Finalmente scoperto l’assassino di Picelli? Intorno ai “misteri” sulla sua morte

di Franco Ferrari

Guido Picelli (a destra) nel dicembre del 1936 con Randolfo Pacciardi (al centro) e due ufficiali del Battaglione Garibaldi.

Potrebbe essere veramente Alcide Leonardi, volontario garibaldino in Spagna e poi comandante della 7° GAP durante la Resistenza al nazifascismo in Emilia-Romagna, l’assassino di Guido Picelli? Questo sospetto è stato avanzato da Giancarlo Bocchi, da anni il principale (se non unico) sostenitore della tesi secondo la quale il protagonista delle Barricate di Parma sarebbe caduto per mano “amica”, ovvero comunista (o stalinista come preferisce scrivere) e non per i colpi del nemico franchista. L’ipotesi non può essere presa alla leggera e quindi è utile che si possa avviare un dibattito pubblico che verifichi nel merito le “prove” che vengono portate a suo sostegno ed eventualmente si individuino ulteriori ambiti di ricerca che possano suffragarla o relegarla nell’ambito della pura fantasia.

Vediamo intanto quanto scrive Bocchi in una serie di interventi che coprono un arco di ben dodici anni.

In un’intervista del 2010 è presente questo riferimento: “Bocchi ravvisa un ulteriore elemento di attenzione nella “sorprendente” ascesa, rivelata nei documenti ritrovati, di Alcide Leonardi di Ciano d’Enza, legato all’uomo del Comintern e Commissario politico del battaglione, Antonio Roasio: “Da semplice milite, Leonardi divenne in pochi giorni Commissario politico della prima compagnia di Picelli. Una carriera rapida e impressionante, a cui si aggiunge, come ho potuto verificare in documenti trovati in Russia anche un successivo viaggio premio di alcuni mesi in Urss”[1].

Sono qui già anticipati tutti gli indizi a carico di Leonardi: la “carriera impressionante” e il “viaggio premio” successivo alla morte di Picelli.

Bocchi torna sull’argomento in un’altra intervista del 2016: “Sto studiando un caso strano. Un italiano, che combatteva nella prima compagnia di Picelli, qualche tempo dopo la morte del comandante parmigiano, venne mandato da Antonio Roasio in gita turistica a Mosca per alcuni mesi. Un fatto inconsueto per un combattente degli Internazionali”[2]. Non viene fatto il nome di Leonardi, ma resta l’elemento della “gita turistica” a Mosca.

Tra il 2010 e il 2016 siamo in presenza di fatti strani, inconsueti, impressionanti ma nel 2017 il quadro si precisa. In un articolo, intitolato dalla “Gazzetta di Parma” che lo ospita Quelle bugie sulla morte di Picelli e i sospetti su un volontario stalinista, Bocchi scrive:

“Molti anni fa una persona, un anziano ricercatore che conosceva bene l’ambiente dei reduci della Guerra di Spagna mi disse: “So chi ha ucciso Picelli”. E aggiunse che il colpevole era originario di un paese di una provincia limitrofa di Parma. All’epoca pensai che il ricercatore per vanteria mi avesse detto solo una battuta, ma di recente a Mosca, mi sono ritrovato tra le mani alcuni documenti su un membro della I compagnia del Garibaldi che era stato promosso di grado subito dopo la morte di Picelli. Anche se la guerra in Spagna era ancora in corso, Roasio aveva inspiegabilmente mandato a Mosca questo personaggio, senza alcun incarico, quasi un viaggio di piacere”.

“Con sorpresa lessi che l’uomo era originario del paese che anni prima mi era stato indicato dal ricercatore. Controllai gli archivi. Nessun altro volontario era nativo di quel paese”[3].

Non abbiamo il nome ma abbiamo l’ormai riconoscibilissimo identikit: è di un paese di una provincia limitrofa a Parma, è stato promosso di grado subito dopo la morte di Picelli ed è stato mandato a Mosca “inspiegabilmente” per un viaggio di piacere. Certo sollevano qualche perplessità i riferimenti temporali, sempre un po’ vaghi, che utilizza Bocchi. “Di recente a Mosca”, scrive, “mi sono ritrovato tra le mani alcuni documenti” che in realtà confermano quanto aveva dichiarato sette anni prima nell’intervista sopra citata, sempre facendo riferimento a “documenti ritrovati”. E tutti saremmo desiderosi di chiedere chiarimenti al “vecchio ricercatore” ma purtroppo non ce ne viene detto il nome.

