato 15 marzo per manifestare contro l’Europa finanziaria alla guerra, per dare una speranza diversa al futuro del continente.

Per questo sul piano locale vogliamo portare due inviti: il primo, come già stanno facendo i compagni e le compagne della provincia di Mantova, raccogliere le adesioni degli amministratori locali che a fronte dei milioni di tagli che stanno subendo, costretti a tagliare servizi e infrastrutture ai propri territori, devono ora affrontare anche la beffa di vedere gli stessi soldi che sembravano mancare, investiti in armi e armamenti. Uniamo le voci e esponiamo pubblicamente questa follia!

Il secondo invito va a movimenti, associazioni, partiti a confluire in una serie di manifestazioni ed eventi che chiariscano questa situazione e manifestino contrarietà al piano di riarmo, chiedendo invece investimenti in sanità, giustizia sociale, transizione ecologica. Il presidio convocato dalla rete cittadina contro il DDL sicurezza per il 22 marzo è il primo momento di mobilitazione in questo senso.