In un ulteriore articolo del gennaio 2022, cinque anni dopo l’articolo sulla “Gazzetta di Parma” e dodici da quando per la prima volta è emerso il nome di Leonardi, Bocchi torna sull’argomento. Richiama una testimonianza rilasciata a Paolo Tomasi, collaboratore della “Gazzetta di Parma” e segnala che Leonardi è “di Ciano d’Enza”, informazione che sarebbe irrilevante se non avessimo presente quanto disse il “vecchio ricercatore” a Bocchi “molti anni fa”. Leonardi “ebbe un qualche ruolo nella vicenda” (la morte di Picelli), scrive in modo allusivo. Poi ci ricorda quanto ormai ci è già noto: “Alcide Leonardi da Ciano d’Enza (repetita iuvant, ndr), messo a disposizione del PCdI, fu inviato da Roasio per una inconsueta licenza premio di due mesi a Mosca”[4].

Alcide Leonardi (seduto, a sinistra) in Spagna. Dietro di lui, con la mano sulla sua spalla, Antonio Roasio.

Naturalmente siamo di fronte ad un “sospetto”, infatti lo stesso Bocchi nell’articolo sulla “Gazzetta di Parma” del 2017 aggiungeva: “Anche se in quei giorni successero altri fatti molto strani a Picelli, i sospetti del ricercatore anarchico e il viaggio del volontario emiliano a Mosca non sono decisivi”. Sempre nello stesso articolo precisa che, comunque sia, Picelli venne ucciso da un seguace di “un totalitarismo spregevole”, mettendo sullo stesso piano le due parti che si stavano combattendo in Spagna.

Accertato che Alcide Leonardi è certamente nato a Ciano d’Enza (quindi in una provincia limitrofa di Parma) dobbiamo provare a sottoporre a verifica le altre due “prove” o “indizi” che fanno nascere il “sospetto”, che per l’anonimo ricercatore era già una certezza.

Iniziamo con la carriera “rapida” e “impressionante”. Leonardi emigra in Francia nel 1926 e da quel momento svolge varie attività per conto del Partito Comunista, tra le quali sette viaggi clandestini in Italia tra il 1931 e il 1934 per portare i flani grazie ai quali poteva essere pubblicata “l’Unità” clandestina. Gli viene anche affidata la responsabilità di organizzare l’azione politica tra gli emigrati italiani a Lione[5].

A metà settembre attraversa la frontiera tra la Francia e la Spagna alla testa di un folto gruppo di volontari italiani (273) che dovranno unirsi, dopo un primo addestramento, al Battaglione Garibaldi[6]. La struttura gerarchica del Battaglione è piuttosto semplice e disponiamo del numero totale di volontari che hanno ricoperto nel corso del tempo le varie funzioni: 1 Ispettore generale di Brigata Internazionale, 1 Commissario d’Armata, 5 Commissari di Brigata, 10 Commissari di Battaglione, 53 Commissari di Compagnia, 57 Delegati politici di Sezione[7].

Leonardi viene nominato commissario politico della prima Compagnia pochi giorni dopo la morte di Picelli, in sostituzione di Anacleto Boccalatte che, ci riferisce lo stesso Bocchi, il 7 gennaio “venne ferito alla pancia”[8]. Considerate le esperienze già maturate, la nomina di Leonardi a commissario politico di Compagnia non sembra un fatto particolarmente impressionante. Che poi la nomina sia avvenuta in “pochi giorni” nemmeno questo sembra particolarmente strano, data la necessità, mentre il conflitto era in corso, di sostituire coloro che venivano uccisi o restavano feriti. A volte le nomine avvenivano in poche ore, per non lasciare senza guida le diverse Compagnie. Negli stessi giorni e sempre con la massima urgenza si registra anche la nomina di Giorgio Braccialarghe al ruolo di comandante militare al posto di Picelli.

Per Leonardi la promozione non risulta quindi essere legata alla morte dell’ex deputato comunista, ma al ferimento di Boccalatte, di cui prende il posto in qualità di Commissario politico. Lo stesso Leonardi, nelle sue testimonianze pubblicate a distanza di anni dagli eventi, e spesso riprese da vari repertori, afferma di essere diventato Comandante al posto di Picelli subito dopo la sua morte ma è pressoché certo che si tratti di una svista[9].

Abbiamo infatti diverse fonti che contraddicono tale affermazione. Innanzitutto c’è la testimonianza di Giorgio Braccialarghe, consegnata al volume curato da Fiorenzo Sicuri nel 1987, nella quale l’esponente del Partito Repubblicano (a cui aveva aderito nel dopoguerra) scrive: “fu con la morte nel cuore che ereditai il comando della sua Compagnia senza la minor illusione di poterlo rimpiazzare veramente, poiché a nessuno era dato colmare il vuoto lasciato da giganti come Guido Picelli”[10].

Oltre a quella di Braccialarghe abbiamo la testimonianza del garibaldino bolognese Luigi Collina, il quale a sua volta scrive: “A metà febbraio (del 1937, ndr) arrivammo ad Arganda, ove Di Vittorio con gli altri garibaldini ci diede il benvenuto. Fu qui che incontrai molti bolognesi e che ebbi la piacevole sorpresa di avere come Commissario Politico il compagno Luigi (Alcide Leonardi), con il quale già avevo vissuto a Parigi e del quale non avevo notizie da tempo”[11].

Infine una terza fonte ce la offre il giornale del movimento dei fratelli Rosselli, “Giustizia e Libertà”, nell’edizione del 26 febbraio 1937. Uno dei dirigenti del movimento, Alberto Cianca, viene mandato presso il Battaglione Garibaldi, nell’ambito di un tentativo in corso di avvicinamento politico (la Colonna Rosselli si era formata già nell’agosto del 1936 ma combatteva nelle milizie anarchiche), e pubblica un ampio resoconto sul giornale giellino. Cianca riferisce i nomi dei comandanti e dei commissari delle quattro compagnie attive in quel momento e a proposito della Prima scrive: “Comandata già da Guido Picelli, caduto poi eroicamente a Siguenza, è ora agli ordini del giovane anarchico Braccialarghe, venuto dall’Argentina. Commissario politico: Leonardi”[12].

Inserito nel contesto di quei mesi di guerra, in cui il Battaglione Garibaldi subì numerose perdite, la nomina di Leonardi non pare un fatto particolarmente “impressionante”. La sua attitudine al comando in un contesto di grande pericolo verrà poi ampiamente confermata nel corso della resistenza partigiana, durante la quale venne chiamato a guidare la 7° GAP e svolse un ruolo di rilievo nella battaglia di Porta Lame a Bologna. Questa è considerata il più grande conflitto armato sostenuto da organizzazioni partigiane in ambito urbano non solo in Italia ma in tutta Europa.

A Leonardi verrà poi assegnata la medaglia d’argento al valor militare in quanto “emergeva per doti di decisione e di ardimento raggiungendo posizioni di responsabilità e di comando” oltre che nei combattimenti di Porta Lame anche nell’assalto alle carceri di San Giovanni in Monte a Bologna nell’agosto 1944, nel quale vennero liberati 240 antifascisti detenuti[13].

Quanto finora esposto ci consente di passare all’esame della seconda “prova” o “indizio” presentato a carico di Leonardi e che dovrebbe avere una maggiore rilevanza: il presunto “viaggio premio” a Mosca, voluto da Roasio subito dopo la morte di Picelli. Un viaggio considerato “insolito” e “inspiegabile”. Dobbiamo vedere, perciò, quanto ci dicono le fonti esistenti.

Leonardi risulta presente nel Battaglione sicuramente alla metà del mese di febbraio (come ci confermano le testimonianze citate di Luigi Collina e di Alberto Cianca). Sappiamo inoltre che Leonardi partecipa a tutte le azioni militari del Garibaldi per il periodo successivo alla morte di Picelli e fino alla battaglia di Guadalajara. Il 18 marzo del 1937 viene ferito al braccio sinistro e a quel punto abbandona il campo di battaglia[14]. Viene curato e non essendo in condizioni di tornare a combattere rientra in Francia in aprile.

Dalla Francia verrà successivamente mandato dal Centro estero del PCI a Mosca per frequentare una scuola politica di pochi mesi. Le varie fonti danno date contrastanti sulla partenza per l’URSS che comunque si può collocare tra la fine della primavera e l’inizio dell’autunno.

Sono passati in ogni caso diversi mesi dalla morte di Picelli, interviene il ferimento in battaglia e, a quel punto, la necessità per il PCI di individuare un nuovo utilizzo per Alcide Leonardi. Già nel gennaio del 1938 torna a fare il corriere clandestino per il Partito in Italia. Restano alcuni dettagli da chiarire ma risulta difficile considerare questo viaggio a Mosca alla fine del 1937, per frequentare una scuola di partito di pochi mesi, come qualcosa di “insolito” e “inspiegabile”.

Tanto più che conosciamo altri casi precedenti di invio di garibaldini feriti a Mosca. Come è il caso del giovane comunista triestino Lino Zocchi, il quale sul “Grido del Popolo”, settimanale del PCI pubblicato a Parigi, raccontava le sue vicissitudini e in data 12 novembre 1936 scriveva: “I compagni hanno deciso di inviarmi in URSS. Dovrò però rimanere ancora qui (a Barcellona, dove veniva curato, ndr) per qualche tempo e se scrivete subito potrò ricevere le vostre lettere”[15]. Nel “Grido del Popolo” del 2 gennaio 1937, troviamo la conferma dell’arrivo a Mosca nell’articolo intitolato Due volontari italiani feriti in Ispagna festeggiati a Mosca, nel quale si racconta dell’arrivo e dell’accoglienza rivolta ai “compagni Luigi Vico e Lindo Zocchi (errore per Lino, ndr). Ambedue mutilati”[16].

Allo stato della documentazione messaci a disposizioni da Bocchi non possiamo nemmeno essere certi che la decisione di inviare Leonardi a Mosca, dalla Francia, sia stata effettivamente presa da Roasio, che rimase in Spagna fino alla fine del 1937[17], oppure, come è più logico, dal Centro estero del Partito Comunista che si trovava a Parigi.

Dobbiamo ora affrontare un altro punto. Le informazioni che ci ha presentato Bocchi come frutto di ricerche durate almeno dodici anni (dal 2010 al 2022) sono realmente fatti inediti? Ci permettiamo di sollevare qualche dubbio. In un articolo del 20 novembre del 1979, Paolo Tomasi, collaboratore della “Gazzetta di Parma”, pubblica sul giornale cittadino una intervista ad Alcide Leonardi, di cui raccoglie la testimonianza sugli ultimi istanti di Picelli. Per presentare l’intervistato ai lettori dichiara, scrupolosamente, di avere consultato la scheda approntata dall’Istituto per la storia della Resistenza e della guerra di Liberazione nella provincia di Reggio. E di aver inoltre consultato l’opera sui volontari antifranchisti scritta dallo storico Antonio Zambonelli[18].

Questo è quanto riferisce Tomasi, per il periodo che ci interessa: “Accorse in Spagna nel settembre 1936 e venne arruolato nel Battaglione Garibaldi. Fu ad Albacete presso il Centro di addestramento delle Brigate internazionali. Commissario politico della I compagnia comandata da Picelli, partecipò a tutti i combattimenti sul fronte di Madrid. Dopo la morte di Picelli fu designato a sostituirlo al comando della compagnia con il grado di capitano. Prese parte ancora alle battaglie di Majadahonda, del fronte di Arganda (dove lo incontra Luigi Collina, ndr), di Morata de Tajuna (…). Ferito a Guadalajara, Leonardi rientrò in Francia e partì per l’URSS”[19]. Come vediamo le notizie fondamentali erano già note, anche se come abbiamo visto risulta quasi certamente inesatta l’informazione sulla sua nomina a comandante militare della 1° Compagnia al posto di Picelli, immediatamente dopo la sua morte. Noto e riportato da tutte le fonti e anche dalle testimonianze dello stesso Leonardi, è invece il viaggio in URSS nella seconda parte del 1937.

Dal punto di vista della ricostruzione degli eventi, Bocchi non ci ha detto quindi nulla di veramente nuovo, ma sicuramente ci ha presentato qualche dato importante in meno, come il fatto che Leonardi abbia continuato per due mesi e mezzo dopo la morte di Picelli a partecipare ai combattimenti in Spagna e se ne sia andato dopo il ferimento avvenuto a metà marzo. Informazioni senza le quali difficilmente il lettore può farsi un proprio giudizio corretto.

Quindi al lettore e al suo senso critico lasciamo il compito di pronunciare la sentenza finale su Alcide Leonardi quale presunto assassino di Picelli. Intanto la ricerca potrà continuare e darci ulteriori elementi di valutazione. Poi potremo sempre sperare nell’aiuto di quel “vecchio ricercatore anarchico” tanto preveggente.

[1] Castagno, Raffaele, Chi ha tradito Guido Picelli? Un giallo dagli archivi spagnoli, La Repubblica Parma.it, 3 gennaio 2010.

[2] Castagno, Raffaele, Picelli, una vita sulle Barricate. “A Parma un museo dell’antifascismo”, parma.repubblica.it, 7 gennaio 2016.

[3] Bocchi, Giancarlo, Quelle bugie sulla morte di Picelli e i sospetti su un volontario stalinista, “Gazzetta di Parma”, 5 dicembre 2017.

[4] Bocchi, Giancarlo, La morte di Guido Picelli: una storia piena di misteri fra Italia, Spagna, Russia, parma.repubblica.it, 5 gennaio 2022.

[5] https://storiedimenticate.wordpress.com/2015/07/18/alcide-leonardi-nome-di-battaglia-luigi/#more-5400

[6] testimonianza di Alcide Leonardi, 5° quaderno de La lotta, Bologna, 1966.

[7] Questi dati sono stati elaborati dalla Fratellanza ex garibaldini di Spagna, Bologna e riportati nel 5° quaderno de La lotta, Bologna, 1966.

[8] Bocchi, Giancarlo, La morte di Guido Picelli: una storia piena di misteri fra Italia, Spagna, Russia, parma.repubblica.it, 5 gennaio 2022.

[9] Testimonianza di Alcide Leonardi in Bergonzini Luciano, La Resistenza a Bologna. Testimonianze e documenti, volume III, Istituto per la storia di Bologna, 1970, p. 269.

[10] Sicuri, Fiorenzo (a cura di), Guido Picelli, Centro di ricerca e documentazione Remo Polizzi, Parma, 1987, p. 114.

[11] Testimonianza di Luigi Collina in 5° quaderno de La lotta, Bologna, 1966.

[12] Ciancia, Alberto, “Giustizia e Libertà”, 26 febbraio 1937.

[13] https://www.storiaememoriadibologna.it/leonardi-alcide-508458-persona

[14] Si veda la scheda relativa a Leonardi: http://www.antifascistispagna.it/wp-content/uploads/2016/02/A00-01186-06-00-00081-000-007-Leonardi-Alcide_0000.pdf

[15] Zocchi, Lino, I giovani nel fuoco, “Il Grido del Popolo”, Parigi, 5 dicembre 1936.

[16] Robotti, P(aolo), Due volontari italiani feriti in Ispagna festeggiati a Mosca, “Il Grido del Popolo”, Parigi, 2 gennaio 1937.

[17] Roasio, Antonio, Figlio della classe operaia, Vangelista, Milano, 1977, p. 138.

[18] Nel suo articolo Paolo Tomasi fa riferimento ad “Antonio Zambonelli di Bologna”, ma si tratta di un errore, in quanto Zambonelli era di Reggio Emilia e fu anche direttore dell’Istoreco.

[19] Tomasi, Paolo, Alcide Leonardi ricorda Picelli, “Gazzetta di Parma”, 20 novembre 1979.